SEZIONI DI APPROFONDIMENTO E DOCUMENTAZIONE

martedì 16 aprile 2019

Per un riforma del Testo Unico Ambientale in chiave di prevenzione e tutela della salute pubblica


Quella che segue è la versione completa della mia relazione tenuta al Convegno su “Misurazione la salute”.  Al Convegno è stato presentato lo studio di aggiornamento delle evidenze epidemiologiche sulle diseguaglianze spazio temporali per genere ed anno solare nell’insieme della mortalità registrata da Istat nel periodo 2012-2017 tra i residenti in ogni Comune della Liguria al netto dell’effetto età con riferimento regionale. Lo studio è stato redatto dal dott. V. Gennaro (epidemiologo) e dal dott. A. Russo (economista) ed è stato commissionato dall'On Roberto Traversi della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati.

La mia relazione, all’interno del Convegno, è composta di due parti
1. La situazione normativa vigente (ma anche della giurisprudenza) in materia di tutela preventiva della salute pubblica nei processi decisionali che possono produrre impatti ambientali
2. Gli indirizzi per una riforma del Testo Unico Ambientale al fine di rendere obbligatoria la Valutazione di Impatto Sanitario almeno nei procedimenti di Valutazione Ambientale Strategica dei piani e programmi (di seguito VAS), di Valutazione di Impatto Ambientale di progetti ed opere (di seguito VIA), di Autorizzazione Integrata Ambientale di installazione e attività maggiormente inquinanti (di seguito AIA).


PREMESSA: I LIMITI DELLA CULTURA DI GOVERNO NEI PROCESSI DECISIONALI A RILEVANZA AMBIENTALE E I PRINCIPI DELLA NORMATIVA AGGIRATI
La salute dei cittadini si mette a rischio anche non applicando correttamente la normativa ambientale e i principi scientifici che sottendono ad essa soprattutto quella che mira a prevenire l’inquinamento

VAS : alternative di piano e programma su area vasta;
VIA : alternative di localizzazione, di tipologia di impianto compresa l’opzione zero;
AIA: autorizzare il modello di ciclo produttivo e di tecniche di mitigazione adeguato al sito scelto attraverso la pianificazione (VAS) e la localizzazione (VIA).

Potrei portare molti esempi di disapplicazione ma mi limito qui alla questione parametro salute nelle procedure decisionali a rilevanza ambientale

Di quelle procedure e delle normativa che le disciplinano  come di altre (industrie insalubri, industrie  rischio incidente rilevante, trasporti e porti) spesso assistiamo da parte degli enti competenti ad una applicazione che esprime (a prescindere da eventuale mala fede)  una visione riduzionista dell'inquinamento

Una visione che rimuove alcuni concetti di fondo dell'ambientalismo scientifico:
1.l'effetto dose risposta che è sempre individuale. da cui la rimozione delle valutazione di impatto e di danno sanitario preventive ed ex post come accade in quasi tutti i processi decisionali a rilevanza ambientale, nonché la frase: “l’attività è nei limiti di legge”.
2. la estrema varietà e speciazione sempre più sofisticata degli inquinanti soprattutto secondari, a prescindere dalle quantità degli inquinanti primari classici (ossidi di azoto e di zolfo e polveri),
3. l'effetto moltiplicatore della sommatoria degli inquinanti (per es. il c.d. PM10  che si forma in atmosfera a partire da altri inquinanti primari come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca e composti organici.  Il PM10 secondario contribuisce alla concentrazione in aria di polveri sottili per oltre il 50% questo a parità di inquinanti complessivi prodotti). 
4. la specificità del sito perché i cittadini non vivono in un pianeta astratto ma in territori specifici dove il livello di inquinamento
-      frutto degli effetti cumulativi è molto molto diverso tra le varie situazioni.  
-      Il rapporto tra le MTD e la specificità del sito
-      Lo strumento amministrativo della norma di qualità ambientale  [NOTA 1] (procedura di AIA) misure più stringenti [NOTA 2] delle MTD vigenti per impianti in data area con situazioni ambientali e sanitarie particolari

Tutto questo in un quadro in cui la giurisprudenza nazionale di ultimo grado (Consiglio di Stato e Cassazione) ma anche la Corte di Giustizia stanno assumendo un indirizzo che invece tiene conto della portata innovativa dei suddetti principi se concretamente applicati nei processi procedimenti decisionali.

