SEZIONI DI APPROFONDIMENTO E DOCUMENTAZIONE

martedì 12 marzo 2013

Spezia: la cultura del fare dìsfa l’ambiente, la legalità, e l’occupazione!

Il segretario CISL al Congresso provinciale di questo sindacato: ""Non ci piace la speculazione politica, o di interessi oscuri che hanno cercato e cercano di bloccare qualunque nuova iniziativa economica nel nostro territorio". 

Di fronte a questa ennesima riproposizione del facile schemino: “tutti quelli che criticano sono disfattisti del partito del NO”,  mi sorge una domanda ma il territorio, meglio direi la comunità locale, ha diritto o no di discutere  le proposte che vengono avanzate,  anche se  espressione di interessi legittimi ma altrettanto sicuramente particolari (vedi shopInn di Brugnato, raddoppio di Panigaglia etc. etc.)?
Le scelte devono essere oggetto di istruttorie adeguate  e rispettose di leggi e buone pratiche, oppure i nostri amministratori e dirigenti pubblici, come peraltro spesso fanno e/o hanno fatto, devono semplicemente ratificare tutto quello che viene proposto dal mercato solo perchè dietro ci sono finanziamenti più o meno certi?

Io credo che questa cultura del fare continuamente enunciata sia speculare a quella del non nel mio giardino : bisogna fare per fare, così come bisogna dire no per il no.





LA CULTURA DEL FARE CONTRO I FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA
Questa cultura del fare ha prodotto e continua produrre scelte condotte con istruttorie sommarie  che spesso e volentieri diminuiscono l'occupazione invece che aumentarla oltre che distruggere l'ambiente.

D'altronde e per restare ai fondamentali dell’economia non mi pare che fino ad ora abbiamo governato quelli della “decrescita felice” eppure i dati sono li davanti a noi vedi QUI  ma anche QUI

Per non parlare di scelte già fatte e che hanno prodotto il contrario di quanto ci si aspettava in termini di ricadute economiche e occupazionali locali come quella della ristrutturazione della centrale Enel il risultato economico della quale è stato il passaggio da quasi 900 dipendenti diretti all’inizio dei 90,  agli attuali: meno di 300!

Allora domando a tutti i decisori e interlocutori politici, sindacali, economici di questa provincia:  comunque prima di decidere scelte irreversibili per decenni nel nostro territorio, vogliamo applicare dei metodi che ci permettano di capire alcune semplici cose? E cioè:
  1. quali rapporti costi benefici tra posti di lavoro creati e consumo del territorio
  2. quanti posti di lavoro si perdono di contro a quelli guadagnati secondo le varie scelte
  3. come incidono gli investimenti fatti in una zona sull’economia complessiva della nostra provincia
  4. quali indagini di mercato sono fatte per valutare le scelte migliori per un determinato ambito della nostra provincia.
Vorrei che questo modo di analizzare le scelte venisse applicato non solo all’outlet di Brugnato ma ad esempio al nuovo waterfront o alla ristrutturazione della snam di Panigaglia, od ancora alla attuazione dei nuovi ambiti del piano regolatore del porto (PRP).  Per questi ultimi sarebbe interessante svolgere una valutazione di impatto portuale, aggiornando gli studi di economia portuale, ormai superati, su cui si fonda l’impianto pianificatorio del PRP.  O vogliamo restare alla autoesaltazione sui dati dei container movimentati dal nostro porto, dati non così attendibili visto che come è noto  le statistiche portuali e l’uso che i porti fanno per ragioni di marketing vanno letti con molta prudenza, in particolare per quanto riguarda i container, la cui domanda di trasporto è trainata da due componenti: il mercato dei beni e la logistica delle compagnie marittime. Lo stesso container viene contato più volte e quindi il valore dei movimenti di sbarco e imbarco che subisce nei porti, tenuto conto dei vuoti, ha una correlazione sempre più debole con il valore rappresentato dal volume delle merci trasportate.” (Le multinazionali del mare – ed. Egea,  Sergio Bologna).
Ed ancora, per fare un altro esempio il progetto di waterfront  all’interno del quale è prevista la stazione crocieristica. Anche qui Il recente Rapporto del Consiglio Europeo delle Crociere ha dimostrato le scarse ricadute nelle economie locali di tali stazioni, ho spiegato tutto ampiamente QUI





LA CULTURA DEL FARE CONTRO LA LEGALITÀ/LEGITTIMITÀ DELLE ISTRUTTORIE CHE PORTANO ALLE DECISIONI
Inoltre possibile che per realizzare interventi ad alto impatto territoriale e bassa occupazione rispetto al livello di investimenti richiesti si debba sistematicamente violare la legge e svolgere istruttorie da parte delle autorità competenti incomplete e contraddittorie?

E guardate cari nostri fautori del fare  qui il problema non è solo di rispetto formale della legge perché come insegna la vicenda di Pitelli violare le leggi ambientali ha ricadute pesantissime anche dal punto di vista economico vedi vincoli per le bonifiche del Golfo.

