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martedì 22 novembre 2011

Spezia: come costruire un programma di governo alternativo. PARTE II: le degenerazioni del sistema di potere locale






Nel post precedente ho sviluppato l’analisi del quadro economico sociale ed ambientale della nostra provincia anche in rapporto al livello regionale e nazionale. Nel post che segue svilupperò l’analisi sui limiti e le degenerazioni del sistema di potere locale che,  per una parte significativa, spiegano anche il quadro socio economico ed ambientale, per niente positivo, descritto nel post precedente.





DI FRONTE AL QUADRO SOCIO ECONOMICO E AMBIENTALE REALE  COSA PROPONE IL SISTEMA DI POTERE LOCALE PER LA NOSTRA PROVINCIA
Con un quadro, come descritto nel post precedente, cosa stanno facendo i nostri amministratori locali  e regionali? Stanno puntando sui soliti investimenti ad alta intensità di capitale e a bassa produttività del fattore lavoro:  Waterfront, nuova ipercoop e outlet di Brugnato, progetto Marinella, qualcosa nella nautica da diporto, qualche salvataggio importante e isolato dell’esistente (caso San Giorgio), qualche conferma/potenziamento di interventi a rischio ambientale e di incidente catastrofico in pieno golfo (centrale a carbone e rigassificatore), lo sviluppo di un porto commerciale tutto proiettato solo sul traffico container nonostante i dati reali dimostrino come i grandi porti commerciali siano ormai caratterizzati dal fenomeno della localizzazione indifferente[1]. Fenomeno confermato dall’incremento di oltre il 16% del traffico container nel 2010 del porto spezzino non seguito da alcun significativo sviluppo occupazionale od economico in generale con ricadute nel nostro territorio. Ma sugli sviluppi e gli impatti  socio economici del porto tornerò in un prossimo post specifico.

Insomma la logica sembra essere quella da un lato del tirare a campare, prendere quello che si muove senza alcuna idea di sviluppo diverso del nostro territorio, come dire si aprono spazi nel territorio? Riempiamoli di cemento!


IL SISTEMA DEL CONSENSO AL POTERE LOCALE
Al quadro non certo positivo che emerge dai dati oggettivi sopra riportati si aggiunge anche la rimozione quasi patologica (sotto il profilo psicologico) da parte dei cittadini spezzini della reale situazione in cui vivono. Infatti la classifica, pubblicata dal Sole 24 ore l’anno scorso, descritta nel post precedente, viene integrata, ogni anno, da una classifica sulla percezione costruita attraverso interviste ad un totale di 75.000 adulti (in tutte le province italiane) di diversa estrazione sociale, sesso, età, professione. Qui nonostante le posizioni non troppo buone nelle classifiche di settore, vedi post precedente,  la sensazione che esprimono gli spezzini è quella comunque di un città che in generale stia migliorando la qualità della vita. Così nella percezione degli spezzini siamo al 18° posto come miglioramento della qualità della vita, nonostante che le classifiche sui dati reali ci assegnino posizione ben più arretrate. 

Possiamo quindi dire che lo spezzino medio ha l’ottimismo tipico non di chi vuole intraprendere per migliorare le cose ma di chi mette la testa sotto la sabbia per non vedere quello che succede realmente intorno a lui. Forse è proprio questa contraddizione che spiega perché un ceto politico dirigente che negli ultimi 20 anni ha contribuito a peggiorare il nostro territorio (salvo rare eccezioni) stia ancora saldamente in sella in quasi tutti i centri di potere.

Perché questa falsa coscienza dello spezzino medio sulla realtà in cui vive? Qui un ruolo decisivo lo hanno svolto in questi anni il sistema di potere clientelare che ha costruito il centro sinistra, la mancanza di una vera opposizione politica e programmatica se si escludono qualche singole personalità, un ruolo dei mass media molto attento ai rapporti istituzionali e molto meno alle inchieste di informazione preventiva (emblematica da questo punto di vista la vicenda delle 5 Terre), la mancanza di un tessuto produttivo ed imprenditoriale articolato e indipendente, un ceto professionale strettamente legato al sistema di potere locale, la mancanza di un dibattito aperto sui problemi della città, l’impossibilità per le giovani e nuove professionalità e competenze di accedere ad un ruolo attivo nella società spezzina, se non nella logica brutale della cooptazione familistica, clientelare o per tessera di partito.

Il tutto accentuato dal sottoprodotto di questo sistema che è la profonda carenza di legalità e professionalità del ceto burocratico della nostra città. Illegalità e non professionalità dettata principalmente dall’intreccio perverso tra dirigenti delle pubbliche amministrazioni locali, ceto dei professionisti e gruppi di interesse dominanti (lega delle cooperative, grandi terminalisti, enti energetici, industria della edilizia). Rispetto a questo intreccio il ceto politico dirigente non studia e propone strategie di sviluppo del territorio ma si limita a fare da collettore dei suddetti interessi e, insieme con il ceto burocratico, da mero esecutore (spesso pasticcione come dimostrano le vicende dei dragaggi, dell’area IP e delle discariche di Pitelli) dei desiderata di quegli interessi.



