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sabato 13 maggio 2017

Il progetto di biodigestore di Taggia: analisi critica della procedura e del progetto

Quella che segue  è una prima analisi dello stato della procedura relativa al progetto di biodigestore previsto per la Provincia di Imperia e localizzato nel Comune di Taggia. In area non lontana, sotto il profilo dell'impatto cumulativo ambientale e sanitario, con l'area delle 6 discariche di rifiuti urbani in località Collette Ozotto. 



IL PROGETTO DI BIODIGESTORE NELLO STUDIO DI FATTIBILITÀ PRESENTATO PER IL PROJECT FINANCING [NOTA1]
L’impianto individuato dallo studio di fattibilità per il Project Financing di cui alle premesse è, in effetti, così concepito:
a) accettazione di tutti i RSU e assimilati a valle della raccolta differenziata, incluse le frazioni “verde” e “organica” raccolte in modo differenziato nonché i fanghi da depurazione civile;
b) pre-trattamento e separazione dei materiali conferiti con una preliminare intercettazione e separazione di frazioni valorizzabili;
c) trattamento (su più linee) finalizzato alla valorizzazione della frazione organica, sia proveniente da raccolta differenziata, sia proveniente dal processo di pre- trattamento;
d) valorizzazione della frazione organica mediante:
a. digestione anaerobica e generazione di energia elettrica dal biogas prodotto;
b. stabilizzazione/compostaggio delle frazioni risultanti dalla digestione anaerobica;
c. produzione di due flussi finali:
1. compost grigio destinato a ripristini ambientali e copertura della discarica;
2. compost di qualità destinato al mercato;
e) conferimento nella discarica di servizio dei sovvalli non altrimenti utilizzabili. Nell’ipotesi di esercizio trentennale, il fabbisogno di discarica era cautelativamente stimato in 1.500.000 metri cubi. Riducendo il periodo di concessione, come stabilito nell’accordo con il Comune di Taggia, tale fabbisogno può ragionevolmente essere contenuto nei volumi a disposizione (1.000.000 di m3[NOTA 2]). Ciò soprattutto se si verificano le previsioni di sostenuto incremento della raccolta differenziata e delle politiche di recupero.



LE LACUNE DEL PROGETTO CHE EMERGONO PRELIMINARMENTE DAL RAPPORTO AMBIENTALE PER LA PROCEDURA DI VAS  AL PIANO PROVINCIALE GESTIONE RIFIUTI - PROVINCIA DI IMPERIA

Il Rapporto ambientale in generale prevede, per quanto applicabile,  quanto previsto all’Allegato VI della Parte Seconda del  decreto legislativo 152/2006
L’allegato VI tra i vari elementi di contenuto del Rapporto ambientale al Piano prevede di analizzare:
1. Qualsiasi problema ambientale esistente nell’area interessata dagli interventi indicati dal Piano (lettera d) allegato VI)
     2. Le ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione nonché eventuali difficoltà incontrate (carenze tecniche o difficoltà da problemi specifici e dalla tecniche per risolverli)

Prima domanda: Dove sono le analisi dei problemi ambientali dell’area a cominciare dai lotti precedenti?
Il Rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 10 relazione generale) afferma: tutti i siti gravano su aree già in parte degradate e che le operazioni di ripristino ambientale previste al termine del servizio possono concorrere al loro risanamento complessivo.”
Operazioni di ripristino? Quali…sono previste bonifiche dei primi 5 lotti? Dove?

Rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 12 relazione generale), con riferimento alle scelte tecnologiche (impianto di separazione secco umido e valorizzazione delle frazioni prodotte) afferma: “ Per quanto riguarda le alternative, come anticipato in precedenza, esse riguardano unicamente la localizzazione della discarica di servizio in quanto non si è ritenuto di rimettere in discussione la strategia complessiva del Piano a suo tempo approvato per quanto riguarda le scelte tecnologiche né la localizzazione dell’impianto di trattamento provinciale.”

