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mercoledì 18 marzo 2020

Consiglio di Stato: Impianti bitumi sono industrie insalubri ex lege


Il Consiglio di Stato con sentenza n° 1923 (QUI) pubblicata oggi è tornato sulla tematica di come devono essere classificate le industrie insalubri secondo la vigente normativa nonché la precedente giurisprudenza amministrativa anche di primo grado.
Oggetto della sentenza è l’impugnazione da parte del gestore di un impianto di produzione di emulsioni e conglomerati bituminosi) del provvedimento dirigenziale di un Comune della Lombardia con il quale si dichiarava la  la classificazione come industria insalubre dell'impianto in questione.  
La sentenza è interessante, al di la del caso specifico, perché chiarisce ulteriormente le modalità con le quali una industria o attività inquinante debba essere classificata come industria insalubre ai sensi dell’articolo 216 del Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934 (QUI).


I MOTIVI DELL’APPELLO AL CONSIGLIO DI STATO DA PARTE DEL GESTORE DELL’IMPIANTO DI BITUMI
Secondo l’appellante (che chiedeva l’annullamento della precedente sentenza del TAR Lombardia che aveva già respinto  il suo ricorso in primo grado) :

1. la classificazione dell’insediamento produttivo come industria insalubre di prima classe era stata disposta prescindendo da una puntuale e concreta verifica circa l’effettiva pericolosità dell’attività svolta;

2. non sussistevano i presupposti per operare detta classificazione:
2.1. essendo l’insediamento produttivo della società ricorrente ubicato all’esterno del centro abitato, in zona agricola;
2.2. inoltre gli enti preposti alla tutela igienico-sanitaria si erano pronunciati favorevolmente circa lo svolgimento dell’attività produttiva in loco e lo stesso Comune territorialmente interessato aveva rilasciato il nulla osta per l’esercizio dell’attività medesima.



IL CONSIGLIO DI STATO RESPINGE L’APPELLO DELLA DITTA CON QUESTE MOTIVAZIONI
1. l’indicazione e classificazione delle attività industriali pericolose per la salute non è effettuata dagli enti di riferimento territoriale bensì, ai sensi dell’articolo 216 del testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265), da apposito decreto ministeriale, che attualmente – così come alla data di riferimento - è il decreto ministeriale 5 settembre 1994

2.  il Decreto 5 settembre 1994 indica nell’ ”Elenco delle industrie insalubri”, alla Parte I (“Industrie di prima classe”), Sezione B) (“Prodotti e materiali - e fasi interessate dell’attività industriale”), n. 13), le seguenti attività: “Asfalti e bitumi, scisti bituminosi, conglomerati bituminosi: distillazione, preparazione, lavorazioni”.  Quindi l’impianto in oggetto rientrando in questo elenco è industria insalubre ex lege;

3. la dichiarazione ex lege dell’impianto come industria insalubre fa salve le “verifiche in sede locale circa l’effettiva nocività di strutture ed impianti adibiti all’attività medesima, da valutarsi avendo riguardo sia al contesto ambientale nel quale l’attività si svolge, sia alla eventuale attivazione di soddisfacenti misure di salvaguardia”..

4. la “classificazione” da parte del Comune è un mero atto dovuto , ed  il relativo provvedimento assume natura non di classificazione (quella abbiamo visto avviene ex lege) ma di dichiarazione di rispondenza dell’industria alle caratteristiche dell’elenco, con eventuale indicazione delle relative incombenze e/o obblighi. Quindi è un dovere dell’autorità amministrativa di accertare direttamente in sede locale l’esistenza in concreto della nocività dell’impianto classificato ex lege. L’autorità amministrativa in questo caso è in primo luogo il Sindaco del Comune su cui insiste l’impianto insalubre, se non fa questo accertamento è passibile di omissioni di atti di ufficio e se c’è un danno ai residenti prodotto dall’impianto anche ulteriori responsabilità penali in concorso con il gestore;

5. la collocazione dell’attività industriale della ricorrente al di fuori del centro abitato, l’assenza di provvedimenti inibitori da parte del Comune, con trasferimento dell’azienda, il rilascio di un nulla osta all’esercizio dell’attività, non mutano i termini della questione: se l’impianto rientra nell’elenco del Decreto Ministeriale 5 settembre 1994 è comunque industria insalubre;

6. spetta al gestore dimostrare che l’impianto classificato insalubre non reca danni alla salute dei residenti e questo lo può fare dal momento in cui si formalizza la classificazione della industria come insalubre e la formalizzazione non richiede una comunicazione di avvio procedimento da parte del Comune in quanto come abbiamo visto la classificazione avviene automaticamente ex lege.   



CONCLUSIONI
Dalla sentenza sopra descritta di confermano due elementi fondamentali della normativa sulle industrie insalubri:
1. la classificazione ex lege delle industrie insalubri (al contrario di quanto interpretato tempo fa ad esempio dalla Provincia di Spezia per un impianto rifiuti nel Comune di Vezzano Ligure, vedi QUI);
2. l’obbligo del Sindaco, supportato da ASL o altro ente e/o istituto tecnico, di predisporre misure di contenimento dell’impatto sanitario dell’impianto classificato insalubre;
3. sulla base della istruttoria di cui al punto 2 Il Sindaco può decidere di limitare l’attività dell’impianto, di sospendere tale attività fino ad imporne l’allontanamento dalla zona abitata;
4. è indiscutibile,ma di questo la sentenza sopra esaminata non tratta, che una regolamentazione sulla localizzazione delle industrie insalubri presenti e future renderebbe più semplice le attività di cui ai punti 2 e 3.



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