Di seguito alcuni esempi...


PRINCIPI E STRUMENTI DI AMMINISTRAZIONE ATTIVA SECONDO LA NORMATIVA E LA GIURISPRUDENZA

Cassazione: la salute si tutela non solo con i limiti di legge ma anche con ulteriori prescrizioni
La sentenza della Cassazione penale 34517/2017 (QUI) riguarda  l’ampiezza del potere prescrittivo dell’autorità competente, ma anche indirettamente degli organi di vigilanza inseribili in una autorizzazione ambientale.
Articolo 279 comma 2  [NOTA 3] DLgs 152/2006 individua oltre al rispetto dei valori limite di emissione ex lege  e delle prescrizioni autorizzatorie anche ulteriori prescrizioni successive che possono emergere da controlli , oppure ordinanze delle autorità Sindaco, nella sua funzione di massima autorità sanitaria sul territorio comunale, da valutare caso per caso magari per situazioni non chiare di inquinamento che richiedono un intervento precauzionale la cui violazione comporta l’attivazione della procedura amministrativa prevista dall’articolo 278 del DLgs 152/2006 (diffida, sospensione fino alla revoca  della autorizzazione).
Quale è la finalità di questo potere “estensivo” nelle prescrizioni autorizzatorie secondo la Cassazione?  Afferma la Cassazione: “in questo modo, l’ordinamento realizza un meccanismo di tutela anticipata del bene ambientale, pienamente giustificata dalla natura collettiva di un interesse di preminente rilievo”, questo interesse è prima di tutto la salute dl cittadino!


La Valutazione di Danno Sanitario sulle centrali in dismissione e la Avvocatura della UE
In alcuni casi liguri (Centrale ENEL dismessa di Genova e centrale Enel di Spezia) è accaduto di ricevere dalle istituzioni questa risposta : la valutazione di danno sanitario è inutile perché la centrale ormai è chiusa o addirittura che costa troppo nel caso spezzino in particolare!   
Forse confondono valutazione di danno sanitario con valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario [NOTA 4].  
In data 29 novembre 2018 (causa C411/17: per il testo completo vedi QUI) l’Avvocatura Generale della UE nelle sue conclusioni in una causa riguardante una caso nel Belgio, si è pronunciata  in relazione alla seguente domanda pregiudiziale (QUI): se la decisione del Governo Belga di prorogare la durata di una centrale nucleare oltre i limiti precedentemente stabiliti debba o meno essere sottoposta a VIA.
Secondo l’Avvocatura UE  il prolungamento dell’esercizio di un impianto può chiaramente avere  un impatto significativo sull’ambiente, non solo a causa del proseguimento dell’esercizio, bensì anche a causa di un mutamento delle condizioni ambientali nelle zone circostanti. Possono inoltre  sussistere, al momento della decisione sul prolungamento, nuove conoscenze scientifiche.
Questo impatto va misurato in termini ambientali e sanitari.  Conclusioni interessanti alla luce del ricorso di Enel contro la decisione del Ministero dell’Ambiente (con decreto di revisione di varie AIA di centrali esistenti) di non concedere revisioni oltre il 2025 alle centrali a carbone esistenti.


Consiglio di Stato: l’AIA non rimuove i poteri di autorità sanitaria dei sindaci e dei Comuni
Interessante sentenza del Consiglio di Stato (sentenza n° 6824 del 2018, per il testo completo vedi QUI) su un impianto di raccolta messa in riserva, deposito preliminare e recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi.
In sostanza il Consiglio di Stato ha considerato legittimi i provvedimenti di urgenza del Sindaco (autorità sanitaria) dopo la sospensione dell’AIA disposta dalla provincia
La sentenza  conferma la necessaria integrazione tra poteri sanzionatori in materia di violazione delle prescrizioni di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e poteri di prevenzione sanitaria del Sindaco e dei Comuni in generale ai sensi del Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934.   
In particolare nel caso affrontato dalla sentenza del Consiglio di Stato la Provincia, territorialmente competente,  aveva infatti sospeso, con apposita determina, l’efficacia dell’AIA a suo tempo rilasciata per l’impianto, dopo aver diffidato la società a realizzare determinate prescrizioni in  ordine allo smaltimento del prodotto.  In sostanza il Sindaco è intervenuto per la mancanza di agibilità dei locali dell’impianto.  
Il fondamento di questo potere del Sindaco secondo il Consiglio di Stato non è solo nel testo unico leggi sanitarie ma nel comma 10 [NOTA 5]  articolo 29-decies del DLgs 152/2006 dove si prevede che in caso di violazioni o rischi in atto la autorità competente all’aia demanda al Sindaco l’esercizio dei poteri di prevenzione a tutela della salute pubblica.
Tutto questo è applicabile anche nel caso in cui il Sindaco non abbia rilasciato preventivamente il Parere Sanitario [NOTA 6] ai sensi del comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006
Peraltro  il Consiglio di Stato afferma che l’autorità competente all’AIA è obbligata (si usa il termine imponendo) ad acquisire detto Parere Sanitario.