TUTTO Questo serve per collocare la discarica e ora il biodigestore ma non  per valutare l’impatto cumulativo per non parlare di quello sanitario

A conferma di questo finto esame delle alternative oltre a una non conoscenza delle situazioni concrete citate  si veda pagina 54 della relazione generale dove, relativamente alle discariche di rifiuti urbani  si pongo in alternativa le discariche agli impianti di trattamento come i biodigestori la logica è sempre quella dello smaltimento



LE VARIANTI URBANISTICHE PER IL BIODIGESTORE

Dalla relazione illustrativa al progetto preliminare di biodigestore:  “L’analisi relativa alla conformità con gli strumenti di pianificazione territoriale non ha evidenziato particolari fattori di incompatibilità (è comunque emersa la necessità di apportare varianti agli strumenti urbanistici). In particolare, i siti individuati non fanno parte di aree SIC o ZPS. L’area di Collette sottoposta a vincolo di cui alla Legge 1497/1939.”
Le varianti sono necessarie visto che una parte dell’area è  secondo il vigente piano urbanistico comunale a destinazione agricola

La tesi dei fautori del biodigestore sarà che le autorizzazioni costituiscono varianti automatiche ai piani urbanistici:
1. ex comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 se l’impianto verrà assimilato agli impianti di rifiuti
2. ex comma 3 articolo 12 DPR 387/2003 se l’impianto verrà assimilato (come il biodigestore previsto per Isola del Cantone)  agli impianti da fonti rinnovabili.

Premesso che l’impianto in questione è sicuramente assoggettabile alla disciplina dei rifiuti (quindi autorizzazione ordinaria ex articolo 208 del DLgs 152/2006 o AIA ex titolo III-bis alla Parte II del DLgs 15272006 a seconda delle quantità e qualità dei rifiuti trattati). Come afferma recente giurisprudenza [NOTA 3]: “Pare quindi non potersi revocare in dubbio che le attività di compostaggio di rifiuti nonché l’attività di trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di biogas e, dipoi, alla produzione di energia o calore, debbano essere annoverate tra le attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo di gestione dei rifiuti (art. 183 lett. n D. L.vo 152/06) ed è quindi soggetta alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale di settore.”

Comunque due sentenze consiglio di stato 3119/2015 e 5658/2015 giocano a sfavore di questa automaticità ex lege anche considerando l’impianto in oggetto, come sopra dimostrato,assimilabile agli impianti di gestione rifiuti.  Infatti secondo queste sentenze  il Comune mantiene potere decisionale nel senso che la variante deve essere subordinata:
1. paesaggio quale valore “primario”, di “morfologia del territorio”
2 .tutela della salute pubblica
3 .alla dimostrazione che esistano interessi superiori a quelli della pianificazione urbanistica comunale
4 .rispetto obbiettivi (nazionali ed europei) di razionale gestione del ciclo dei rifiuti

In sostanza non è sufficiente applicare la automaticità ex lege per bypassare la mancanza di conformità urbanistica ma occorrerà svolgere una una  istruttoria adeguata non tipo lotto 6 per capirci da parte di tutti Comuni interessati (Sanremo e Taggia in particolare nel caso in esame), il come lo spiegano i principi affermati dalle sentenze del Consiglio di Stato sopra citate:
1. è legittimo un piano urbanistico che ponga un divieto generalizzato in un area del Comune ai fini di tutela ambientale e del suolo in particolare
2. la definizione di impianto nuovo o di ampliamento deve rispettare la finalità di tutela ambientale del divieto posto nello strumento di pianificazione urbanistica
3. i vincoli ambientali posti dallo strumento di pianificazione legittimano la revoca di un provvedimento favorevole di VIA
4. la giurisprudenza costituzionale su Impianti rifiuti e variante automatica al piano urbanistico comunale
4.1. “ paesaggio quale valore “primario”, di “morfologia del territorio” per i contenuti ambientali e culturali che contiene,  la cui tutela trova espressione diretta nei piani territoriali a valenza ambientale o nei piani paesaggistici redatti dalle regioni; ne risulta affievolita la competenza in ordine al governo del territorio che non può mai legittimare la introduzione di norme che alterino la primazia della tutela paesistica o ambientale;……..
4.2. l’art. 208 cit., introduce una norma eccezionale che deroga, per superiori esigenze pubbliche, il normale quadro degli assetti procedimentali e sostanziali in materia di costruzione e gestione di impianti di smaltimento di rifiuti (anche pericolosi); da qui l’indefettibile necessità, ex art. 14, disp. prel. c.c., di una esegesi rigorosa della norma medesima che sia, ad un tempo, conforme agli obbiettivi (nazionali ed europei) di razionale gestione del ciclo dei rifiuti a tutela della salute pubblica ma al contempo rispettosa degli ulteriori valori (pure questi di rilievo costituzionale ed europeo dianzi evidenziati) legati alla tutela del paesaggio, dell’ecosistema e comunque espressione di interessi fondamentali che necessitino, per la loro cura, di un livello dimensionale e funzionale superiore rispetto a quello assicurato dalla pianificazione urbanistica comunale; che è quanto verificatosi nel caso di specie, dove la l.r. Piemonte n. 56 del 1977 attribuisce al PTR, oltre alla individuazione delle reti dei servizi e delle attrezzature degli impianti di interesse sovra comunale, alla difesa del suolo e dell’ambiente, anche la tutela dei beni storico – artistici e ambientali, con particolare attenzione alla tutela del paesaggio.