IL SISTEMA DI POTERE LOCALE PRODUCE ILLEGALITÀ , INEFFICIENZA AMMINISTRATIVA ED ECONOMICA ED IMPATTO AMBIENTALE E SANITARIO
Per realizzare interventi ad alto impatto territoriale e bassa occupazione rispetto al livello di investimenti richiesti, spesso e volentieri (come dimostrano le innumerevoli inchieste delle magistratura nella nostra provincia) si  viola la legge ma soprattutto si svolgono  istruttorie da parte delle autorità competenti incomplete e contraddittorie.
E l’intreccio perverso sopra descritto tra ceto politico, ceto dirigente, gruppi di interesse, mass media e professionisti affermati, e compiacenti, che genera tutto ciò, come dimostra la vicenda del parco 5 Terre, rispetto alla quale al di la delle responsabilità penali (che sono compito della magistratura) nessuna forza politica di governo o di opposizione ha aperto una riflessione sulle ragioni politico istituzionali alla radice della degenerazione del sistema di potere che stava dietro l’Ente Parco. Nessuno ha provato a dare risposte alle riflessioni che ormai oltre 1 anno fa avevo fatto in questaintervista
Invece che usare metodi di valutazione moderni per definire le scelte strategiche del territorio, invece che rispettare la legge, invece che svolgere istruttorie con professionalità e attenzione, cosa fa la nostra classe politica e burocratica? Prima fa scelte irreversibili ad alto impatto ambientale, viola la legge e poi invece che fare autocritica e cercare di rivedere le proprie scelte chiede e spesso ottiene la modifica della legge cioè la sanatoria degli errori amministrativi fatti. Volete degli esempi?
  1. Centrale Enel riaperta solo perché è stata cambiata la legge non perché sia stato risolto il problema degli scarichi termici nel nostro golfo.
  2. Area IP tenuta ferma per oltre 20 anni poi bonificata solo in parte (il resto è li a futura memoria ed è la parte più inquinata) per far posto all’ennesimo centro commerciale, un’area che se gestita non come un buco dove mettere qualcosa, ma come una parte strategica di un’area vasta, avrebbe potuto ridisegnare l’intera città.
  3. Sito di bonifica di Pitelli: bonificate solo le parti di interesse commerciale del porto e comunque anche qui cambiando ad hoc la legge. 

CONCLUSIONI
Il nostro territorio è stato colonizzato più volte e continua a esserlo: dagli enti energetici, dall’apparato militare, dalla lega delle cooperative e poi dalle multinazionali dei containers  tutti supportati da una classe politica che ha fatto da zerbino o da maggiordomo ai colonizzatori. Fino a 20 anni fa il gioco funzionava nel senso che almeno c’era occupazione per tutti ora non funziona più: ci resta un territorio devastato, occupato militarmente, un poco turistico un poco industriale un poco post non si sa bene cosa.  Il patto che reggeva il controllo sociale nella nostra Provincia si è rotto forse è arrivato il momento anche per noi spezzini di rivoltarci ai colonizzatori perché sarà anche vero che abbiamo il golfo dei poeti ma come scriveva un vecchio e saggio economista: “ La storia ci insegna che più di una volta la spoliazione ha finito con l’uccidere la gallina dalle uova d’oro”  (Vilfredo Pareto).

Una cosa è certa per sconfiggere la falsa coscienza degli spezzini, la loro passività, accertata perfino dalle indagini sociologiche (vedi sopra), bisogna sconfiggere l’impudenza del ceto politico amministrativo che governa il nostro territorio. Impudenza che, di fronte ad una richiesta di maggiore partecipazione dei cittadini e di maggiore trasparenza nelle scelte della città, fa rispondere al Sindaco Federici in una mail al sottoscritto: “Forse ci sarebbe da pensare a una strada più che a un metodo perfetto, fatta di tappe intermedie, di apprendimenti collettivi e di reciprocità, di riacquisizione di filamenti di fiducia. Ma ora non so dirti se riusciremo mai anche solo a provarci.” Ma chi deve provarci se non colui che è stato votato per rappresentare la comunità locale spezzina, e se non ci prova il Sindaco come si possono ricostruire quei filamenti di fiducia che paiono sempre più sfilacciati?

Ma per sconfiggere l’impudenza dei nostri amministratori locali bisogna in primo luogo cambiare il modo di costruire le decisioni politiche e quindi il modo di costruire i percorsi che portano a quelle decisioni, compresi i percorsi elettorali. E’ quello di cui tratterò nel prossimo post… 





[1] gli studi più attenti sullo sviluppo della portualità non solo in Italia dimostrano  un progressivo indebolimento del rapporto tra i porti ed il sistema economico/territoriale locale di riferimento. Gli esperti parlano di  localizzazione indifferente  ,fenomeno i cui caratteri di fondo si possono così riassumere :
1.        molte attività legate al ciclo del trasporto non sono più vincolate , nell’era dei trasporti intermodali , alla localizzazione portuale
2.        la movimentazione dei carichi fra la nave ed il trasporto terrestre ed il relativo crescente livello di automazione riducono fortemente l’impiego del lavoro ed aumentano quello di capitale
3.        l’impatto occupazionale dipende sempre meno dalla componente relativa all’ammontare di traffico che passa per il porto
4.        un capitale che  può non essere localizzato nella regione portuale  per la progressiva concentrazione in pochi grandi gruppi internazionali dei principali terminal portuali  escludendo così il sistema economico locale del porto da buona parte dei benefici economici. Il rischio molto reale è che il PRP arricchisca alla Spezia solo i terminalisti privati per i quali è quasi indifferente che un container sia pieno o vuoto: il business si realizza sulle tariffe di sbarco/imbarco e movimentazione.




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