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venerdì 4 dicembre 2020

Consiglio di Stato: applicare il principio di precauzione per le distanze degli impianti di rifiuti da residenze e siti sensibili

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 7279 del 23 novembre 2020 (QUI) si è pronunciato sulla legittimità di un diniego di Valutazione di Impatto Ambientale  e di Autorizzazione in relazione ad un impianto di stoccaggio D15 (Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)., ed R13 (Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).) e pretrattamento D13 (Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12.(2) ) di rifiuti non pericolosi e pericolosi e recupero R4 (Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici), R5 (Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche – [NOTA 1]).

 

MOTIVAZIONE DEL DINIEGO DI AUTORIZZAZIONE E DI VIA NEGATIVA DA PARTE DELLA AUTORITA' COMPETENTE

La bocciatura dell’impianto è stata principalmente motivata basandosi sul fatto che la zona d’insediamento del polo di stoccaggio e pretrattamento di rifiuti pericolosi a parere del Settore VIA Regionale competente  era in contrasto con i criteri di localizzazione disciplinati dalla L.R. ed inseriti negli allegati della stessa. Infatti l’impianto è stato localizzato in zona caratterizzata dalla presenza di abitazioni (in forma di case sparse) nel raggio da un minimo di 25 metri in poi oltre ad una funzione sensibile, costituente un polo sportivo polifunzionale di rilievo, a meno di 100 metri di distanza.

Quindi il progetto era in contrasto con un criterio localizzativo secondo il quale gli impianti di rifiuti devono essere distanti non solo dai centri urbani ma anche da insediamenti sparsi e addirittura da impianti con attività saltuarie come un polo sportivo. Inoltre il suddetto diniego si fonda anche sul dato normativo per cui gli impianti di rifiuti sono industrie insalubri di prima classe che devono restare lontani da zone residenziali nonché dai “centri abitati”, dalle “funzioni sensibili” , ivi incluse le strutture scolastiche, gli asili, gli ospedali e le case di riposo e le “case sparse.


 

I MOTIVI CON I QUALI IL CONSIGLIO DI STATO DICHIARA LEGITTIMO IL DINIEGO ALLA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO RIFIUTI

Al di la della incompatibilità con i criteri di localizzazione regionali che confermano (pur trattandosi di impianti di rifiuti speciali e non urbani) la necessità che gli impianti di gestione rifiuti devono rispondere ad una logica pianificatoria di area vasta e non possono essere lasciati alla logica del libero mercato, particolarmente interessante è la ulteriori specificazione con la quale il Consiglio di Stato ha confermato il suddetto diniego.

Secondo la sentenza in esame l’individuazione di criteri localizzativi, risponde all’art. 178 d.lgs. n. 152/2006, laddove, qualificando l’attività di smaltimento rifiuti “attività di pubblico interesse” tale da “assicurare un’elevata protezione dell’ambiente” prescrive che essa sia svolta “conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti”.

Non solo ma aggiunge la sentenza che il Parere positivo della Agenzia Regionale per la Tutela Ambientale  (ARTA) non è in contrasto con il diniego finale di autorizzazione e di VIA positiva.

Questo perché il parere di ARTA è limitato a verificare la compatibilità del progetto con il sito specifico e staticamente inteso. Invece il Giudizio negativo di VIA si fonda sul principio di precauzione e quindi sui potenziali effetti dinamici, “in proiezione futura”, dell’impianto una volta realizzato verso gli insediamenti residenziali e sensibili che devono essere tutelati dai criteri localizzativi individuati dalla normativa regionale. Così conclude la sentenza anche in relazione al parere di ARTA: “Il parere di quest’ultimo organo ha ad esclusivo riferimento la compatibilità urbanistica e paesaggistica, staticamente intesa, dell’insediamento, non già la compatibilità, dinamicamente intesa in proiezione futura, sotto il profilo ambientale."

La sentenza sottolinea inoltre la natura distintiva della VIA rispetto ai singoli parere degli enti partecipanti al procedimento di valutazione/autorizzazione: "Del resto la procedura di VIA, pur inserendosi all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, ha un ambito proprio d’autonomia, in quanto destinata a tutelare l’interesse specifico ambientale, ed ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione in quest’ambito definitiva”.

Aggiunge infine il Consiglio di Stato: “Quanto all’assenza di alcun rischio scaturente dall’avvio dell’attività produttiva – dedotta sulla scorta di generiche affermazioni che l’impianto da realizzare non avrebbe prodotto in concreto emissioni dannose nell’atmosfera e nell’ambiente circostante e che le strutture poste nelle vicinanze non avrebbero potuto subire dei danni – mette conto ribadire che il Comitato di Coordinamento regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale ha improntato il giudizio sul rispetto dei principi di precauzione e di prevenzione, non potendosi <<in astratto>> escludere che dal <<trattamento di rifiuti non pericolosi>> e dallo “stoccaggio di rifiuti relativamente pericolosi” possano derivare molestie alla popolazione della zona.”

 

CONCLUSIONI 

Risulta quindi particolarmente interessante il principio qui affermato per cui nel valutare la localizzazione di un impianto in rapporto all’impatto potenziale verso residenze civili, ma più in generale siti sensibili sia da un punto di vista sociale ma anche ambientale e naturalistico, occorra ragionare non solo in termini di misure di mitigazione progettuali che possono escludere ex ante l’impatto ambientale dell’impianto rispetto alla sua localizzazione ma, secondo il principio di precauzione, anche di impatti futuri e possibili considerato che l’attività di un impianto di rifiuti si svolge nel tempo con una sua dinamica che potrebbe produrre impatti non prevedibili automaticamente al momento della sua realizzazione. Si veda il concetto di “proiezione futura” utilizzato dalla sentenza.  

Insomma una sentenza innovativa che afferma principi estendibili a situazioni simili perché riafferma con chiarezza l'autonomia istruttoria della procedura di VIA secondo i due principi per cui è nata: quello di precauzione e di prevenzione dell'inquinamento ambientale e del danno alla salute e quello di specificità del sito legandoli insieme ed uscendo dalla logica del solo rispetto formalistico di vincoli, distanze, limiti di legge. 


 

 

 

 

 

 



[1] È compresa la pulizia risultante in un recupero del suolo e il riciclaggio dei materiali da costruzione inorganici.

 

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