Ma invece che usare metodi di valutazione moderni per definire le scelte strategiche del territorio, invece che rispettare la legge, invece che svolgere istruttorie con professionalità e attenzione, cosa fa la nostra classe politica? Prima fa scelte irreversibili ad alto impatto ambientale, viola la legge e poi invece che fare autocritica e cercare di rivedere le proprie scelte chiede e spesso ottiene la modifica della legge cioè la sanatoria della cazzata fatte. Volete degli esempi?
  1. Centrale Enel riaperta solo perché è stata cambiata la legge non perché sia stato risolto il problema degli scarichi termici nel nostro golfo.
  2. Area IP tenuta ferma per oltre 20 anni poi bonificata solo in parte (il resto è li a futura memoria ed è la parte più inquinata) per far posto all’ennesimo centro commerciale, un’area che se gestita non come un buco dove mettere qualcosa, ma come una parte strategica di un’area vasta, avrebbe potuto ridisegnare l’intera città.
  3. Sito di bonifica di Pitelli: bonificate solo le parti di interesse commerciale del porto e comunque anche qui cambiando ad hoc la legge, ed ora si sta cercando di declassificare il sito con un ipotizzato decreto ministeriali chiaramente in contrasto con la legge quadro.
  4. Attuazione del Piano regolatore del Porto: rilascio concessione all’uso delle banchina da parte della Contship in palese contrasto con le procedure di valutazione definite dallo stesso Consiglio Regionale e dal Ministero dell’Ambiente
  5. Progetto di Waterfront: approvazione di una delibera che definisce l’iter di approvazione aggirando  le norme del Piano Regolatore del Porto e quelle sulla valutazione ambientale dei piani compresi gli strumenti urbanistici attuativi
  6. ShopInn di Brugnato: autorizzato con una procedura che aggira le norme ambientali utili per valutare l’impatto ambientale del progetto e soprattutto aggirando la normativa europea sul rischio alluvioni
  7. Progetto di ampliamento del rigassificatore di  Panigaglia  presentato senza alcun coordinamento con le esigenze nazionali di programmazione energetica e in palese contrasto con gli strumenti di pianificazione locale e regionale, anche qui grazie ad una normativa che sistematicamente ha introdotto procedure acceleratorie volte a bypassare i diritti delle comunità locali.
  8. Parcheggi e progetti urbanistici vari che hanno prodotto studi costosi spesso e volentieri rivelatisi illegittimi come il  parcheggio Pinetina, o incompleti come quello della scalinata Cernaia., o suscettibili di inchieste penale come quello di P.za Verdi.

Non scrivo di Acam e di Parco V Terre perché quelle sono vicende che si commentano da se, ma che dimostrano cosa può accadere: "lasciando fare ai cultori del fare". 
 


CONCLUSIONI
Il nostro territorio è stato colonizzato due volte e continua a esserlo: dagli enti energetici, dall’apparato militare, dalla lega delle cooperative e poi dalle multinazionali dei containers  tutti supportati da una classe politica che ha fatto da zerbino o da maggiordomo ai colonizzatori.
Fino a 20 anni fa il gioco funzionava nel senso che almeno c’era occupazione per tutti ora non funziona più: ci resta un territorio devastato, occupato militarmente, un poco turistico un poco industriale un poco post non si sa bene cosa. 
Il patto che reggeva il controllo sociale nella nostra Provincia si è rotto; forse è arrivato il momento anche per noi spezzini di rivoltarci ai colonizzatori perché sarà anche vero che abbiamo il golfo dei poeti ma come scriveva un vecchio e saggio economista: “ La storia ci insegna che più di una volta la spoliazione ha finito con l’uccidere la gallina dalle uova d’oro”  (Vilfredo Pareto). 



1 commento:

  1. Trovo l'articolo particolarmente efficace nel delineare le criticità di una provincia dotata di
    un territorio peculiare e variegato.Ma i pregi e le peculiarità ne sono anche il limite.
    Non si può far convivere il potenziamento della attività portuale con la vocazione turistica che la bellezza dei luoghi consentirebbe.
    La movimentazione containers e la balneazione in diga sono un ossimoro.
    L'urbanizzazione della Palmaria ed una pubblicità
    turistica che vorrebbe proporla come ambiente
    selvaggio a 5 minuti di barca dal continente,non
    possono coesistere per una utenza smaliziata che può spaziare per l'intero pianeta.
    Il turismo crocieristico promesso,non è più quello tradizionale che creava un enorme indotto dove approdava;oggi tremila passeggeri che scendono a terra per qualche ora non sono dei compratori di beni e servizi ma dei pellegrini che per qualunque esigenza rientreranno in casa (nave) dove è già tutto prepagato.
    La Costa Smeralda sarda degli anni 70 ha chiuso il suo ciclo turistico-mondano e lascia solo cementificazioni invendute e una costa profanata.
    Per non parlare delle 5terre dove la fragilità del territorio,sta dimostrando che lo squilibrio tra uno sfruttamento turistico senza gli adeguati
    reinvestimenti,ha portato a"vendere"un modello non più corrispondente con l'immagine arcaica promessa.Ma forse ora la diretta rappresentanza in Europa,se riesce a dimostrare l'avvenuto"buon fine"dei fondi erogati,ribalterà una realtà difficile!?.
    Enrico Pandolfo

    RispondiElimina