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venerdì 4 febbraio 2022

Audizione della Autorità di Sistema Portuale sui dragaggi nel golfo di Spezia: ci sono molte questioni da chiarire!

Secondo l'Autorità di Sistema Portuale (AdSP), ieri audita in Commissione del Consiglio Comunale spezzino (su richiesta dal gruppo LeAli), per lo sversamento dei fanghi di dragaggio del porto: "non si sarà uno sversamento ma una distribuzione sul fondale con tubazioni".

Beh vorrei anche vedere! Non è che il materiale dragato può essere sversato a secchiate! Quindi la "distribuzione", come la chiamano i rappresentanti della AdSP, è regolata dal Decreto 173/2016 (QUI)che prevede di impedire la dispersione dei fanghi sversati. Insomma dalle dichiarazioni dei rappresentanti della AdSP sembra che la c.d "distribuzione" sia una loro concessione ma invece è un obbligo di legge.

 

INTANTO UNA PRIMA RIFLESSIONE SULLE QUANTITÀ DA “DISTRIBUIRE” IN MARE DI FANGHI DI DRAGAGGIO

L’Autorità di Sistema Portuale afferma, come riportato anche dal Secolo XIX di oggi (vedi titolo riportato all'inizio del post), che: “i primi 50.000 metri cubi dragati dal canale di accesso potrebbero dunque finire in una zona individuata con la Regione Liguria a 7 miglia dalla costa”!

Ora come fanno alla AdSP a produrre una dichiarazione di questo tipo visto che la caratterizzazione (attività che verifica il livello di inquinamento presente nei fanghi di dragaggio) finirà a marzo (parola della AdSP)?

La norma (Decreto 173/2016) prevede semplificazioni particolari nella gestione dei fanghi asportati nei canali di accesso ai porti? Non direi proprio quello che conta è cosa si trova dentro i fanghi e questo lo puoi sapere solo a fine caratterizzazione che secondo il punto 2.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016: “deve consentire una caratterizzazione rappresentativa dell'intera superficie e del volume di materiale da sottoporre a movimentazione.”

Quindi cosa è quella della AdSP una previsione teorica, un auspicio? Non è dato sapere.

 

 

LE TECNICHE DI DRAGAGGIO

L’AdSP ieri in audizione non ha spiegato quali tecniche di dragaggio userà. Nel dragaggio precedente la tecnica usata provocò un danno enorme al golfo e alle attività di miticoltura e itticoltura ivi esistenti anche per le violazioni delle prescrizioni e i mancati controlli ma pure per non adeguatezza del progetto approvato. Vogliamo rischiare di nuovo tutto questo?

L’allegato al Decreto 173/2016 non fa una scelta precisa sulla tecnica di dragaggio ma afferma un principio importante la cui violazione nei dragaggi precedenti ha prodotto il danno al golfo riconosciuto anche dalla Cassazione ma perfino dalla sentenza del Tribunale che ha mandato assolti i responsabili del cantiere di dragaggio precedente (QUI).

Il punto 3.2. dell’allegato al Decreto 173/2016 afferma: “l'attività di escavo, trasporto e immersione, qualsiasi modalità venga scelta (dragaggio meccanico o idraulico) e seguendo il principio di gradualità a seconda della classe di qualità e del potenziale trasferimento della contaminazione alla colonna d'acqua e al biota, devono essere programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione alle vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza   ambientale.“

La parola d’ordine nel caso di attività di dragaggio e sversamento in mare è GRADUALITÀ.

L’AdSP parla genericamente di migliori tecnologie disponibili ma senza entrare in questa sede nella discussione sulle tecniche di dragaggio migliori, i signori della AdSP hanno un riferimento a cui attingere ed è il dimenticato ma sempre efficace (anche in termini giuridico amministrativi) Progetto Preliminare di Bonifica del golfo spezzino all’interno del sito di bonifica di Pitelli (sito declassificato a regionale ma sempre perimetrato come sito da bonificare soprattutto l’area a mare e non solo).

Il Progetto Preliminare di bonifica della parte a mare del sito di Pitelli, progetto predisposto dall’ICRAM  (vedi QUI)  costituisce tutt’ora atto prescrittivo preliminare vincolante per qualsiasi intervento di dragaggio bonifica nel golfo spezzino. Da pagina 127 in poi il Progetto analizzava varie tecniche di dragaggio. Quindi anche alla luce della evoluzione tecnologica di questi anni (il suddetto Progetto Preliminare è del 2005) era ed è necessario che in modo trasparente e sulla base della caratterizzazione del sito da dragare si mettano a confronto le migliori tecniche e si renda pubblica questa istruttoria. Soprattutto il progetto preliminare indicava come prioritaria la scelta di tecniche che eliminassero quasi del tutto la possibile dispersione nella colonna d’acqua del punto di dragaggio solidi in sospensione evitando altresì fenomeni di torbidità. Questo dimostra che oltre agli inquinanti anche la semplice torbidità o concentrazioni di fanghi possono danneggiare l’ecosistema marino e le attività ittiche e di mitilicoltura esistenti!