Consiglio di Stato, sentenza n°983 del 2019:i Sindaci e ASL possono impedire nuovi impianti rifiuti per impatto sanitario
L’oggetto della sentenza riguarda il diniego di rilascio di un AIA  richiesta per la realizzazione di un impianto, sito in Comune di Moglia (Lombardia), per lo smaltimento e il recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi.  Diniego fondato su parere negativo di Comune (Sindaco) ed ASL
Diniego raggiunto dopo la procedura di conferenza dei servizi ex lege 241  con pronuncia del Consiglio dei Ministri favorevole al parere negativo del Comune
Dopo la sentenza del TAR territorialmente compente, il Consiglio di Stato conferma come gli aspetti di valutazione dell’impatto sulla salute pubblica devono avere un preciso posto nella istruttoria sia di VIA che di AIA
In particolare per il Consiglio di Stato la mancata VIS o VIIAS costituisce vizio di eccesso di potere:
1. quando le concrete evidenze istruttorie dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica. L’Amministrazione che in tali casi non la effettui incorre, pertanto, nel tipico vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del mancato approfondimento istruttorio, sintomatico della disfunzione amministrativa.
2. quando la VIA svolta rimuove la problematica della salute pubblica che andava valutata alla luce delle criticità sanitaria esistenti nella zona
2.1. nel raggio di 100 metri: insediamenti artigianali ed abitazioni dei custodi;
2.2 nel raggio di 150 metri: aree residenziali;
2.3. nel raggio di 500 metri: un panificio industriale e artigianale con attività di vendita al pubblico; una gelateria produzione e vendita; un locale di intrattenimento con somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, un ristorante, due Bar, una sala giochi, un Supermercato, un negozio di parrucchiera, due negozi di ferramenta, un negozio di prodotti per animali TecnoFarm, oltre al campo sportivo, al palazzetto dello sport a uso scolastico, alla piscina e numerose abitazioni e villette sparse.
3.  quando c’è la violazione del regolamento comunale di igiene sulle distanze dalla zona residenziale


Ministero dell’Ambiente: il rischio sanitario va valutato preventivamente per gli impianti di gestione rifiuti
Una Circolare del Ministero dell’Ambiente aggiunge un ulteriore strumento obbligatorio,  per valutare preventivamente il rischio sanitario da impianti di gestione rifiuti (in particolare stoccaggio e trattamento).  Si tratta dei Piani di emergenza esterni per tali impianti introdotti obbligatoriamente da una normativa recente che vado a descrivere di seguito.
Dopo che  l’articolo 26-bis (QUI) della legge 132/2018 ha introdotto per i gestori di impianti (esistenti e nuovi) di stoccaggio e trattamento rifiuti di elaborare Piani di Emergenza Interni ed Esterni , interviene la Circolare del Ministero dell’Ambiente N° 2730 DEL 13/2/2019 (QUI).
Il Piano di Emergenza  Interna per gli impianti esistenti deve essere predisposto entro 90 giorni a  partire dal 4/12/2018. Per il Piano di Emergenza Esterno una volta inviati dal gestore al Prefetto i dati utili, quest’ultimo deve redigerlo entro 12 messi da detto invio.
L’articolo 26-bis rinvia ad un DPCM la definizione di come redigere i suddetti piani. La Circolare del Ministero Ambiente, in attesa del DPCM, fornisce le prime indicazioni:
1. sui dati che i gestori devono fornire ai Prefetti per la elaborazione dei Piani di Emergenza Esterni
2. sui contenuti minimi dei Piani di Emergenza Interni.  

