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venerdì 27 settembre 2019

Dedicato ai ragazzi delle manifestazioni di Fridays for future


Questa mattina ho partecipato ad una delle tante manifestazioni degli studenti  per l’evento Fridays for future
Tantissimi giovani in una piazza, tra le tante, gremita come non avevo mai visto per una manifestazione ambientalista di taglio generale e non legata a questioni specifiche.
Per me è stato un onore  ma anche una emozione, nonostante la mia non più giovane età, intervenire alla fine della manifestazione.
Ho premesso che da vecchio ambientalista  per me al di la delle poche parole che avrei detto era già sufficiente quella piazza per spiegare come la sensibilità verso le questioni ambientali planetaria sia ormai cambiata.  Ho ricordato quando delle questioni dell’effetto serra ne parlavamo negli anni 80 del secolo scorso in luoghi ristretti e poco partecipati e con intorno lo scettiscimo non solo della politica ma anche della imprenditoria e soprattutto della scienza ufficiale.

Da allora molte cose sono cambiate soprattutto l’atteggiamento della scienza ufficiale e delle organizzazioni internazionali a cominciare dall’ONU e della OMS, ma soprattutto è nato questo movimento che non accenna a fermarsi e che sembra deciso a cambiare intanto l’opinione pubblica mondiale al fine di far comprendere come  i tempi siano sempre più stretti per salvare il nostro pianeta.

Tutto a posto quindi? Purtroppo no sussiste ancora nella classe dirigente ma anche in molte lobby imprenditoriali (soprattutto quelle legate all’uso delle fonti fossili) come pure di una minoranza della comunità scientifica una visione che continua a produrre contestazioni alle tesi sui rischi dei mutamenti climatici ed in generale sull’inquinamento dei nostri ecosistemi.

Ad esempio si contesta che sia un atto uno sterminio delle specie viventi  e comunque che questo sterminio possa mettere in discussione la vita sul pianeta compresa quella dell’uomo o almeno di ampie parti di popolazione umana. Si tratta di una tesi che non tiene conto di uno dei principi fondanti della ecologia per cui le crisi, la scomparsa di specie, l’inquinamento diffuso possono produrre improvvise accelerazioni, sono i c.d. effetti senza livello di soglia.

Altro esempio si sostiene che combattendo l’effetto serra si blocca lo sviluppo economico e quindi chi  vuole modificare l’attuale modello di sviluppo vuole distruggere l’economia di mercato. Una balla  gigantesca  come dimostrano i dati ufficiali del accoppiamento tra aumento dell’inquinamento e riduzione del PIL  e comunque della qualità della occupazione. Questo sempre che il PIL sia ancora un parametro accettabile per misurare il miglioramento della qualità della vita umana e non solo. Insomma la crisi ambientale produce crisi economica.  Per non parlare che ormai persino la parte più avveduta del  mondo della impresa ha capito di cosa stiamo parlando  di cosa ci stiamo giocando (si veda la Carta della sostenibilità e della competitività delle imprese nella economica circolare).
In realtà se non si fanno scelte sostenibili nei tempi adeguati è questione di lobby e di loro capacità di influenzare in modo ancora rilevante la politica ufficiale: LO SVILUPPO NON C’ENTRA UN TUBO!

Ma anche se l’effetto serra non fosse così grave a catastrofico, come invece la stragrande maggioranza della comunità scientifica ci dice, i mutamenti climatici producono già ora danni alla salute come ha spiegato l’OMS  (Carta di Roma del 2018) e il Rapporto della Accademia europea delle scienze (con ben 29 premi nobel).
Inoltre i critici legati alle lobby delle fonti fossili sostengono che gli inquinanti in occidente sono in diminuzione. In realtà si tratta di interpretazione falsate e soprattutto riprodotte solo in parte per giustificare il mantenimento del modello di sviluppo attuale.  Questi dati si riferiscono solo ad una parte degli inquinanti  (quelli tradizionali o primari) ma ne rimuovono molti altri. Non solo ma questa tesi rimuove principi fondamentali:
1.       l’effetto dose risposta che è sempre individuale per cui non esistono limiti certi e assoluti in termini scientifici per tutelare la salute
2.       la speciazione e la continua variazione degli inquinanti sempre nuovi e sempre più complessi da monitorare
3.       l’effetto sommatorio dei singoli inquinanti producendo effetti moltiplicatori in progressione geometrica
4.       la specificità dei siti: la stragrande maggioranza della popolazione vive in zone densamente abitate  molto inquinate.  
Non a caso l’OMS in un rapporto del 2013 ha rilevato come l’80% della popolazione europea vive in aree con livelli di concentrazione di polveri fini (PM10, PM2,5)  superiori ai limiti stabiliti dallo stesso  OMS,perdendo in media per singoli cittadino 8,6 mesi di vita ma ovviamente questi mesi diventano anni per la popolazione più a rischio (anziani, bambini, malati)

Infine i  giovani di questo nuovo movimento  devono non solo occuparsi delle questioni mondiali legate ai mutamenti climatici ma anche quello che si muove intorno a loro, nei luoghi dove abitano lavorano studiano, passano il loro tempo libero.
Non è un caso che l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale ( Raghuram Rajan) ha scritto un libro intitolato “I Tre pilastri”.  Due di questi li conosciamo bene (Stato e mercato)  ma il terzo è stato rimosso in questi  decenni di globalizzazione selvaggia ed è la comunità nei suoi territori. Secondo Rajan ci salviamo come specie se li teniamo insieme tutti e tre, se si  restituisce la sensazione ai cittadini di poter controllare l’uso dei territori dove vivono.

Concludendo oggi chi nega i rischi dei mutamenti climatici non è solo un inquinatore, un lobbysta è prima di tutto un imbecille visto che sul pianeta deve vivere anche lui.  Può essere questo una affermazione intollerante al pensiero altrui. NON È COSÌ! IL TEMPO DELLE DISCUSSIONI È FINITO ORA È ARRIVATO IL TEMPO DI AGIRE PER IL NOSTRO PIANETA! 

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