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martedì 8 settembre 2020

Il Consiglio di Stato chiarisce natura giuridica della verifica di assoggettabilità a VIA


  
Importante sentenza del Consiglio di Stato (n° 5379 del 7 settembre 2020) che a prescindere dal caso specifico trattato svolge una articolata ricostruzione della procedura di verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito screening), chiarendone:
1. limiti e potenzialità istruttorie
2. autonomia dalla procedura di VIA ordinaria
3. oggetto
4. impugnabilità
5. livello di discrezionalità della Autorità Competente allo svolgimento della procedura di screening

Di seguito riporto i passaggi più significativi della sentenza (per il cui testo integrale vedi QUI) preceduti da titoli che sintetizzano i motivi della sentenza per comodità di lettura…
 

LO SCREENING NON È UN SUBPROCEDIMENTO DELLA VIA ORDINARIA
La verifica di assoggettabilità, dunque, non può essere considerata una fase costitutiva ed imprescindibile della V.I.A., perché essa non deve essere esperita sempre, ma solo rispetto ai progetti appena elencati.



  

LO SCREENING NON PUÒ FONDARE LE SUE CONCLUSIONI SOLO SUL PARAMENTRO DELLE SOGLIE DIMENSIONALI DELL’OPERA OGGETTO DI VALUTAZIONE
La direttiva n. 2011/92/UE che ha armonizzato a livello comunitario la disciplina della V.I.A., specifica che lo screening può essere realizzato o mediante un’analisi caso per caso, oppure lasciando agli Stati membri la possibilità di fissare delle soglie dimensionali rispetto alle quali procedere o meno alla verifica di assoggettabilità. Suddetta Direttiva è molto chiara nello specificare che, anche qualora si decidesse di fare riferimento ad un indicatore dimensionale, data la rilevanza che riveste lo screening (perché in base al suo esito si decide se procedere o meno ad effettuare la V.I.A.), occorrerebbe fare riferimento comunque anche a specifici criteri di selezione. Pertanto non è possibile escludere un progetto solo facendo riferimento alle sue dimensioni: occorre avere una visione d’insieme.


L’IMPORTANZA NELLO SCREENING DI TUTTI I PARAMETRI DI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ
In relazione all’oggetto della sentenza qui esaminata, il Consiglio di Stato afferma che alla conclusione di detto iter procedimentale sono stati individuati gli impatti sull’ambiente del progetto così determinati: 1) dalle possibili problematiche di tipo geologico e geomorfologiche; 2) dall’impatto sulla visuale, in ragione dello stato dei luoghi e delle zone vicine; 3) dalla necessità di cumulare tale impatto con la presenza di un altro impianto, siccome previsto espressamente dall’Allegato V al T.U.A..


PROVVEDIMENTO CONCLUSIVO DELLO SCREENING ANTICIPA IN PARTE IL PROCEDIMENTO DI VIA ORDINARIA MA NON PUÒ SOSTITUIRSI AD ESSO
La peculiarità dell’autonomia del procedimento di screening, consiste nel fatto che non si conclude mai con un diniego di V.I.A., bensì con un giudizio di necessità di sostanziale approfondimento. In altre parole, il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa. La “verifica di assoggettabilità”, come positivamente normata, anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l’opportunità, sulla base della ritenuta sussistenza prima facie dei relativi presupposti


LO SCREENING NON PUÒ AVERE LO STESSO LIVELLO DI APPROFONDIMENTO DELLA VIA ORDINARIA
L’assoggettamento a V.I.A., non può non orientare verso la stessa in tutti i casi in cui si ritenga necessario un approfondimento progettuale ben più pregnante della mera integrazione e chiarimento richiedibile in fase di screening. Quindi nella fase di screening non si deve pretendere lo stesso approfondimento di potenziale lesività ambientale che connota la V.I.A. vera e propria, non se ne comprenderebbe la reiterazione in tale fase successiva, ridotta sostanzialmente ad un inutile duplicato di quanto già preliminarmente accertato. La sottoposizione a V.I.A., dunque, ben può conseguire ad una scelta di cautela, seppur adeguatamente motivata in relazione a fattori di oggettiva pericolosità rivenienti dagli indici di cui all’Allegato V al Codice ambientale, stante che ciò implica solo il rinvio ad un più approfondito scrutinio della progettualità proposta, che dalle ragioni dello stesso non risulta comunque in alcun modo condizionata.

 

LO SCREENING SE ADEGUAMENTE MOTIVATO PUÒ DECIDERE IL PASSAGGIO ALLA VIA ORDINARIA ANCHE BASANDOSI SUL RILEVANTE IMPATTO SU UNICO FATTORE AMBIENTALE
La necessità che si addivenga ad un giudizio di natura complessiva, di compatibilità ambientale, appunto, all’interno del quale l’impatto sul paesaggio non esaurisce tutte le possibili sfaccettature, ma non per questo soltanto si palesa insufficiente a motivare non una valutazione negativa, bensì la necessità di effettuazione della stessa.

