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venerdì 2 agosto 2019

Sull'inquinamento dal porto spezzino o si cambia o sarà inevitabile una guerra legale e morirà la politica

Ieri ho partecipato all'assemblea sulle problematiche dell'inquinamento dal porto di Spezia. Mi era stato chiesto dagli organizzatori di tenere una relazione sulla normativa che disciplina l'inquinamento da attività portuale nonché sulle modalità di attuazione della pianificazione in area portuale.


In sala, a differenza di molte altre assemblee a cui ho partecipato negli ultimi 20 anni, i presenti hanno espresso una tensione e una rabbia che non ho mai percepito così nitidamente. 

Ho deciso di tagliare il mio intervento e di affermare che se siamo arrivati a questo punto è perché la problematica degli impatti del porto con la città è stata fatta marcire per decenni.
Il porto è stato fatto crescere dalle istituzioni competenti rimuovendo totalmente un fatto oggettivo: davanti alla attività portuale a poche decine di metri in linea d’aria vivono migliaia di persone in quartieri affollatissimi.


Da decenni queste migliaia di persone subiscono i rumori e i fumi dalla attività portuale. Sono cittadini come sono cittadini i lavoratori del porto. Ognuno ha i suoi diritti ma è chiaro che il diritto alla salute e alla qualità della vita non può essere rimosso.


Parliamoci chiaro se l’Autorità di Sistema Portuale pensa di risolvere il problema dell’inquinamento da rumore con le barrierine della presunta fascia di rispetto vuol dire che sta facendo un danno non solo ai cittadini ma anche alla sua immagine di Ente Terzo di governo del demanio portuale e alla lunga anche alla stessa attività portuale che non può continuare ledendo diritti sacrosanti sanciti dalla Costituzione.

D’altronde che la questione fosse tremendamente seria e non risolvibile con pasticciate soluzioni di ridicole barrierine di pochi metri lo scriveva già la Commissione VIA nel parere propedeutico al decreto del Ministero dell’Ambiente che nel 2006 concluse la procedura di VIA del PRP attualmente vigente. La Commissione VIA affermava: “VALUTATO… che la  prevista fascia di rispetto  cuscinetto,per  determinare un’efficace difesa dell’area, dovrebbe   necessariamente assumere altezze fisiche ragguardevoli  di difficile  realizzazione affinché il cono d’ombra acustica possa determinare una perdita di inserzione significativa ai piani alti degli edifici più prossimi al porto ;…”

Quindi non casualmente la Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente nel 2006 così concludeva: “ove possibile ,le attività con maggiore indice di rumorosità,dovranno essere confinate in apposite strutture  protette e isolate acusticamente; contestualmente ,l’Autorità Portuale  dovrà promuovere una campagna di sensibilizzazione presso gli addetti all’attività del porto mercantile per il rinnovamento tecnologico degli impianti,macchine o attrezzature  nonché dettare  norme comportamentali da far rispettare agli addetti allo  svolgimento delle attività più rumorose individuando appositi e rigorosi  controlli, al fine di limitare gli eventi sonori  più fastidiosi associati a  manifestazioni discontinue

Si tratta per queste ultime non di mere considerazioni ma di vere e proprie prescrizioni che l’Autorità di Sistema Portuale ad oggi deve attuare e se violate da chi opera nel porto deve sanzionare.
Così non è stato  e non è ad oggi. Questo è inaccettabile, così come è inaccettabile che da parte degli enti di controllo (Arpal) si continui a sostenere che è difficile misurare il rumore del porto con l’attuale normativa.  Sono le tesi che questi signori esprimevano 20 anni fa quando da assessore litigavo con loro per le stesse ragioni. Ecco dopo 20 anni un ente pubblico serio non si limita a dire non abbiamo gli strumenti normativi ma pone la questione nelle sedi istituzionali giuste. Peraltro e comunque i limiti ci sono ma sono stati edulcorati da anni mettendo il porto in classica acustica VI . Infatti secondo la vigente normativa i porti dovrebbe essere in classe IV (aree ad intensa presenza umana) mentre la classe VI così è descritta dalla normativa vigente: “aree esclusivamente industriali e prive di insediamenti abitativi.
Ovvio che i limiti di emissione e immissione per queste ultime aree siano ben più alti di quelli in classe IV.  Nessuno nemmeno i signori di Arpal hanno mai sollevato questo problema che invece è decisivo per poter controllare i rumori del porto in termini di emissioni verso l’esterno.  Insomma la normativa potrà anche essere meglio riformata ma intanto non si applica neppure quello che c’è.

A proposito di normativa che c’è sul rumore nel 2004 con Decreto Ministero Ambiente (1 aprile 2004 vedi QUI) sono state approvate Linee guida per l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale. In particolare negli allegati a questo Decreto si definiscono criteri di progettazione, valutazione, esecuzione abbattimento del rumore da infrastrutture portuali, in particolare si vedano le schede tecniche ST 003 e ST004 come pure il volume 4  del Centro Interuniversitario ricerca inquinamento da agenti fisici. Tutto questo e i relativi aggiornamento sono mai stati presi seriamente in considerazione dalla Autorità Portuale ieri ed oggi? Non mi pare.

Insomma la situazione è diventata insostenibile e i palliativi non bastano più soprattutto perché il porto è ancora di più in espansione. Se le Autorità Competenti continueranno sulla strada seguita fino ad ora fioccheranno le azioni legali e le denunce. Vedremo chi vincerà ovviamente ma di sicuro perderemo tutti come comunità e  soprattutto mi chiedo come possano gli operatori portuali lavorare con serenità  avendo contro interi quartieri residenziali. Possono fregarsene ? Forse 20 anni fa si oggi no, oggi il cittadino non delega più e agisce in prima persona.

Quindi per evitare tutto ciò occorre ripartire dalle prescrizioni del Ministero dell’Ambiente del 2006 e ripensare il rapporto città porto profondamente non con i muretti. Ci riusciranno a capirlo in Autorità di sistema portuale? Non credo e allora si sarà un giudice a berlino? Spero proprio di si!


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