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mercoledì 18 gennaio 2023

Antenne come funziona il silenzio assenso secondo il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 10228 del 21 novembre 2022 (QUI) ha deciso l’appello contro una sentenza del TAR che accoglieva la richiesta di annullamento del provvedimento con il quale il Responsabile Area Urbanistica Edilizia Privata Attività Produttive di un Comune aveva annullato, in autotutela, il titolo formatosi per silentium sull’istanza presentata da una società di gestione dei servizi di telefonia mobile ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/03 (ora vedi articolo 44 QUI) per realizzare un impianto tecnologico di telefonia mobile.

La Sentenza affronta oltre alla problematica del ruolo del silenzio nei procedimenti relativi ad impianti di telefonia mobile anche la ulteriore problematica relativi ai motivi di rilevanza pubblica che possono giustificare l’annullamento del silenzio assenso alla realizzazione di una antenna di telefonia mobile;

 

 

RELATIVAMENTE AL SILENZIO ASSENSO NELLE PROCEDURE DI AUTORIZZAZIONE DELLE ANTENNE DA TELEFONIA MOBILE

Nel caso trattato dalla sentenza del Consiglio di Stato il Comune ha emesso un vero e proprio preavviso di rigetto, richiamando espressamente le ulteriori forme procedimentali e le garanzie partecipative dell'art. 10-bis della l. 241/1990 (QUI).

L'applicazione dell'art. 10-bis della l. 241/1990 al procedimento in questione costituisce un'ulteriore e importante forma di garanzia procedimentale per l'operatore, non incompatibile con la speciale disciplina del d.lgs. 259/2003, ma comporta per il Comune l'obbligo, laddove esso si determini a comunicare il preavviso di rigetto e si autovincoli all'osservanza dell'art. 10-bis della l. 241/1990, al rispetto anche della previsione della stessa norma, secondo cui il preavviso sospende i termini per concludere il procedimento che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo.

Il termine, stante la specifica previsione dell'art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003 (ora vedi articolo 44), non può che essere quello di novanta giorni per la formazione del silenzio-assenso, poiché diversamente il preavviso di diniego, lungi dal configurarsi quale ulteriore garanzia per il privato, si risolverebbe in uno strumento per procrastinare sine die la conclusione del procedimento contro progetti che hanno come è noto un “favor legis”.

Tale favor impone che il Comune, quando adotti un preavviso di rigetto, debba concludere il procedimento con un provvedimento espresso nel termine di novanta giorni successivo al deposito delle osservazioni o dalla scadenza del termine per presentarle, formandosi altrimenti il silenzio-assenso di cui all'art. 87, comma 9 (vedi ora articolo 44) d.lgs. 259/2003.

 

 

Secondo gli indirizzi del Consiglio di Stato il silenzio assenso si forma a prescindere dalla conformità della domanda alla legge

Si veda Consiglio di Stato n° 11034 del 2022 (QUI) dove si afferma che: “l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie ‘silenziosa’ in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda. L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione – viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la solo possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’. L’ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe in contrasto con il principio di «collaborazione e buona fede» (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’Amministrazione (ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990).

Questa sentenza (11034/2022) cita le norme generali sul procedimento amministrativo su cui si fonda la suddetta interpretazione

a) l’art. 2, comma 8-bis legge n. 241/1990 (QUI)

b) l’art. 2, comma 2-bis legge 241/1990

c) l’art. 21, comma 1 legge 241/1990

d) l’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, «in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente»;

 

 

Parere Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) e silenzio assenso

Secondo il Consiglio di Stato (sentenza 11034/2022) non è ostativo alla formazione del silenzio assenso il mancato parere preventivo di Arpa.

In altri termini detto Parere Arpa non è un atto presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo, bensì atto di un procedimento parallelo necessario, non per la formazione del titolo edilizio e per l’inizio dei lavori con esso assentiti, bensì esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto. Quindi, poiché l’acquisizione del parere dell’ARTA è necessaria ai soli fini della realizzazione dell’installazione e non anche ai fini della regolarità e completezza dell’istanza, il termine per la formazione del silenzio-assenso decorre dalla presentazione della domanda corredata dal progetto, e non dalla ricezione, da parte del Comune, del parere dell’ARPA. Per gli stessi motivi, non sussiste un onere per il richiedente di allegare siffatto parere in sede di presentazione dell’istanza di titolo edilizio (della denuncia di inizio di attività), né un obbligo di far pervenire il parere medesimo all’ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9 dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 (nella ultima versione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche vedi comma 10 articolo 44).


 

Le Regioni non possono introdurre norme di limitazione del silenzio assenso del Codice

Sempre secondo il Consiglio di Stato (sentenza 11034/2022) l’istituto del silenzio-assenso, costituendo uno strumento di semplificazione procedimentale e di snellimento dell’azione amministrativa, deve ritenersi, anche tenuto conto degli interessi sottesi a questo tipo di costruzioni, espressione di un principio fondamentale della legislazione statale.

Deve quindi ritenersi inibito al legislatore regionale di introdurre ragioni di appesantimento dell’iter autorizzatorio, che si porrebbero in contrasto con le esigenze di tempestività e di contenimento dei termini.

A riprova, è significativo osservare come l’art. 87, comma 9, consenta (soltanto) «agli Enti locali di prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma» (ora vedi comma 10 articolo 44 ultima versione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche).

 

 


RELATIVAMENTE A COME MOTIVARE IN TERMINI DI INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE L’ANNULLAMENTO DEL SILENZIO ASSENSO ALLA INSTALLAZIONE DI ANTENNA DI TELEFONIA MOBILE

Secondo il Consiglio di Stato (sentenza 10228/2022), nella specie del caso trattato nella sentenza qui esaminata, è vero che l’atto di annullamento emesso dal Comune conteneva delle frasi sull’interesse pubblico, ma il primo giudice ha chiarito che l’atto: a) non conteneva le «effettive ragioni» di pubblico interesse sottese al provvedimento di secondo grado; e, soprattutto, b) non aveva «in alcun modo effettuato il dovuto bilanciamento e comparazione degli interessi contrapposti».

Soprattutto, rileva il Consiglio di Stato, siamo di fronte a due interessi pubblici quello del Comune per tutelare l’ambiente e la salute pubblica del proprio territorio e quello del gestore che deve fornire un servizio che ha rilevanza pubblica. Occorreva quindi che il Comune nell’emettere il proprio atto di annullamento in autotutela del silenzio assenso formatori avrebbe dovuto contemperare entrambi gli interessi motivando il prevalere di quello alla base dell’annullamento cosa che non è stata fatta.

 

 

 


 

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