RISPETTO OBBIETTIVI (NAZIONALI ED EUROPEI) DI RAZIONALE GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI

C’è davvero bisogno di queste centrali per risolvere l’emergenza rifiuti?
No. Per affrontare il problema dei rifiuti, non servono le centrali a biogas da rifiuti organici (forsu), ma un corretto piano di gestione del ciclo dei rifiuti che rispetti in modo rigoroso l’ordine gerarchico degli interventi previsti dalla Comunità Europea: riduzione, riuso, riciclo. Peraltro, anche la normativa italiana prevede l’applicazione di tutte quelle iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti (D.L. 3 aprile 2006, n. 152, Art. 179, 1, )
Il ciclo di vita delle risorse va considerato a monte (dalle politiche industriali) e a valle (con le buone pratiche), con l’obiettivo di ridurre i rifiuti e di ricreare i cicli che esistono in natura. Va inoltre ricordato che quasi il 50% dei rifiuti domestici è costituito da imballaggi, tanto che l’Europa ha registrato dei progressi sul versante dei rifiuti da imballaggio. Molti paesi, conformemente alla Direttiva europea del 1994 e successive modificazioni sui rifiuti da imballaggio, hanno rispettato gli obiettivi di riciclaggio, ma non l’Italia.
Quanto alla frazione organica (umido) è necessario far funzionare un serrato porta a porta che differenzi perfettamente l’umido da conferire in un impianto di trattamento aerobico da cui si otterrebbe un compost di qualità.
Oggi, ben l’89% dei rifiuti solidi urbani è riciclabile. Ad esempio il 30% è biodegradabile (frazione umida, detta anche forsu).
Gli altri materiali (carta, plastica, vetro, metallo, etc.) sono tutti recuperabili, riutilizzabili, riciclabili, senza che nulla giunga in discarica per lo smaltimento.
Necessario sarebbe contrastare, o meglio, rendere illegale, la diffusione di prodotti che – per cattiva progettazione industriale – non sono riutilizzabili (l’11%). Da un punto di vista energetico, tra l’altro, il recupero con i diversi sistemi di gestione dei rifiuti è eloquente. Nelle discariche il recupero energetico è inesistente, col riciclaggio si ha un recupero del 60% contro il 90% che ha col riuso. Quindi, l’obiettivo non può essere il biogas da discarica, bensì non buttare in discarica i rifiuti

Commissione per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti del Ministero dell’Ambiente datato 20 Aprile 2007:
....la commissione ritiene che il problema dei rifiuti vada affrontato per stadi:
1.riduzione - restituzione - consegna differenziata e raccolta differenziata –
2. pretrattamento e recupero (riciclaggio )- smaltimento.
Il Piano Provinciale di Imperia sulla gestione dei rifiuti invece è  tutto incentrato sulla chiusura del ciclo con lo smaltimento finale vedi biodigestore e sua collocazione insieme con la discarica di servizio. rimossa la azione per stadi di cui sopra.
non solo ma vediamo cosa affermano i principi ue in materia di gerarchia nella gestione dei rifiuti ……
Gerarchia UE nella gestione dei rifiuti
La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della
politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:
a) prevenzione: misure, prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto e quindi in primo luogo evitare la produzione del rifiuto fin dall’inizio
b) preparazione per il riutilizzo: cioè le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
c) riciclaggio: inteso come qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia: quindi qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile
sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
e) smaltimento. L’allegato I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di smaltimento

Si mantiene la priorità alle operazioni di prevenzione e recupero per materia e solo alla fine recupero di energia e smaltimento che risultano quindi i meno prioritari e confermano un in indirizzo che vede l’incenerimento dei rifiuti come ultima ratio messa sullo stesso piano dello smaltimento, infatti nella definizione di smaltimento rientra anche l’operazione che ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. A conferma di ciò si veda l’articolo 12 della Direttiva dove si conferma che lo smaltimento avviene solo dopo il recupero e alternativamente a questo ultimo

Non a caso nella nuova definizione di riciclaggio viene escluso il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento, il che significa che gli stati membri dovranno impegnarsi affinché i materiali riciclabili (carta, plastica raccolti nelle famose campane) non finiscano né in discarica né a recupero energetico .