Le previsioni contenute nel citato art. 26-bis, infatti, sono volte a disciplinare ipotesi di rischio genericamente individuate, al fine di minimizzare il più possibile i pericoli per la salute umana e per l’ambiente che possono prodursi per effetto delle attività che si svolgono nei diversi impianti di gestione dei rifiuti.

In particolare in relazione alle informazioni da fornire ai Prefetti per la redazione dei Piani di Emergenze esterni di questi impianti  c’è anche la: “5. Descrizione, dei possibili effetti sulla salute umana e sull’ambiente che possono essere causati da un eventuale incendio, esplosione o rilascio/spandimento;

  
Sentenza su impianti a rischio incidente rilevante: rapporti di sicurezza e rischio sanitario
Interessante sentenza del TAR Puglia (Lecce Sez. III n. 60 del 16 gennaio 2018 vedi QUI) che ha confermato il rigetto del nulla osta di fattibilità (normativa Seveso sui rischi di incidenti industriali) per un deposito costiero per lo stoccaggio di idrocarburi (gasolio per autotrazione e benzina)
La motivazione principale in base alla quale, in questa sentenza del TAR Puglia,  viene rigettato il ricorso della ditta che voleva realizzare il deposito sta nelle carenze del Rapporto di sicurezza con particolare rilievo alla non adeguata valutazione del rischio sanitario legato ai potenziali scenari incidentali.
Il TAR afferma in questo senso un principio generale secondo il quale per la normativa Seveso: "l’interesse pubblico alla sicurezza di siffatti impianti è assolutamente prioritario rispetto agli interessi economici privati e in alcun modo negoziabile".
In particolare secondo la vigente normativa (DLgs 105/2015) nel Rapporto di Sicurezza deve essere inserita  la descrizione dei dispositivi installati nell'impianto per limitare le conseguenze di incidenti rilevanti, anche: “per la salute umana e per l'ambiente, compresi ad esempio sistemi di rilevazione/protezione, dispositivi tecnici per limitare l'entità di rilasci accidentali, tra cui nebulizzazione dell'acqua, schermi di vapore, contenitori di raccolta di emergenza, valvole di intercettazione, sistemi di neutralizzazione, sistemi di raccolta delle acque antincendio”.
Ciò è confermato addirittura da documenti ufficiali precedenti al DLgs 105/2015 come documento del sistema delle Agenzie per la Protezione ambientale e le  Linee guida per la redazione del Rapporto Controlli -  SNPA - Sistema Agenziale (ISPRA/ARPA/APPA 2016).


Depositi petroliferi: come tutelare la salute dei cittadini
Relativamente alle autorizzazioni e prescrizioni si afferma da parte di molte istituzioni che i depositi petroliferi sono esenti da autorizzazioni ambientali specifiche soprattutto quelle alle emissioni che poi è uno dei fattori principali di impatto di questi impianti (rischio incidente a parte ovviamente). Bene non è così: La norma generale applicabile in termini autorizzatori è l’articolo 269 del DLgs 152/2006 su Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti,  che al comma 10 recita: “ 10. Non  sono  sottoposti  ad  autorizzazione  gli  impianti  di deposito  di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I  gestori  sono comunque  tenuti  ad  adottare  apposite  misure  per  contenere   le emissioni  diffuse  ed  a  rispettare   le   ulteriori   prescrizioni eventualmente disposte,  per  le  medesime  finalità,  con  apposito provvedimento dall'autorità competente

