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lunedì 3 aprile 2017

I centri commerciali si possono fermare anche se previsti dai Piani vigenti

Assisto sconcertato alla discussione aperta in città sul nuovo cento commerciale non alimentare previsto nell’area ex SIO nella zona est della città. Si dice che è previsto dal Piano Urbanistico vigente e quindi non si può fermare se non con l’approvazione del nuovo Piano.

L’affermazione è una sorta di assurdo urbanistico, infatti se con uno strumento di pianificazione nuovo si può fermare un progetto già previsto non si capisce perché non si possa fermare comunque visto che la pianificazione è in mano al Comune territorialmente competente salvo non contrasti con la pianificazione di ordine superiore cosa che non è nel caso in esame visto che qui si tratterebbe di fermare un progetto non di approvarne uno nuovo.

Non solo ma l’area dove dovrebbe sorgere il nuovo centro commerciale risulterebbe inquinata quindi da bonificare. Se è così prima della bonifica non può essere rilasciato alcun permesso di costruire quindi non si creano diritti quesiti, oppure l’Amministrazione Comunale ha prodotto l’ennesimo orrore amministrativo come fece sull’area ex IP dove per “blindare” l’area rilasciò le concessioni edilizie condizionate alla bonifica che avvenne in realtà solo molti anni dopo ma che di fatto sottopose l’Amministrazione alla “necessità” di realizzare il centro commerciale “senza se e senza ma”!
Peraltro un centro commerciale simile era previsto anche nell’area della ex raffineria IP vicino al centro commerciale Le Terrazze (un superBrico) di cui avevo trattato in questo post QUISarebbe interessante sapere che fine ha fatto questo progetto e la relativa bonifica dell’area che lo interessava!

Vediamo quindi la questione sotto un duplice profilo: ambientale e di pianificazione urbanistica. 

ILRAPPORTO TRA DESTINAZIONE URBANISTICA DI UN AREA INQUINATA E LA PROCEDURA DI BONFICA
La procedura di bonifica come è noto è complessa e vede un ruolo determinante del Comune che coordina la conferenza dei servizi che gestisce l’istruttoria e ne approva alla fine il progetto di bonifica o di messa in sicurezza. Tutto ciò è ulteriormente confermato dal fatto che il sito in esame non risulta neppure nella Anagrafe regionale dei siti di bonifica, quindi non ci possono essere interpretazioni sul riparto di competenze tra Regione e Comune.

Come afferma il comma 3 articolo 8 della legge regionale 10/2009: “3. La Regione, successivamente all'inserimento di un sito in anagrafe, ne dà comunicazione:
a) al comune interessato, affinché l'inserimento in anagrafe venga riportato nel certificato di  destinazione urbanistica, nella cartografia e nelle norme  tecniche di attuazione dello strumento urbanistico comunale;
b) alla conservatoria dei registri immobiliari presso l'agenzia del territorio, affinché l'inserimento in anagrafe venga iscritto nel catasto immobiliare.
b-bis) all'ufficio erariale, ai sensi dell'art. 251, comma 2 del decreto legislativo n. 152/2006.”

Il comma 2 articolo 251 DLgs 152/2006 recita: “2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del Comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.”

Risulta quindi una stretta correlazione tra destinazione urbanistica dell’area, livelli di inquinamento accertati in essa, obiettivi di disinquinamento raggiunti con la bonifica o la messa in sicurezza permanente, non  a caso il comma 7 articolo 242 del DLgs 152/2006  afferma che l’approvazione del progetto di bonifica/messa in sicurezza permanente : “costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori”.


QUALI PASSAGGI PER LA BONIFICA DI UNA AREA INQUINATA
Le fasi della bonifica prevedono: caratterizzazione, analisi di rischio, bonifica o messa in sicurezza permanente.

Caratterizzazione: l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. (allegato II al Titol V della Parte IV del DLgs 152/2006)

Analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'allegato 1 alla parte quarta del presente decreto (lettera s) comma 1 articolo 240 DLgs 152/2006)

Bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (Csr) cioè dei limiti dei diversi inquinanti da raggiungere  secondo l’Analisi di rischio, tenuto della destinazione urbanistica dell’area (lettera p) comma 1 articolo 240 DLgs 152/2006)

Messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici (lettera o) comma 1 articolo 240 DLgs 152/2006).