Afferma in modo chiarissimo il Progetto Preliminare a pagina 127: “Nel caso particolare dell’area marina perimetrata come sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli, in considerazione dell’elevata contaminazione riscontrata nei sedimenti e della presenza di obiettivi sensibili ai potenziali effetti delle attività di dragaggio (impianti di mitilicoltura all’interno della diga foranea ed in località Porto Venere, praterie di Posidonia oceanica in località Porto Venere, etc.), nella breve descrizione riportata nel seguito delle tipologie di draghe ambientali utilizzabili, sarà data priorità all’analisi della produzione di torbidità e dell’aumento dei solidi in sospensione.”


 

VALUTARE L’AREA VASTA IN CUI AVVERRANNO I DRAGAGGI E LA POTENZIALE “DISTRIBUZIONE” DEI FANGHI ESCAVATI

Per sversare in mare i fanghi non è solo la normativa sul dragaggio che va rispettata nella procedura di autorizzazione. Ancora una volta i tecnici della AdSP ragionano come se il porto e le sue conseguenze esistessero in una bolla artificiale e non in un complesso ecosistema marino.

Il punto 3.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016: “Le operazioni di immersione in mare dei materiali di escavo devono avvenire attuando un monitoraggio ambientale  che  ponga  particolare attenzione alle vie di eventuale dispersione verso le zone costiere o di particolare valenza ambientale”.

Quindi intanto il termine “distribuzione” dei fanghi di dragaggio se lo sono inventati in Autorità di Sistema Portuale perché la legge parla di immersione, insomma della serie i fanghi non sono “distribuiti” ma immessi in mare termine più vicino a sversati che a distribuiti o no?

Comunque al di là delle questioni terminologiche (che comunque in una normativa tecnica sono importanti) la norma sopra riportata chiarisce che l’autorizzazione alla attività di dragaggio e poi di immersione deve essere autorizzata valutando l’area vasta che sta intorno sia alle zone di dragaggio che a quelle dove verrà realizzata la immersione dei fanghi di dragaggio.

Nel caso del golfo di Spezia sussiste la presenza sia di aree protette che di siti Habitat a cominciare il Parco naturale regionale di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione IT1345104 “ISOLA PALMARIA” nell’ambito della rete Natura 2000.  E’ indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di possibile immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti protetti non è sufficiente considerato che secondo la Corte di Giustizia  (sentenza 7 novembre 2018  causa C461-17 (QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo 3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.

Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto conto di una lettura integrata del comma 8 articolo 4 (Decreto 173/2016) con la giurisprudenza europea sopra riportata, nella istruttoria per il rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di cantiere. 

Detto comma 8 articolo 4 recita: "8. L'autorizzazione all'immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo nulla osta dell'ente parco o dell'ente gestore dell'area marina protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione, risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all'allegato del presente decreto.”.

Non solo ma la sentenza della Corte di Giustizia cita l’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3 richiede una valutazione di incidenza per gli interventi che possano in qualche modo danneggiare il sito protetto, interventi come abbiamo visto anche (in termini areali) esterni al perimetro del sito Habitat.

 

 

CONCLUSIONI 

Quelle sopra sono prime annotazioni alla luce delle dichiarazioni dei rappresentanti della AdSP in audizione al Consiglio Comunale spezzino. Ci sono però altre due questioni che affronterò successivamente per non allungare troppo questo post.

Le questioni sono le seguenti:

1. la normativa tecnica dei dragaggi applicabile al golfo spezzino è quella, come si è visto, del Decreto 173/2016, mentre in realtà esiste un altro Decreto il 172 del 2016 (QUI) che si applica ai siti di bonifica nazionale (SIN) e che è più vincolante sotto il profilo ambientale. Visto che il golfo di Spezia è tutt’ora nel sito di bonifica di Pitelli anche se è stato declassificato a regionale resta sempre un sito inquinato, mi chiedo e per ora mi domando solo: perché se è dentro un sito di bonifica l’area di dragaggio debba vedere applicata una normativa più permissiva. L’AdSP potrebbe impegnarsi volontariamente ad applicare il decreto sui SIN.

2. la procedura di autorizzazione del progetto di dragaggio a mio avviso anche per la peculiarità del sito in cui si colloca richiederebbe una valutazione di impatto ambientale e una valutazione di incidenza preliminari a qualsiasi dragaggio.


Questi due punti verranno sviluppati e motivati prossimamente ma già da quello che ho scritto si capisce che le dichiarazioni della AdSP a mio avviso ad oggi sono insufficienti per giustificare la immersione in mare dei fanghi di dragaggio.

 

 

 


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