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giovedì 1 dicembre 2022

Il carbone ritorna nella UE e in Italia o forse non se ne era mai andato






NewsLetter di Novembre (QUI) del Gestore del Mercati Energetici (QUI) che contiene uno speciale sull’utilizzo del carbone a livello mondiale.

Secondo i dati a consuntivo rilasciati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia a luglio 20221, nel 2021 la domanda globale di carbone è aumentata del 5,8% su valori prossimi ai 7.950 milioni di tonnellate (Mt). Un aumento di oltre un punto percentuale rispetto a quanto stimato dalla stessa Agenzia di Parigi lo scorso marzo.

A trainare i consumi di carbone nell’anno passato hanno concorso:

1. la ripresa economica (+6% la crescita del PIL mondiale);

2. il succedersi di un inverno gelido seguito da un’estate molto calda che ha sostenuto la domanda elettrica (+6% sul 2021);

3. l’aumento continuo e straordinario dei prezzi del gas, che ha reso così maggiormente conveniente la generazione a carbone, in aumento del 7% anno su anno.

 

In Italia la produzione di energia da carbone torna in risalita: quasi un 1 GWh e +7% sul 2020. Erano nove anni che non si registrava una performance di crescita.

Una dinamica rialzista amplificatasi ancora di più nel 2022 a causa dello scoppio della guerra e della riduzione dei volumi di gas provenienti dalla Russia.

 

 

LE STIME MONDIALI 

Le stime relative al primo semestre 2022 indicano consumi di carbone, a livello mondiale, in linea con il pari periodo 2021 (per l’AIE -0,5%). A giustificare una domanda così sostenuta sono soprattutto i prezzi del gas che frantumano record su record, risentendo delle tensioni geopolitiche (e di riduzione dei flussi gas) susseguenti al conflitto russo-ucraino, e che hanno incentivato ulteriormente lo switching verso il carbone, soprattutto nella generazione elettrica. Una performance quella del carbone che assume ancora più rilevanza, se si considera il contesto di rallentamento economico che ha interessato un largo numero di paesi e che ha pesato negativamente sui consumi energetici globali.

Merita però rilevare come, da un punto di vista regionale, la crescita non sia stata generalizzata: ad aree con consumi di carbone sostenuti si contrappongono paesi in cui si registra una riduzione dei volumi richiesti. Tra i primi, spicca sicuramente l’India che, dopo il +12% raggiunto nel 2021, nel primo semestre 2022 vede il suo ricorso al carbone crescere di un nuovo +9% rispetto al pari periodo dell’anno precedente. Un’espansione dell’elettrificazione del paese, unitamente al proseguimento della crescita economica e a un’ondata eccessiva di caldo, ha spinto l’uso del carbone nella generazione elettrica che, in questo comparto, segna un +10%.

Anche per il 2023: +0,3% l’incremento a livello globale stimato dall’Agenzia di Parigi che si declina in +2,7% per l’India e + 1% per Cina (in riduzione invece le altre aree: Usa -4%, EU -0,8% e resto del mondo -1,4%). Per il direttore esecutivo dell'AIE Fatih Birol, tuttavia, “l'aumento del ricorso al carbone sembra essere relativamente modesto e temporaneo”, tale da non comportare un incremento degli investimenti in nuova capacità e da impattare, da un punto di vista delle emissioni, meno di quanto preventivamente temuto. A questa lettura “più ottimista” però si contrappone chi, con una visione più pragmatica dei fatti, teme che il contesto geopolitico di crisi, i cui effetti esulano dai confini europei, possa condizionare le dinamiche del mercato del carbone per un periodo più lungo, e conseguentemente anche il processo di transizione energetica verso un sistema net zero carbon.

 

 

AUMENTO CONSUMO CARBONE IN EUROPA

La crisi energetica del gas ha favorito un "ritorno al carbone" anche in Europa, che complessivamente nel periodo in esame consuma un volume di questa commodity il 10% più elevato del corrispondente semestre del 2021, in ragione soprattutto della maggiore richiesta nel comparto della generazione elettrica (+15%5).

La riduzione dei flussi di gas russo in Europa, nonché fattori di convenienza economica e fattori commerciali (i minori costi hanno imposto di diritto la produzione a carbone nell’ordine di merito), hanno spinto diversi Stati europei a massimizzare (e in alcuni casi riprendere dopo anni di stop) la produzione termoelettrica a carbone. Secondo i dati rilasciati dal Fraunhofer Institut, nei primi dieci mesi 2022, l’UE27 ha consumato il 9% in più di carbone rispetto al pari periodo 2021 per produrre elettricità, comparto in cui questa commodity ha sostituito in parte il metano, dirottato alla ricostituzione degli stoccaggi, al fine di centrare l’obiettivo di riempimento dell’ 80% entro il 1° novembre, statuito dalle istituzioni comunitarie.