Significativo infine è l’avere introdotto il principio per cui la suddetta gerarchia può essere in alcune situazioni modificata ma sempre avendo come base per la decisione il ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di flussi di rifiuti specifici.

Il nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006 riproduce in generale quanto previsto sul punto dalla Direttiva 2008/98/CE e descritto sopra .

Infine secondo il nuovo articolo 182bis del DLgs 152/2006 lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

D’altronde se, come il sottoscritto ritiene, al progetto in esame è applicabile la disciplina dell’AIA, la nuova lettera c) del comma 16 articolo 6 del DLgs 152/2006 chiarisce in modo netto, rispetto alla versione precedente, che tra le condizioni del rilascio dell’AIA ci deve essere il rispetto della gerarchia in materia di gestione rifiuti come definito dalla norme UE: prima la riduzione della produzione, poi per la parta non riducibile in ordine di priorità:
1. riutilizzati,
2. riciclati,
3. ricuperati
4. o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente  impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull'ambiente.



LA LOCALIZZAZIONE DEL BIODIGESTORE DI TAGGIA è IN CONTRADDIZIONE CON IL PIANO REGIONALE GESTIONE RIFIUTI DELLA LIGURIA  SULLE SOLUZIONI IMPIATISTICHE
Si veda a Pagina 39 della relazione generale al progetto di biodigestore di Taggia: Il ciclo di gestione dell’organico evidenzia, invece, uno stretto legame funzionale tra la raccolta sul territorio e la presenza di impianti per il trattamento della frazione organica, che costituisce elemento indispensabile per assicurare la praticabilità e la sostenibilità economica dell’operazione.
Per questo motivo, nelle previsioni del Piano regionale, si terrà conto del fabbisogno di
infrastrutture dedicate al trattamento della frazione organica, ipotizzando una loro realizzazione nei termini che la normativa nazionale di settore individua per gli impianti d’ambito (art.202 c. 5).”

Rispetto a questa affermazione vediamo gli obiettivi del Piano Regionale Ligure sui Rifiuti: 1.Progressiva crescita dei risultati di raccolta differenziata con l’obiettivo di raggiungere al 2016 la percentuale del 50%, che richiede necessariamente una incrementata capacità di intercettazione (sistemi di raccolta domiciliare) e trattamento della frazione organica.
2. Realizzazione entro il 2016 degli impianti di trattamento del residuo indifferenziato e
trattamento frazione organica, in fase di progettazione a Genova ed Imperia.
3. Adeguamento delle volumetrie degli impianti di smaltimento a Genova ed Imperia, per il periodo strettamente necessario alla realizzazione dei sistemi di trattamento.
4. Progettazione e realizzazione dell’impianto di trattamento del residuo post raccolta
differenziata previsto nell’Accordo di programma per ampliamento discarica Vado Ligure, a Savona.
5. Progettazione e realizzazione della discarica di servizio dell’impianto CDR a La Spezia.

Come si vede per Imperia non si parla esplicitamente di biodigestori ma di impianti di trattamento senza definire tecnologia e taglia.
Qui invece si è scelto a priori una direzione.



RISCHI PARTICOLARI NON AFFRONTATI DAL PROGETTO PRELIMINARE

Rischio smaltimento extraregionale dei rifiuti urbani non pericolosi
Il nuovo comma 3 dell’articolo 182 del DLgs 152/2006 prevede in generale il divieto di
smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono
prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti
territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza
servita lo richiedano ( non c’è più il riferimento al criterio della salute pubblica).
N.B. Viene invece eliminato il passaggio prima previsto dal comma 5 dell’articolo 182, secondo il quale erano esclusi dal divieto di smaltimento extraregionale le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimità agli impianti di recupero.