Quale può essere il provvedimento della autorità competente? Sicuramente la Autorizzazione Unica Ambientale (AUA)proprio per quegli impianti per i quali non sono previste autorizzazioni specifiche (AIA o  autorizzazioni ordinaria ex parti IV o V del DLgs 152/2006)
Il regolamento di disciplina dell’AUA (Dpr 59/2013) al comma 1 articolo 3 elenca le autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si fa alcun riferimento ai poteri del Sindaco come  Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra. Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri anche per impianti assoggettati ad AUA.
Ecco che la valutazione sanitaria ex industrie insalubri insieme con le prescrizioni di AUA e/o quelle previste dal citato comma 10 articolo 269 possono essere strumento potente per prevenire emissioni odorigene o di altro genere.
Ovviamente ci vuole la volontà politica di usarle.
Sto interpretando troppo?  Non direi ad esempio una recente sentenza del TAR Umbria Sez. I n.  523 del 20 luglio 2017 in relazione ad un  impianto di microgenerazione produttivo di emissioni in atmosfera ha affermato che: “Anche un impianto di microgenerazione alimentato a biomasse di  potenza inferiore a 50 kw, soggetto da un punto di vista urbanistico - edilizio a mera comunicazione, se produttivo di emissioni in atmosfera, necessita del titolo abilitativo ambientale.” Se si applica ad un impianto come questo, ci devono spiegare perché un deposito petrolifero non debba avere una adeguata autorizzazione ambientale!

Infine rimanendo alle emissioni odorigene c’è il nuovo articolo 272-bis del DLgs 152/2006 il quale più che distinguere le emissioni odorigene dalle emissioni aereiformi in generale introduce semmai una procedura integrativa nella autorizzazione ambientale generale dei diversi impianti (compresi quelli assoggettati ad AUA come quello in esame)  volta a prevedere misure per prevenire dette emissioni odorigene.   
Secondo l’articolo 272-bis tali misure possono prevedere, se necessari, valori limite più severi secondo la procedura dell’articolo 271 che è l’articolo che disciplina la definizione dei valori di emissioni dei diversi inquinanti da applicare ai vari stabilimenti.  
Non a caso l’articolo 272-bis fa riferimento tra le misure da adottare anche a “a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene”.
Inoltre a conferma l’articolo 269 del DLgs 152/2006 prevede esplicitamente che le autorizzazioni possano prevedere che: “c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni, anche di carattere gestionale, finalizzate ad assicurare il contenimento delle fonti su cui l'autorità competente valuti necessario intervenire”.


Normativa sulle industrie insalubri: i compiti di Sindaci e ASL
L’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre.
Quindi occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo questi impianti secondo l'evoluzione:
- del contesto del sito in cui operano,
- la normativa ambientale che ne disciplina le emissioni e i rischi
- le tecnologie che li caratterizzano,
- le modifiche nella gestione del ciclo di attività.  

Afferma la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità -  Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “… la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero  automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue  affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe  dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in termini accettabili  si applica il caso previsto dal 5° comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.

Tutto ciò risulta ancora più necessario quando la attività produce disagi di tipo ambientale e sanitario ai residenti degli edifici limitrofi.  
Come si vede la giurisprudenza è chiara il Sindaco è titolare delle funzioni di controllo sulle  industrie insalubri e non può scaricare le responsabilità sulle eventuali omissioni dell'ASL. Questo  significa che sta al Sindaco formalizzare richiesta all'ASL di svolgere i controlli e se questa ultima non li svolge o non li può svolgere utilizzare altri soggetti sia pubblici (Istituto Superiore Sanità, Università) che privati (professionisti in epidemiologia ambientale).  
Allo stesso tempo per una corretta e moderna applicazione della normativa sulle Industrie Insalubri, vista la complessità di molti cicli produttivi compresa la molteplicità delle sostanze pericolose che possono essere messe in circolo , occorre anche pensare ad un ruolo più attivo della Igiene Ambientale dell’ASL .
Occorre sistematizza (a livello sia tecnico che normativo) l’obbligo di redigere Rapporti sul potenziale impatto sanitario delle emissioni dall’impianto o attività, vale a dire almeno un confronto tra:
1. Descrizione delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della  popolazione potenzialmente  esposta. Vale a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in atmosfera, impianti aerazione, ventilazione meccanica, condizionamento,valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta delle  procedure di c.d. “health impact assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili e considerando le relazioni esposizione-risposta già scientificamente conosciute, si valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due punti.
Solo sviluppando i sopra elencati tre punti si possono comprendere: l’origine delle emissioni  odorigene prevalenti, il rischio reale per la salute dei residenti, l’efficacia delle misure predisposte fino ad ora dal gestore dell’impianto

Occorrono altresì regolamenti comunali generalizzati sulle localizzazione, autorizzazione e gestione delle industrie insalubri [NOTA 7]