Domanda: a che punto è l’iter di valutazione dell’inquinamento dell’area ex SIO?



LA QUESTIONE DELLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
Ho letto dichiarazioni confuse degli amministratori comunali spezzini su richieste di applicazione della VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Se fosse così visto che la VAS si applica ai Piani vuol dire che siamo di fronte ad una necessaria Variante al PUC oppure a un progetto urbanistico operativo secondo la legge urbanistica attuale che deve essere soggetto a verifica di assoggettabilità a VAS anche se conforme al PUC, ma in questo caso come risulta dall’articolo 51 della legge regionale urbanistica (LR 36/1997) la Giunta Comunale dopo un iter complesso può tranquillamente modificare il PUO se di iniziativa privata anche tenuto conto di tutti i parere ed osservazioni che emergono dalla suddetta procedura di approvazione e soprattutto di valutazione ambientale strategica (VAS). 
Peraltro se è vero che la legge urbanistica prevede che il PUO sia prima deliberato dalla Giunta e poi posto in pubblicazione e trasmesso a Regione, Provincia per eventuali osservazioni nonchè per la procedura di VAS, occorre precisare che questa procedura appare in contrasto con la normativa sulla VAS,ex DLgs 152/2006 secondo la quale non è possibile adottare un Piano o uno strumento urbanistico senza aver prima ottenuto il parere motivato di VAS. Recita l'articolo 16 del DLgs 152/2006: " "1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma". Quindi prima la VAS poi l'adozione. Il fatto che ora la VAS passerà alla competenza dei Comuni per i piani urbanistici locali non cambia di una virgola quanto sopra anche perchè una cosa è l'Autorità Procedente (che adotta e approva il Piano) altra è quella Competente (che rilascia il Parere motivato di VAS). 


Ma c’è di più, c’è la questione della VIA decisiva per la localizzazione di una attività come quella in esame in un area già congestionata in tutti sensi, centri commerciali compresi.



LA QUESTIONE DELLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Comunque al di la della VAS prima di dare il via libera al centro commerciale (variante o meno, nuovo PUC o meno) occorre la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Sul punto è intervenuta con chiarezza la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 251 del 28/10/2013 vedi QUI) che ha dimostrato come la stessa legge ligure sulla VIA sul punto sia superata dal Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006).
In sostanze le soglie dimensionali per l’applicabilità della VIA ai centri commerciali sono nettamente più basse di quelle della legge ligure e farebbero sicuramente rientrare il progetto in esame nella applicazione della VIA quanto meno a procedura di Verifica di Assoggettabilità a VIA. Per una analisi di questa importantissima sentenza della Corte Costituzionale vedi QUI.




IL RAPPORTO TRA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E APPROVAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI
Ma torniamo alla questione urbanistica peraltro come visto non certo slegata da quella ambientale.
Ebbene la giurisprudenza dalla Corte di Giustizia UE fino alla Corte Costituzionale per arrivare al Consiglio di Stato da la possibilità ad un Comune con una variante di modificare la destinazione di un area senza attendere una nuova pianificazione complessiva (un nuovo PUC) come sembrano voler far credere anche gli Amministratori spezzini nel caso citato all’inizio di questo post. Tutto questo a prescindere dal giudizio sul nuovo PUC che esula dal mio ragionamento in questo post.

Ecco come stanno le cose giuridicamente parlando:

Come ha affermato la Corte di Giustizia della UE  (Sentenza 24 marzo 2011 n.C400/08) all'interno degli stati membri, l'apertura dei grandi centri commerciali non può essere subordinata a valutazioni di carattere economico. Non si può, cioè, impedire l'insediamento degli ipermercati e/o centri commerciali tipo grandi strutture di vendita perché potrebbero danneggiare il commercio al dettaglio o sulla base del fatto che l'impresa già detenga una fetta consistente del mercato.

