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giovedì 22 dicembre 2022

Perché i nuovi impianti per il GNL rischiano di diventare BENI INCAGLIATI!

La Newsletter di Dicembre 2022 (QUI) del Gestore dei Mercati Energetici (QUI) approfondisce vari aspetti dei nuovi scenari del mercato del GNL, dal ruolo sempre più importanti di alcuni paesi produttori, agli investimenti fatti in termini di liquefazione e rigassificazione, alle modifiche inerenti agli aspetti contrattuali di un mercato in espansione, soprattutto in Europa. Allo stesso modo, l’articolo affronta alcuni punti critici per il futuro della stessa industria, da cui potrebbero derivare problematiche significative in un futuro che, nonostante la crisi, continua ad essere focalizzato sul tema della transizione energetica.

In altri termini, soprattutto per i Paesi della UE, il rischio è che la necessità di grandi quantità di gas e in particolare di GNL comporti nell’immediato grandi investimenti pubblici in infrastrutture che rischiano di entrare in rotta di collisione con:
1. la sempre maggiore rigidità dei contratti a lungo termine nell’approvvigionamento del GNL rischiando di rendere gli impianti nuovi o ampliati a rischio carenza GNL
2. gli obiettivi della decarbonizzazione da qui al 2030 che rischiano di far diventare i nuovi impianti stranded assets, letteralmente beni incagliati!

 



TENDENZE DEGLI INVESTIMENTI NELLE INFRASTRUTTURE PER IL GNL

Nel 2020 si era investito in nuovi progetti un ammontare pari a circa 2 miliardi di dollari, nel 2021 gli investimenti sono saliti a 28 miliardi, con le stime di Rystad Energy che parlano di 27 miliardi nel 2022 e 32 nel 2023, per poi toccare la punta finale di circa 42 miliardi nel 2024 (vedi la figura sotto). Dopo questa data, gli investimenti dovrebbero tornare a decrescere, raggiungendo nuovamente una cifra similare al 2020 entro la fine del decennio in corso.


 

 

IL RUOLO CRESCENTE DEGLI USA NEL GNL

Dall’inizio della guerra in Ucraina (fino a settembre) i quantitativi di GNL contrattati nel Nord America corrispondono a circa il 54% del totale, mentre soltanto il 13% è spettato ai cosiddetti Portfolio Players, in forte decrescita rispetto al 35% di media mantenuto nel periodo 2016-2021. Con il termine Portfolio Players si intendono quegli attori del mercato che allo stesso tempo acquistano e vendono contratti di GNL. Spesso questi detengono partecipazioni all’interno delle infrastrutture che producono e commercializzano GNL, o in alternativa acquistano GNL da altri fornitori in diverse regioni, permettendo a questi stessi player di rivendere in maniera indipendente una porzione di questi volumi agli utilizzatori finali secondo regole di mercato e mantenendo una sostanziale autonomia nelle scelte strategiche.

 

 

ASIA PACIFICO MA SOPRATTUTTO CINA

La regione dell’Asia Pacifico rimane di gran lunga quella che si è assicurata i maggiori volumi di GNL contrattualizzati nel 2021, pari a circa l’80% del totale. La sola Cina conta per oltre il 60% di questi.

L’affrettarsi della Cina in tal senso è un chiaro segnale che il governo di Pechino intende ridurre quanto più possibile l’esposizione al mercato del GNL spot e, così facendo, proteggersi dai prezzi instabili degli ultimi anni. Durante lo scorso novembre, il colosso statale Sinopec ha annunciato la firma di uno dei maggiori contratti nella storia del mercato del GNL con QatarEnergy per l’acquisto di 4 mtpa a partire dal 2026 e della durata di 27 anni.

 

 

EUROPA ESPANSIONE GNL

Sul finire di novembre QatarEnergy e il gruppo americano ConocoPhillips hanno concluso un accordo per l’approvvigionamento di 2 mtpa a partire dal 2026, destinati alla Germania per i successivi 15 anni. Germania che ha realizzato il suo primo terminal per le importazioni di GNL a Wilhelmshaven, nel Mare del Nord.

Nell’UE a 27, con l’aggiunta del Regno Unito, si stima che la capacità per l’importazione di GNL aumenterà di poco meno di 200 milioni di metri cubi al giorno, ovvero un +34% rispetto quella attuale (Figura 2). La cifra risalta particolarmente se comparata a quanto sia aumentata la capacità dei paesi europei nel periodo 2012-2021, ovvero 80 milioni di metri cubi al giorno15. Alla fine di novembre, l’espansione dei progetti già funzionanti si attesta sui 50 milioni di metri cubi al giorno, un segno evidente dell’accelerazione europea imposta dalla combinazione creatasi tra scenario geopolitico e crisi dei mercati energetici.

 

 

TENDENZE: RISCHIO EUROPEO NELL’APPROVVIGIONAMENTO DEL GNL A LUNGO TERMINE IN CONTRADDIZIONE CON LA COSTRUZIONE DELLE NUOVE INFRASTRUTTURE

Nel 2018-2019 circa l’80% dei contratti siglati prevedeva una flessibilità di destinazione, nel corso del 2020, e poi nel 2021, si è andati verso una riduzione al 35% e infine all’11% a livello globale.

In questo scenario, la prudenza sembra essere tornata ad essere il mantra dell’intera industria. Nel corso del 2022, la flessibilità intrinseca dei contratti è risalita al 47%, ma si registra un forte aumento della durata dei contratti a lungo termine (oltre i 10 anni) e che corrisponde a circa il 75% dei contratti siglati nel 2020 e all’84% nel corso del 2021, contro una media del 60% nella fase pre-crisi pandemica.

Una tendenza che però non vede partecipare, se non per alcune notevoli eccezioni, i buyers europei. L’assenza di nuovi contratti di lungo termine nell’UE, dove gli obiettivi di decarbonizzazione impongono un equilibrio tra transizione e sicurezza energetica, stanno creando i presupposti perché nel futuro si crei una nuova fase di instabilità23. Rispetto alla portata di nuovi terminal in fase di costruzione, infatti, potrebbero risultare insufficienti i volumi di GNL da importare e disponibili sul mercato, almeno per i prossimi tre anni.

 

Quanto sopra può comportare:

1. Da una parte, stando ai presupposti di Fit for 55 e REPowerEU, la domanda di gas in Europa dovrebbe subire entro il 2030 un sensibile crollo. Questo renderebbe molti delle infrastrutture oggi designate per rafforzare la sicurezza energetica europea stranded assets (letteralmente beni incagliati), con una perdita cospicua per le casse pubbliche.

2. Dall’altra, l’impossibilità di massimizzare l’efficienza dei terminal di importazione di GNL, proprio in assenza di sufficiente offerta, non sarebbe utile ad abbassare i costi dei consumi di gas, oggi divenuti largamente insostenibili per imprese e cittadini.

 

Insomma, conclude l’analisi del GME, i prezzi alti del gas (dettati anche dalla crisi Ucraina) rendono appetibili gli investimenti nel settore dell’approvvigionamento ma questi investimenti sono imponenti e quindi diventano incerti di fronte agli obiettivi di decarbonizzazione soprattutto della UE. La conseguenza secondo il GME è sempre maggiore ruolo degli Stati che tenderà, aggiunta mia, a rendere sempre più assistiti detti investimenti: vedi capacity market, incentivi ai rigassificatori e non solo.

 


 

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