Occorre attivare strumenti, esistenti nella vigente normativa  ma del tutto inapplicati, per finanziare le attività di pianificazione – controllo della presenza delle Industrie Insalubri sul territorio comunale. Si veda l’onere ecologico previsto dal testo unico edilizia [NOTA 8].
Interessante in questo senso è la sentenza del Consiglio di Stato n°2717 del 2014 vedi QUI


RENDERE OBBLIGATORIA LA VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIO
Occorre una riforma del Testo unico ambientale che renda obbligatoria una Valutazione di Impatto Sanitario o meglio ancora una Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) quanto meno per:  
1. tutte le opere sottoposte a VIA ordinaria
2. tutti i piani/programmi sottoposti a VAS ordinaria
3. tutti gli stabilimenti soggetti ad AIA
Inoltre prevedere forme di VIIAS semplificate anche per tutte le decisioni relative alle industrie insalubri come elencate dal decreto ministero sanità del 1994 (per approfondire vedi QUI).

Infatti attualmente la normativa prevede all’articolo 23 DLgs 152/2006: “2. Per i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla presente parte e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui alle lettere da a) a e) [NOTA 9], la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità.
Tale norma ha sostituito il comma 5-bis articolo 26 dlgs 152/2006  abrogato dal dlgs 104/2017.
Le linee guida sia SNPA [NOTA 10] e ISS [NOTA 11] non sono state ancora recepite con decreto ministeriale (a distanza di quasi un anno dalla loro pubblicazione) e pertanto non sono utilizzabili neanche negli impianti indicati all’art. 12 del D.Lgs. 104/2017;
Il Governo precedente (con una nota a firma Calenda, Lorenzin, Galletti, De Vincenzi) ha sostenuto quanto segue sostiene:
“… La Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) prevista nell'allegato non  trova riscontro nella normativa vigente. E' uno strumento citato solamente dalla Linea Guida per la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) nelle procedure di valutazione  ambientale (VAS, VIA, AIA) emanate con Delibera del Consiglio Federale da un Gruppo di Lavoro del Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA), che non ha cogenza normativa e che non risulta allo stato essere applicato da nessuna autorità competente in materia di AIA, né dalla stessa ISPRA. Riguardo la VIS, l'unico riferimento normativo è nell'ambito della VIA ove è previsto (D.Lgs. 152/06) che questa sia condotta in conformità a linee guida definite con decreto  del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), esclusivamente per le nuove procedure di VIA di alcune tipologie di impianti, tra i quali non rientra l'installazione ILVA di Taranto. Lo strumento è infatti previsto per: le raffinerie di petrolio greggio; gli impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi; i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto; le centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW. 
Al momento dunque, l'applicazione ad acciaierie integrate della VIS nell'ambito della VIA non è conforme alla legislazione vigente, oltre al fatto che non esiste una linea guida di riferimento in quanto la linea guida redatta dall'ISS sopracitata, è applicabile soltanto alle installazioni AIA sopra menzionate.  


Finalità della riforma del Testo Unico Ambientale per applicare la VIS o VIIAS
Disciplinare le modalità di valutazione della componente Salute Pubblica nelle procedure di Valutazione Ambientale Strategica (di seguito VAS) e Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito VIA) introducendo obbligo di VIIAS

1. Introdurre definizione VIIAS più articolata all’articolo 5 [NOTA 12] dlgs 152/2006
Occorre integrare questa definizione con la seguente:
la VIS costituisce una combinazione di procedure, metodi e strumenti al fine di attuare i seguenti principi ed obiettivi della vigente normativa europea in materia di VAS e VIA :
a) nella verifica della assoggettabilità a VAS si deve tenere conto anche gli effetti del Piano/Programma sui rischi per la salute umana;
b) il Rapporto Ambientale che accompagna il Piano/Programma ai fini della VAS  ordinaria deve contenere le informazioni circa gli effetti significativi sulla salute umana;
c) la valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta gli effetti diretti ed indiretti di un progetto sul fattore popolazione e salute umana;
d) le caratteristiche dei progetti devono essere prese in considerazione tenendo conto in particolare dei rischi per la salute umana;
e) la descrizione dei progetti deve contenere informazioni circa i probabili effetti rilevanti sull’ambiente dovuti ai rischi per la salute umana.