Rischio discarica di servizio all’impianto

A Pagina 86 della relazione generale al progetto di biodigestore a Taggia si legge: “ Al di la quindi della flessibilità dell’impianto, in grado di garantire in limiti ragionevoli il trattamento dei rifiuti provenienti dalla raccolta della parte indifferenziata, l’utilizzazione della discarica dipende in buona parte, oltre che dalle azioni che saranno messe in atto per incrementare la quantità di materiale raccolta tramite la Raccolta Differenziata, anche dalle politiche in materia di riutilizzo dela frazione valorizzabile e degli altri sottoprodotti in uscita dall’impianto”.

Quindi la discarica potrebbe essere gestita anche in modo diverso da come viene prospettata

Si legge ancora a pagina 89 della relazione generale: “ 4. Peraltro, in linea prudenziale e in considerazione della relativa innovatività del settore, atteso inoltre che l’orizzonte di operatività è previsto tra 3-4 ani con le conseguenti incertezze programmatorie, si ritiene opportuno specificare che, qualora per motivazioni non dipendenti dal Gestore dell’Impianto, non sarà possibile destinare tutto o parte della frazione valorizzabile a recupero di materia saranno oggettivamente valutate destinazioni alternative tali da evitarne il mero smaltimento finale in discarica”

Quali sarebbero queste alternative ?????



IL PROGETTO PREVEDE NELLA SUA RELAZIONE GENERALE COMUNQUE UN PIANO ATTUATIVO. QUINDI SE IL PIANO GENERALE NON HA FATTO LA VAS IL PIANO ATTUATIVO RICHIEDERÀ UNA NUOVA VAS

Infatti la Corte Cost. con sentenza del 29/3/2013 n.58 sono sottoponibili a VAS i piani attuativi di piani urbanistici generali che non hanno avuto la VAS

A conferma ulteriore: Corte di Giustizia con sentenza 10 settembre 2015  (causa C-473/14), che ha affrontato in sede pregiudiziale (domanda di interpretazione da parte di un giudice nazionale) la seguente questione: Se un piano regolatore di un agglomerato urbano metropolitano (grande regione di Atene nel caso specifico), che fissa gli obiettivi generali, indirizzi e programmi generali per la pianificazione territoriale e urbanistica di un’area più vasta dell’agglomerato, e che non ha avuto precedentemente una VAS, debba comportare che in caso di  specificazione di un piano attuativo di detto piano regolatore occorra invece la VAS.

La Corte di Giustizia a detta domanda pregiudiziale ha così statuito: “l’adozione di un atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, che modifica un piano o programma preesistente, non può essere dispensata dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi di detta direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.”

Si veda inoltre la legge è la n.106 del 2011
Il comma 8 l’articolo 5 della  legge modifica l’articolo 16 della legge 1150/1942 ( per il testo vedi QUI) stabilendo che lo strumento attuativo di piani urbanistici già sottoposti  a valutazione ambientale strategicanon è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante e lo strumento sovraordinato in sede di valutazione ambientale strategica definisca l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali,  gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato,  la valutazione ambientale strategica e la verifica di assoggettabilità sono comunque  limitate agli aspetti che non sono stati oggetto di valutazione sui piani sovraordinati. I procedimenti amministrativi di valutazione ambientale strategica e di verifica di  assoggettabilità sono ricompresi nel procedimento di adozione e di approvazione del piano urbanistico o di loro varianti non rientranti nelle fattispecie di cui al presente comma

Quindi è chiara la ratio della norma gli strumenti urbanistici attuativi di piani sovraordinati che non hanno avuto la VAS devono a loro volta essere sottoposti a VAS ordinaria, proprio perché non sono stati valutati gli impatti potenziali tra l’area interessata dal piano attuativo e l’area vasta disciplinata dal piano generale del Comune (nel caso ligure il PUC). 



LA QUESTIONE BIODIVERSITA’

A pagina 111 della Relazione Generale al Progetto di Biodigestore prevede che l’area SIC (normativa tutela biodiversità) è a circa 1 km.  Quindi sempre secondo la relazione non ci sono vincoli sotto il profilo della normativa sulla tutela della biodiversità
In realtà non è  sufficiente che l’intervento non ricada direttamente sull’area interessata da un SIC della rete Natura 2000 per applicare l'obbligo della Valutazione di Incidenza,  le Linee Guida della UE in materia di tutela della biodiversità per i progetti che possono insistere anche indirettamente su siti habitat, affermano: “In linea con il principio di precauzione non si può quindi accettare che la valutazione non sia effettuata facendo valere che le incidenze significative non sono certe”.