IL RUOLO DEL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO NON PUÒ SOSTITUIRSI ALLA DISCREZIONALITÀ ISTRUTTORIA DELLA AUTORITÀ COMPETENTE
Il sindacato del giudice amministrativo in materia è necessariamente limitato alla manifesta illogicità ed incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria. Discrezionalità, rileva ancora il Collegio, ancor più rilevante con riferimento alla fase di screening, connotata da una sostanziale sommarietà, e, conseguentemente, doverosamente ispirata a più rigorose esigenze di cautela: in pratica, la soglia di negatività ed incisività dell’impatto può paradossalmente essere ritenuta travalicabile con margini più ampi in sede di delibazione preliminare, proprio perché di per sé non preclusiva degli esiti della successiva V.I.A.


IMPUGNABILITÀ DI FRONTE ALLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DEL PROVVEDIMENTO CONCLUSIVO DELLO SCREENING: LE IMPUGNAZIONI NON  CREANO AGGRAVI PROCEDURALI MA RISPETTANO IL DIRITTO DEI CITTADINI A CHIEDERE LA TUTELA DEI VALORI AMBIENTALI
Le procedure di VIA e di screening, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotate di autonomia, Questo è il motivo per il quale anche gli atti conclusivi della procedura di screening, seppure connotati dal rilevato grado di provvisorietà, nell’accezione meglio esplicitata, sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori, ovvero dal privato che ritenga immotivato l’aggravio procedurale impostogli. Con ciò erroneamente connotando in termini di indebito onere aggiuntivo, ciò che costituisce la regola a tutela dell’ambiente, nonché evidentemente confondendo la - spesso lamentata - farraginosità e lunghezza del procedimento di V.I.A. (sul quale, pertanto, il legislatore è reiteratamente intervenuto con finalità di semplificazione), con la essenziale finalità di tutela ambientale che ne connota l’avvenuta introduzione.


LO SCREENING VERIFICA LA RILEVANZA DELL’IMPATTO SIA IN TERMINI QUANTITATIVI CHE QUALITATIVI
La riforma del testo unico ambientale del 2010 ha inciso anche sulla più generale parte definitoria, integrando, ad esempio, l’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006 con l’introduzione accanto all’aggettivo “significativi” con il quale erano connotati gli impatti ambientali del progetto esaminando nella V.I.A. vera e propria, anche quello “negativi”. Tale endiadi che vuole verificato sia il disvalore dell’intervento in termini qualitativi, sia l’entità dello stesso in termini quantitativi (la significatività, appunto) connota dunque tanto lo screening, che la V.I.A. ordinaria. Per cui l’intensità crescente del giudizio, sostanzialmente identico per contenuto, costituisce il discrimine, comprensibilmente chiaroscurale, tra possibilità di arresto al primo step e passaggio doveroso alla fase successiva.


SE LO SCREENING SI CONCLUDE CON LA APPLICAZIONE DELLA VIA ORDINARIA NON FORNISCE PRESCRIZIONI MA SOLO RILEVANZA DI IMPATTI DA VALUTARE APPUNTO IN SEDE DI PROCEDIMENTO ORDINARIO
Secondo il Consiglio di Stato nella sentenza qui esaminata il rilevato impatto sul paesaggio è descrittivamente enfatizzato indicando i possibili rimedi alla alterazione della visuale: ciò non ne implica affatto l’imposizione in termini di modifica progettuale alla parte, rispondendo piuttosto alla logica di evidenziare le criticità, attraverso la prospettazione dei rimedi, necessari proprio in ragione della loro ritenuta sussistenza. In sintesi, nessuna prescrizione è stata concretamente imposta alla parte, per l’evidente ragione che in sede di screening solo l’esito positivo ne avrebbe consentito la formulazione, per corroborare la scelta minimalista effettuata. Il che non si è verificato nel caso di specie.


LO SCREENING NON CONCLUDENDOSI CON UN NO AL PROGETTO MA SOLO AL MASSIMO CON UN RINVIO ALLA PROCEDURA DI VIA NON è ASSOGGETTATO ALL’OBBLIGO DI COMUNICARE ANTICIPATAMENTE AL COMMITTENTE DELL’OPERA LE CONCLUSIONI
Relativamente al preavviso di diniego ex art. 10 bis della l. n. 241/1990, il Consiglio di Stato conferma il diverso orientamento in forza del quale la autonomia dello stesso e la immediata lesività degli interessi di parte imporrebbe comunque tale garanzia partecipativa, allo scopo di acquisire elementi potenzialmente utili alla decisione. Coerentemente con quanto sopra detto, tuttavia, la Sezione ritiene piuttosto di aderire, ampliandola, alla diversa prospettazione in forza della quale la mancanza di un esito finale negativo rende il provvedimento impugnato ontologicamente incompatibile con la necessità del relativo preavviso. Nel giudizio di screening, infatti, non si addiviene ad un vero e proprio diniego, ma solo alla decisione di sottoporre a procedimento di valutazione un determinato progetto (cfr. T.A.R. Calabria, sez. I, 30 marzo 2017, n. 536; T.A.R. Puglia, sez. I, 10 luglio 2012, n. 1394).
L’omesso preavviso di rigetto ex art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, non è invocabile non solo per i provvedimenti di carattere vincolato, ma anche per quelli connotati ex lege da tratti di assoluta specialità, come pertanto riscontrabile nel caso di specie.

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