Invece le amministrazioni interessate , in primo luogo il Comune, potevano e possono intervenire utilizzando gli strumenti di pianificazione urbanistica, non a caso a presupposto della procedura di autorizzazione di qualsiasi centro commerciale. Infatti la Corte di Giustizia nella sentenza sopra riportata afferma che restrizioni alla libertà di stabilimento di grandi centri commerciali:  “possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire  la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso. Fra tali motivi imperativi figurano,  tra gli altri, la protezione  dell’ambiente, la razionale gestione del territorio, nonché la tutela dei consumatori.” .

Nella stessa direzione si veda Corte Costituzionale (sentenza n. 430 del 2007, nel solco di una giurisprudenza più volte confermata:  n. 80 del 2006, n. 242 del 2005): precisa che: ” limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda. I principi del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri pubblici non interferiscano sul libero gioco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area.”  

Quindi non solo la Regione ma ancora più semplicemente una Amministrazione Comunale poteva e può, con apposita variante di indirizzo al PUC, introdurre  i criteri di esclusione come delineati  dalla Corte di Giustizia fermando la realizzazione di nuovi centri commerciali, certo avrebbe dovuto motivare bene  questo provvedimento con apposita istruttoria ma sotto il profilo formale la legge riconosce questo potere se esercitato nella chiave interpretativa della Corte di Giustizia.

Relativamente ai poteri comunali in materia di pianificazione urbanistica in rapporto ai diritti dei privati, soccorre anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (ad esempio sentenza n. 02843/2010 REG.DEC. - N. 11964/2003 REG.RIC.):  “In sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, l'Amministrazione pubblica può validamente introdurre innovazioni atte a migliorare e ad aggiornare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze anche quando ciò imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto ad altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione di zona. I piani regolatori, infine, possono dettare norme a tutela dell'ambiente rientrando nell’ampia discrezionalità del Comune la facoltà di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare determinati equilibri dell'assetto territoriale.”

Si veda anche Consiglio di Stato sentenza n.1202 del  27 febbraio 2013,relativa alla procedura di approvazione di una variante al piano di fabbricazione finalizzata alla realizzazione di una media struttura di vendita alimentare-misto, che conferma l’indirizzo giurisprudenziale sopra riportato. Indirizzo peraltro confermato dalla articolo 31 della stessa legge di liberalizzazione del commercio (Legge 214/2011) secondo il quale l’attività commerciale è liberalizzata ma  nel rispetto della tutela dell’ambiente e dell’ambiente urbano, concetto nel quale è ricompreso anche la razionale gestione del territorio citata anche dalla giurisprudenza comunitaria. 

In particolare secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 1202 del 2013
1. il potere di pianificazione urbanistica si pone su un piano di prevalenza rispetto agli atti di gestione attinenti la materia commerciale (cfr. Consiglio Stato sez. V 12 luglio 2004 n. 5057 ). Si veda anche più recentemente TAR Toscana sentenza n. 1783 del  2012 secondo cui: “Il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio, preordinato alla costruzione di medie e grandi strutture di vendita, e procedimento di rilascio delle connesse autorizzazioni commerciali è finalizzato ad evitare insediamenti commerciali in contrasto con le previsioni urbanistiche”.
2. l'art. 6, DLgs. 31 marzo 1998 n. 114 (riforma della disciplina del commercio, vedi  QUI),  è comunque finalizzato ad assicurare l'integrazione tra la pianificazione territoriale ed urbanistica e la programmazione commerciale, in quanto pone la stretta correlazione tra titoli edilizi e autorizzazioni all'esercizio, nel novero dei criteri di programmazione riferiti al settore commerciale (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 08 giugno 2007 n. 3027).  Infatti e non a caso tra i criteri che garantiscono tale integrazione c’è anche quello di tenere conto dei centri storici,  al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali. 
3.  le prescrizioni e le disposizioni del piano urbanistico sono sempre prevalenti su quelle del piano commerciale, in quanto rispondono all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, e le relative disposizioni possono legittimamente porre limiti alla libertà di iniziativa economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI 10 aprile 2012 n. 2060, vedi QUI).


1 commento:

  1. Grazie per l'esauriente spiegazione alla mia domanda un po' troppo superficiale.

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