L’aumento rispetto all’anno precedente è riscontrabile almeno fino al mese di agosto, mentre si registra una lieve flessione (-3,7%) a settembre, che diviene più marcata (-15%) ad ottobre, e ascrivibile non tanto a un’inversione del trend, quanto ad un generale calo della domanda di energia (visto il caldo anomalo e la crisi che morde l’industria) e a un crollo dei prezzi del gas che nel solo mese di ottobre perdono oltre il 60% su settembre e il 20% su base annua. A riprova di ciò i dati ci dicono che la quota di carbone sul mix elettrico rimane comunque al 17%, in linea con il pari mese dell’anno scorso.

 


DIFFICOLTÀ A TROVARE ALTRE FONTI DIVERSE DAL CARBONE

Ad una richiesta di carbone in crescita, però, ha fatto da contraltare la difficoltà a reperire forniture alternative a quelle russe, oggetto di embargo a partire dal 10 agosto scorso. La Russia, infatti, oltre che principale esportatore di gas verso l’Europa ha rifornito, nel 2021, il Vecchio Continente di circa il 70% del carbone termico utilizzato per produrre energia elettrica e calore. Un carbone che per la sua alta qualità, la scarsa quantità di zolfo contenuta e il suo elevato potere calorico non è facile da sostituire con qualsiasi altra tipologia, a meno di avere prestazioni meno efficienti delle centrali e rischio di problemi tecnici alle stesse.

È stata la stessa Commissione Europea, promotrice di target sempre più ambiziosi e stringenti in materia ambientale, a contemplare un maggior utilizzo del carbone nel suo REPowerEU12, il programma messo a punto dopo lo scoppio della guerra, per tagliare il cordone ombelicale che lega il continente al metano russo. In particolare, nella seconda Comunicazione del 18 maggio 2022, si cita testualmente “in parallelo parte della capacità attuale riservata al carbone potrebbe essere usata più a lungo di quanto inizialmente previsto e potrebbero svolgere un ruolo anche l'energia nucleare e le risorse interne di gas”.

Scheda delle iniziative di alcuni Stati Membri 



COSA SUCCEDE IN ITALIA PER IL CARBONE

L’Italia, così come delineato nella Strategia energetica nazionale (SEN) del 2017 e nel PNIEC del 2019, si era data il 2025 come data per la graduale cessazione della produzione elettrica a carbone, con un primo significativo step al 2023. E di fatto, negli ultimi due anni è stata dismessa quasi 1 GW di capacità termoelettrica a carbone, di cui 605 MW nel 2020. 

Complici una ripresa dell’economia, dopo il periodo buio della pandemia, e il caro gas, la produzione netta a carbone, torna in risalita: quasi un 1 GWh e +7% sul 2020. Erano nove anni che non si registrava una performance di crescita.

Una dinamica rialzista amplificatasi ancora di più nel 2022 a causa dello scoppio della guerra e della riduzione dei volumi di gas provenienti dalla Russia. Secondo le stime del Fraunhofer Institute, infatti, nei primi dieci mesi del 2022, le centrali termoelettriche a carbone hanno prodotto il 68% in più di elettricità rispetto al corrispondente periodo 2021 (+122% sul 2020 e +20% sul 2019), con punte che a luglio superano i 2 GWh. Il dato non stupisce: oltre che per la sua economicità rispetto al gas, un maggior ricorso al carbone è stato contemplato dal governo come una delle opzioni percorribili per sostituire il gas naturale che la Russia ha tolto dal mercato, tanto da prevederne nel Piano di Contenimento dei consumi, presentato a inizio settembre dal Mite, il massimo utilizzo possibile delle centrali.

Secondo il Piano, 1,8 mld (su 8,2) dovrebbero essere i mc di gas risparmiati grazie all’utilizzo dal 1° agosto 2022 al 31 marzo 2023 degli impianti a carbone e olio combustibile, a cui vanno sommati altri 290 mln mc ottenibili dall’utilizzo degli impianti a bioliquidi, che però verrebbero fatti funzionare a gasolio. Alla presentazione del piano ha fatto seguito a metà settembre la pubblicazione da parte di Terna dell’elenco delle centrali per cui è prevista la massimizzazione (cioè l’operatività a pieno ritmo) e che passeranno nel regime di remunerazione amministrata delle cosiddette unità essenziali ordinarie, vale a dire quelle dalle quali la rete non può prescindere, come previsto da una delibera di ARERA (Deliberazione 13 settembre 2022 430/2022/R/EEL, 13 settembre 2022). Gli impianti a carbone attualmente operativi e per i quali scatta la massimizzazione e il nuovo assetto regolamentare sono le centrali a carbone Enel di Brindisi Sud, Fusina (2 gruppi su 4), Sulcis e Torrevaldaliga nord, Fiumesanto di EP Produzione e Monfalcone di A2A per una potenza complessiva, immediatamente utilizzabile di 5.501 MW, più la centrale a olio combustibile di S. Filippo del Mela (A2A).



 

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