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lunedì 30 dicembre 2019

Una sentenza del Consiglio di Stato dedicata a quelli che “non potevamo bloccare il nuovo super brico in area ex SIO a Spezia


Su come si doveva procedere per impedire l’ennesimo centro di vendita a Spezia in danno del commercio di vicinato, il c.d. superbrico nell'area ex SIO a Spezia,  ho già avuto modo di scrivere molto ( vedi QUI). 
Voglio qui riportare passaggi fondamentali di una sentenza del Consiglio di Stato N° 8801/2019  (QUI) pubblicata lo scorso 24 Dicembre,  su un caso ligure ( Ventimiglia) di una media struttura   di vendita (proposto dalla società Talea, Società di Gestione Immobiliare s.p.a.,)


Qui un Progetto Urbanistico Operativo presentato come mero aggiornamento del PUC vigente in realtà è stato dichiarato come variante sostanziale anche per la presenza della media struttura di vendita  che si poneva in contrasto con quanto previsto dal PUC nel Distretto di trasformazione interessato che prevedeva solo  funzioni tipicamente commerciali e di connettivo urbano come botteghe artigianali e pubblici esercizi  e non, come invece  prevedeva il PUO l'accorpamento di tutte le superfici di vendita nella parte Est del Distretto, all'interno di un'unica struttura di vendita (assimilabile ad una Media Struttura di Vendita alimentare)".
Da cui, come riconosce la sentenza del Consiglio di Stato, un aumento insostenibile del carico urbanistico (rispetto al vigente PUC) nonostante l’invarianza della superficie complessivamente destinata al commercio, la variante comporta un obiettivo incremento del carico urbanistico complessivo, poiché l’insediamento di una media struttura di vendita nel secondo sub-ambito, in luogo di una pluralità di esercizi di vicinato, è idoneo ad attirare clientela proveniente da un più vasto bacino di utenza [...]”.
Da cui anche la non corretta applicazione della VAS al caso in esame come statuito dalla sentenza del Consiglio di Stato in esame

Ma al di la del caso specifico mi corre l’obbligo di citare altri passi della interessante sentenza del Consiglio di Stato che afferma principi generali in materia di rapporti tra pianificazione urbanistica comunale e programmazione delle strutture commerciali con buona pace di tutti i discorsi sulla liberalizzazione del commercio ( di derivazione UE) che legherebbe le mani ai Comuni nel bloccare in grandi e medi esercizi commerciali.

Vediamoli questi passaggi della sentenza del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato relativamente al divieto di apertura di esercizi commerciali diversi da quelli di vicinato con SV non superiore a 250 mq afferma quanto segue:
"su tale divieto, non ha alcuna incidenza la normativa europea e nazionale in materia di liberalizzazione delle attività economiche.
Al riguardo, la Sezione (cfr., ad esempio, la sentenza n. 5029 del 22 agosto 2018; da ultimo, vedi anche 20 marzo 2019, n. 1831) ha già avuto modo di confutare la tesi secondo cui un vincolo urbanistico di destinazione possa assumere, in radice, un carattere di restrizione della concorrenza o, comunque, di attenuazione della libertà d’impresa.
Inoltre, la Sezione ha anche confutato la tesi secondo cui i principi in materia di liberalizzazione delle attività economiche potrebbero consentire ai Comuni di travolgere o comunque diversamente interpretare la disciplina recata dagli strumenti urbanistici generali."
In particolare “La libera iniziativa economica dei costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del territorio. La complessa normativa statale che ha introdotto principi di liberalizzazione nel settore commerciale, adeguando l'ordinamento nazionale ai principi di concorrenza recati dal diritto comunitario europeo, non ha infatti mai preteso di annullare, sostituire o rendere inefficace la normativa comunale sul governo del territorio, ma semmai ha previsto nell'ambito dell'ordinato assetto della pianificazione la rilevanza degli stessi principi secondo un modello di proporzionalità delle limitazioni urbanistiche apposte dall'autorità comunale” (20 luglio 2017, n. 3754; cfr. anche, IV Sez., 4 maggio 2017, n. 2026).
Ed inoltre “La liberalizzazione del mercato dei servizi sancita dalle norme comunitarie e dai provvedimenti legislativi, che vi hanno dato attuazione, non può dunque essere intesa in senso assoluto come primazia del diritto di stabilimento delle imprese ad esercitare sempre e comunque l'attività economica, dovendo, anche tale libertà economica, confrontarsi con il potere, demandato alla Pubblica amministrazione, di pianificazione urbanistica degli insediamenti, ivi compresi quelli produttivi e commerciali” (sentenza n. 3754/2017, cit.). “D’altro canto, il piano regolatore è appunto lo strumento attraverso cui trovano composizione i vari interessi espressi dal territorio e la sua stessa formazione consente l’emersione di quei “motivi imperativi di interesse generale” ai quali, secondo i principi comunitari, vanno ricondotti i limiti all’esercizio delle attività economiche (sentenza n. 1831/2019, cit.).”

Cosa si può aggiungere a tutto questo?  Solo una battuta: cari commercianti non fidatevi di quelli che in campagna elettorale vi dicono di difendervi oppure si inventano regole e principi normativi in realtà facilmente aggirabili.  Questi signori vi prendono per il c…





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