2. Non è indispensabile  il Decreto  Ministeriale di recepimento che viste le esperienze precedenti rischia di essere bloccato per anni dai veti politici e burocratici. Le linee guida ci sono già si tratta di renderle obbligatorie nel disegno di legge  (INTRODURRE ALLEGATO APPOSITO CHE LE INSERISCA NEL TESTO UNICO AMBIENTALE PARTE II) e al massimo prevedere una norma transitoria al fine di verificarne periodicamente la applicazione in concreto al fine di aggiornarle dette linee guida.

3.  Occorre introdurre l’obbligo di inserimento nei documenti previsti dalle procedura di VAS e VIA e AIA, di appositi documenti per lo svolgimento della VIIAS:
a) al Rapporto Preliminare e al Rapporto Ambientale di cui all’articolo 8 della legge regionale 32/2012 e successive modifiche
b) allo Studio di Prefattibilità Ambientale di cui alla procedura di verifica-screening dell’articolo  10 legge regionale 38/1998
c) allo Studio di Impatto Ambientale di cui all’articolo 11 della legge regionale 38/1998
d) inserire nella domanda di AIA la necessaria VIS salvo che non siamo in un caso di procedimento unico VIA- AIA ex articolo 27-bis del dlgs 152/2006.





NOTE 
[1] Articolo 5 dlgs 152/2006
i-nonies) norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale; 

[2] Art. 29-septies
Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale (1
1. Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5.
2. Nei casi di cui al comma 1 l'autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell'area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.
(1) Articolo così sostituito dall’ art. 7, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46

[3] L’articolo 279 del DLgs 152/2006 al comma 2 recita:  “2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.”

[4] In realtà trattasi di due strumenti di valutazione distinti che solo, per ignoranza o malafede si tende a confondere. In particolare quello che occorrerebbe nel caso della Centrale Enel spezzina sono:   
1.uno studio sul danno sanitario prodotto dalla centrale in questi anni attraverso ad esempio la metodologia del monitoraggio ambientale su indicatori di interesse sanitario ( si veda in questo senso il caso di Vado Ligure) , magari evitando i limiti del Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013 che disciplina la valutazione del danno sanitario in relazione alle procedure di rilascio dell’AIA alle installazioni commissariate come nel caso dell’Ilva di Taranto (per un commento del decreto e i suoi limiti vedi QUI).
2. una valutazione di impatto sanitario (VIIAS) sugli scenari possibili di utilizzo futuro dell’area della centrale  tenuto conto delle altre fonti inquinanti esistenti (traffico, porto, cantieri navali etc.)
Il primo servirebbe non solo per capire il livello di danno sanitario prodotto dalla realizzazione della centrale in poi ma anche eventualmente fornire alla Amministrazione Comunale le motivazioni tecnico scientifiche: per imporre ulteriori prescrizioni di funzionamento della centrale da qui al 2021, ma anche la richiesta di chiusura della centrale anticipata e addirittura (se dovesse succedere) impedire la proroga della centrale spezzina oltre la data del 2021 , quanto meno fino al 2029 data di scadenza della autorizzazione integrata ambientale vigente.
Il secondo strumento (VIIAS) consentirebbe di introdurre nella discussione sul futuro dell’area (una volta dismessa la centrale) il parametro salute per farlo pesare sulle scelte definitive cosa mai fatta nel nostro territorio e che continua a non essere fatto come dimostra la vicenda attuale dell’attuazione del piano regolatore del porto.

