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venerdì 14 luglio 2023

Terre e rocce di scavo e amianto naturale: La nuova linea guida individua i limiti della attuale normativa

La Linea guida (QUI) del Sistema Nazionale delle Agenzie per la protezione ambientale (ARPA),  sulla scorta delle più recenti e significative esperienze di accompagnamento ambientale alle grandi opere strategiche da parte delle Arpa, si prefigge di fornire indicazioni tecniche per il controllo e la mitigazione del rischio lungo tutta la filiera di realizzazione di opere ed interventi in aree caratterizzate dalla presenza di amianto di esclusiva origine naturale, a partire dagli studi e dalla pianificazione, agli interventi, alle determinazioni analitiche, ai monitoraggi.

Soprattutto la linea guida interviene su due problematiche di grande rilievo:

1. gli “amianti” non disciplinati dalla vigente normativa

2. le criticità dell’attuale quadro normativo.

 

Di seguito si riporta una sintesi della linea guida…

 

LA LINEA GUIDA AFFRONTA LA PROBLEMATICA DEGLI “AMIANTI” NON REGOLATI DALLA VIGENTE NORMATIVA

La vigente normativa (D.Lgs. 81/08, Art. 247- QUI) classifica come ‘amianti’ sei specifici minerali (crisotilo, crocidolite, grunerite di amianto, antofillite di amianto, tremolite di amianto e actinolite di amianto), che hanno avuto relativo maggiore impiego e diffusione per gli usi industriali. Tuttavia, esistono ormai evidenze scientifiche della pericolosità di fibre asbestiformi non normate, che talora costituiscono varietà fibrose di minerali normalmente con abito non fibroso (es. antigorite, fluoroedenite, erionite, balangeroite, carlosturanite, attapulgite o palygorskite, diopside, più raramente olivina, ticlinohumite e brucite) non rientranti nell’elenco della norma, ma aventi analogo potenziale patogeno. Alcune di queste sono state classificate come cancerogene (Gruppo 1 - Agenti sicuramente cancerogeni per l’uomo) dallo IARC: l’erionite nel 2012 e la fluoroedenite nel 2017. Per tale motivo, la nuova Linea guida contiene un allegato relativo alle fibre non normate, anche se ancora non soggette ai vincoli normativi delle disposizioni vigenti, che può suggerire modalità di gestione volontarie improntate al principio di precauzione.

 

 


 

LE CRITICITÀ DEL VIGENTE QUADRO NORMATIVO

In particolare, la linea guida individua le criticità esistenti nel vigente quadro normativo. 

Il quadro normativo, per quanto complesso e articolato, presenta alcune carenze e lacune, in modo particolare sui limiti di esposizione e di contaminazione:

1. Per la concentrazione limite di esposizione per le fibre aerodisperse in ambiente esterno di vita (outdoor) non esiste un valore di legge. Attualmente, viene spesso adottato quale soglia cautelativa di allarme il valore di 1 ff/l, indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità come la soglia che, nel caso di «un’esposizione continuativa per l’intera vita della popolazione generale (…), comporta un eccesso di rischio cancerogeno compreso tra 1 e 100 casi per milione di esposti» (Air Quality Guidelines for Europe - WHO 2000). Per l’ambiente di lavoro e per l’ambiente di vita indoor, il valore limite di esposizione esistente (vd. Tabella 1) è generalmente ritenuto non adeguato dagli enti di controllo, che richiedono spesso l’adozione di limiti più restrittivi;

2. Si rileva un vistoso contrasto normativo tra il D.M. 14.05.96 (QUI) e il D.Lgs. 152/06 (QUI) e conseguentemente, col DPR 120/2017 (QUI). Segnatamente, il D.M. 14.05.96 richiede una valutazione della pericolosità dei materiali oggetto di attività estrattiva basata sull’Indice di rilascio con relativo valore limite, mentre il D.Lgs. 152/06 prevede una concentrazione soglia di contaminazione del suolo e del sottosuolo definita in termini di concentrazione in mg/kg, con relativo limite di legge. Ciò può portare alla contraddizione che un materiale del tutto idoneo all’estrazione e alla commercializzazione (perché con indice di rilascio inferiore al limite di legge), una volta messo in opera e sottoposto ad analisi nell’ambito di qualsiasi successivo intervento di scavo e movimentazione, possa risultare contaminato ai sensi del D.Lgs. 152/06 e da classificare come “rifiuto pericoloso”

 





 



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