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lunedì 1 maggio 2023

Una sentenza che rimuove la recente introduzione dell’ambiente nella Costituzione

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 2279 del 6 marzo 2023 (QUI) ha annullato la sentenza di primo grado che a sua volta aveva annullato il Provvedimento autorizzativo unico regionale (PAUR) che autorizzava nuovi impianti di sci.

La sentenza del Consiglio di Stato motiva l’annullamento della sentenza del TAR, in sintesi, per due motivi:
1.non ha dimostrato nel merito i motivi per cui il PAUR non ha esaminato adeguatamente gli impatti prodotto dal progetto in relazione in particolare a specie tutelate dalla direttiva Habitat sulla biodiversità

2. non ha effettuato un adeguato contemperamento del bilanciamento degli interessi tra tutela dell’ambiente e della economia secondo la nostra Costituzione.

 

La sentenza come vedremo quindi afferma due indirizzi preoccupanti soprattutto per le associazioni ambientaliste che ritengano di dovere impugnare atti che non hanno adeguatamente valutato e quindi autorizzato gli impatti di un dato progetto:

IL PRIMO è che non basta più dimostrare che non si sono considerati correttamente i parametri di legge per valutare detti impatti, ma occorre entrare nel merito dimostrando il potenziale danno ambientale e alla salute pubblica prodotto dalla non adeguata applicazione di detti parametri.

IL SECONDO ancora più grave è che la sentenza rimuove completamente la recente riforma della costituzione che ha introdotto l’ambiente nella nostra Costituzione.

 

 

SUL PRIMO INDIRIZZO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Afferma il Consiglio di Stato:

Il gestore della riserva naturale orientata, dopo aver richiesto di partecipare alla conferenza di servizi per offrire il suo contributo avendo esaminato gli Studi di impatto ambientale, non avrebbe dovuto limitarsi a dire che non erano stati esaminati i possibili effetti anche indiretti, ma avrebbe dovuto indicare quale parte degli studi era carente ed in che direzione si sarebbero dovuti muovere gli approfondimenti salvo fornire il supporto tecnico scientifico anche con riferimento alle banche dati.

La sentenza impugnata ha affermato che la legge attribuisce all’ente gestore “ una funzione consultiva di natura tecnica non derogabile, né surrogabile”, ma nel momento in cui questa funzione avrebbe dovuto riempirsi di contenuto, l’ente si è limitato a richiedere un approfondimento del parere di incidenza ambientale. Nella nota in data 11 dicembre 2019 Il Raggruppamento aveva elencato le specie protette esistenti all’interno della riserva che giustificavano la partecipazione al procedimento, ma nella successiva nota del 12 dicembre 2019 non veniva svolta alcuna considerazione sui possibili effetti negativi su tali specie, di cui gli studi di impatto ambientale non avevano tenuto conto, e che soli giustificavano la richiesta di un approfondimento.

In conclusione, il vizio procedimentale rilevato dalla sentenza del T.a.r. non sussiste.

 

 

SUL SECONDO INDIRIZZO DELLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Afferma il Consiglio di Stato:
Laddove si parta dal presupposto che qualsiasi attività che presenti controindicazioni rispetto alla significativa permanenza della vipera oggetto di tutela debba essere vietata, sarebbe necessario vietare anche il pascolo di animali indicato nello studio come fonte di pericolo, la presenza di escursionisti.

E’, invece, necessario contemperare le esigenze di carattere ambientali con altri interessi parimenti meritevoli di tutela tenendo conto nel caso in esame che il Piano Paesistico Regionale, la cui concreta articolazione è il PST Bacini Sciistici, ha previsto la realizzazione di nuove piste.

La Corte Costituzionale con la sentenza 85 del 2013 ha affermato che tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri, e premesso altresì che la tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro, giacché se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.

Nella vicenda esaminata in quella sentenza il bene di rilievo costituzionale da contemperare con la tutela dell’ambiente era il diritto all’esercizio di un’attività di impresa cui era connesso il diritto al lavoro dei dipendenti.

Il caso in esame presenta lo stesso apparente contrasto tra le esigenze di sviluppo economico di una comunità e il rischio di compromettere l’ambiente che va ridotto al minimo, ma che non può diventare un ostacolo insormontabile salvo che l’intervento da autorizzare presenti delle caratteristiche assolutamente incompatibili con la tutela ambientale.

 


COSA NON TORNA NELLA SENTENZA

In questa sentenza del Consiglio di Stato pur pubblicata lo scorso 6 marzo si assiste ad una curiosa rimozione della nuova versione degli articoli 9 e 41 della Costituzione

 

All’articolo 41 della Costituzione la legge n° 1 del 11 febbraio 2022 ha introdotto una modifica rilevante per cui la iniziativa economica privata pur restando libera non deve arrecare danno, non solo alla utilità sociale ma anche a salute e ambiente

Inoltre al secondo comma della articolo 41 della Costituzione, la legge del 2022 ha previsto che la legge ordinaria determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali ma anche ambientali.

 

L’articolo 41 da quindi sostanza applicativa (da eseguirsi appunto con la legge ordinaria ma anche dalla amministrazione attiva) al nuovo dettato dell’articolo 9 della Costituzione (come modificato sempre dalla legge 1/2022) elevando al rango costituzionale princìpi già previsti dalle 12 norme ordinarie  e affiancando altresì la salute all’ambiente per la stretta correlazione tra i due aspetti.

 



La giurisprudenza costituzionale precedente a questa riforma afferma che la qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. La giurisprudenza costituzionale, nel quadro delle norme costituzionali vigenti, evidenziava quindi un 'punto di equilibrio', dinamico e non prefissato in anticipo, che deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale.

 

Con la riforma ultima sopra riportata si può sostenere: a proposito dell’art. 41, la lettura complessiva delle modifiche apportate alla Costituzione porta a ritenere che esse, in sostanza, hanno anche introdotto il cd. principio dello “sviluppo sostenibile”, oggi tanto di moda (pare che ormai sia tutto “sostenibile”), chiarendo opportunamente che, poiché l’attività economica deve essere indirizzata e coordinata dalla legge “a fini sociali e ambientali” (e cioè, ex art. 9 novellato, tenendo conto anche dell’interesse delle future generazioni), la “sostenibilità” deve essere valutata e perseguita con riferimento alla tutela dell’ambiente e della collettività nel suo complesso e con un occhio al futuro, e non, come spesso si intende, alle esigenze dell’economia e del profitto immediato” (L’inserimento dell’ambiente in Costituzione non è né inutile né pericoloso di Gianfranco AMENDOLA pubblicato su giustiziainsieme,it. ).

Indiscutibile che la sentenza del Consiglio di Stato mantenga ancora una vecchia concezione “paritaria” del confronto tra i diversi interessi costituzionali mentre il nuovo articolo 41 va sicuramente in una direzione che vede l’ambiente e la sua tutela come il paradigma del futuro sviluppo sociale ed economico. D’altronde se così non fosse e al di là delle interpretazioni giurisprudenziali non si comprenderebbero i nuovi indirizzi normativi della stessa UE sulla transizione ecologica come obiettivo prioritario rispetto al vecchio modo di produrre consumare usare il territorio e i beni naturali.

 

 


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