GLI IMPATTI DELLA DIGESTIONE ANAEROBICA

Per DIGESTIONE ANAEROBICA si intende la degradazione della sostanza organica da parte di microrganismi in condizioni di anaerobiosi. La sostanza organica viene trasformata in BIOGAS costituito prevalentemente da metano e anidride carbonica.

L’impianto può essere incentrato anche sulla trasformazione del biogas in biometano. Vediamo la distinzione tra questi due:
Biogas: miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte, 50% - 75%, metano) prodotto dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti dell'agro-industria.
Biometano: biogas che ha subito un processo di raffinazione per arrivare ad una concentrazione di metano del 95% ed è utilizzato come biocombustibile per veicoli a motore al pari del gas naturale (o metano fossile).
Upgrading: conversione da biogas a biometano avviene mediante un processo di rimozione dell’anidride carbonica denominato upgrading, associato ad un trattamento di purificazione suddiviso in diversi steps, la cui sequenza dipende dalla tecnologia scelta per il processo; essi sono rappresentati da deidratazione.
Trasformando il biogas in biometano si riducono alcuni rischi come quello di esplosione, di inquinamento da batteri.

Ma comunque, biogas o biometano, l'impatto ambientale della digestione anaerobica più rilevante, è rappresentato dalle emissioni odorigene derivanti principalmente dai processi fermentativi durante lo stoccaggio dei rifiuti in attesa del trattamento, dalle fasi di pretrattamento e selezione, dalla sezione di metanizzazione, dal processo di post-stabilizzazione aerobica e maturazione della frazione organica digerita e dal digestato liquido prodotto dalla digestione anaerobica.



LA QUESTIONE DEL PROJECT FINANCING E LA NUOVA DISCIPLINA DEGLI APPALTI PUBBLICI
Finanza di progetto e lavori pubblici 
L’Anac ha spiegato che i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione per le quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati al 19 aprile 2016, data di entrata in vigore del Nuovo Codice (D.lgs. 50/2016 e ultima modifica del 2017), devono essere sottoposte ad una valutazione di fattibilità economica e finanziaria.
 
La mancata approvazione della valutazione di fattibilità determina la revoca delle procedure avviate e degli eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l’integrazione del progetto a base di gara, lo studio di impatto ambientale e la localizzazione urbanistica.
 
Se i progetti preliminari hanno ottenuto l’approvazione dell’Amministrazione entro il 19 aprile 2016, continueranno ad applicarsi le vecchie regole.
Le proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o lavori di pubblica utilità per cui, alla data di entrata in vigore del nuovo Codice, non sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dovranno essere nuovamente presentate.
 
Per le procedure per cui è stato individuato il promotore, ma non è ancora stata bandita la gara, si userà il nuovo Codice.

È indiscutibile quindi che al Project Financing del progetto di biodigestore di Taggia si applica la disciplina del nuovo Codice degli Appalti Pubblici quindi anche nel nuovo codice, i livelli di progettazione risultano modificati, tenuto conto che la progettazione preliminare viene sostituita dalla progettazione di fattibilità tecnica ed economica.
D’altra parte, è proprio il progetto di fattibilità a costituire, oggi, il livello minimo per l’inserimento delle opere all’interno degli strumenti di programmazione.
Tornando al project financing, quanto detto aiuta, dunque, a comprendere che, nella nuova disciplina, punto di partenza della procedura è il progetto di fattibilità che la stazione appaltante pone a base di gara, essendo ora demandate all’aggiudicatario solo la progettazione definitiva e quella esecutiva.
Su questo aspetto si tornerà nel seguito della procedura di approvazione di questo progetto se questa procedura dovesse andare avanti ovviamente.








[1] rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 13 relazione generale):
[2] Convenzione tra ATO rifiuti della provincia di Imperia e il comune di Taggia per la realizzazione dell'impianto unico provinciale per il trattamento dei rifiuti con annessa discarica di servizio nel sito di colli in comune di Taggia
[3] TAR Piemonte, Sez. I n. 987  del 30 agosto 2012,  confermato da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1649, del 8 aprile 2014

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