[5] 10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

[6]  Cosa deve contenere il parere sanitario negativo al rilascio dell’AIA
La sentenza del Consiglio di Stato  ha considerato fondati i motivi che hanno portato il Comune con il supporto di ASL a rilasciare Parere Sanitario negativo alla realizzazione dell’impianto rifiuti in sede di AIA. In particolare:
1. nella nota 5.12.2014, si dava conto del mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 216 del T.U.L.S, alla luce della vicinanza delle abitazioni e dell’area residenziale;
2. nella stessa nota e in quella del 12 aprile 2015, si sottolineava l’opportunità di acquisire una valutazione di impatto sanitario (VIS), in quanto la VIA (svolta dalla Regione) sarebbe priva della correlazione tra gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute pubblica;
3. nella nota successiva del luglio 2015, l’autorità sanitaria dettagliava il contenuto della VIS, la quale avrebbe dovuto contemplare uno screening sulla situazione di partenza, la definizione della portata del progetto, la valutazione dei potenziali impatti sanitari (epidemiologia ambientale), un
monitoraggio e una valutazione sanitaria post opera e un monitoraggio sulle aree di ricaduta degli inquinanti;
4. in seguito, la medesima ASL segnalava sette tipologie di mancanze e lacune, ostative alla formazione di un parere ponderato;
5. nella nota del 14 settembre 2015, si poneva l’attenzione sulla presenza di microinquinanti nell’area e sull’importanza della loro identificazione. La nota proseguiva con un approfondimento sullo stato di salute della popolazione residente e formava una griglia di screening con i diversi indicatori (incidenza delle patologie neoplastiche, delle patologie croniche non neoplastiche e degli eventi avversi alla riproduzione, concludendo che l’incidenza dei tumori maligni e delle patologie respiratorie croniche è più elevata nella popolazione di Moglia rispetto a quella dell’intera Provincia.

[7] 1. I Comuni determinano i criteri di localizzazione e le  condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la  disciplina del relativo procedimento.
2. Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa  nell’elenco delle industrie insalubri deve presentare, anche su supporto  informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio  alla messa in esercizio degli impianti .
3. L’istanza deve essere presentata all’Amministrazione Comunale e, in  particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a  descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel  ciclo lavorativo stesso.
4. L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni  dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
5. Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale  di cui intenda avvalersi. ASL deve produrre appositi Report di valutazione dell'impianto sanitario potenziale sulla base del contenuto della istanza di cui al punto 3
6. Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le  condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà  fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.

7. al regolamento può essere accompagnato un protocollo operativo (da concordare con ASL o in mancanza altri soggetti con competenze di epidemiologia ambientale) per il monitoraggio dell'impatto sanitario delle industrie insalubri una volta installate sul territorio comunale

[8] Tale onere è previsto dall'articolo 19 (L) del testo unico edilizia in relazione ad attività industriali artigianali. Recita questo articolo 19: “Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza 1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16 , nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.

[9] a) gli elaborati progettuali di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g);
b) lo studio di impatto ambientale;
c) la sintesi non tecnica;
d) le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del progetto ai sensi dell'articolo 32;
e) l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati all'articolo 24, comma 2;

[10] A due anni dell’approvazione ed emanazione con Delibera del Consiglio Federale,il Presidente dell’ISPRA, informato il Consiglio del SNPA,  ha inserito nelle pagina di presentazione delle linee guida per la Valutazione di Impatto Integrata Ambientale e Sanitaria (VIIAS) la seguente frase:
“Il documento finalizzato da SNPA nel 2015, anche con l’intento di promuovere futuri percorsi operativi integrati da condividere con gli esperti della Sanità, va inteso come una ricognizione tecnico-scientifica degli elementi metodologici e di contesto fruibili per la valutazione della componente salute nelle procedure di valutazione ambientale, materia successivamente disciplinata sotto il profilo normativo dal recente Decreto legislativo n. 104/2017 di recepimento della Direttiva UE in materia di VIA.”

[11]. Secondo una interpretazione di parte del mondo scientificio che si occupa di epidemiologia queste linee guida ISS:
-           sono generiche e scarsamente operative;
-           non prevedono una progressione metodologica di applicazione, ovvero non consentono di procedere con indagini di diverso dettaglio e/o distinte per fasi a seconda della tipologia di impianto e del tipo di impatto;
-           propongono la centralità della valutazione del rischio da un punto di vista prettamente tossicologico senza considerare l’approccio epidemiologico, nonostante la numerosa letteratura di settore e le linee guida messe a punto in precedenza da altri soggetti pubblici (linee guida VIIAS del SNPA e linee guida VIS del progetto CCM T4HIA);
-           presentano una insufficiente attenzione al background sanitario ed ambientale;
-           utilizzano in modo non documentato la classificazione internazionale delle sostanze cancerogene come discriminante per i livelli di accettabilità del rischio. La classificazione di cancerogenicità delle sostanze viene effettuata da vari organismi accreditati (IARC, ECHA, US-EPA) sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Tale classificazione dipende pertanto dalla disponibilità di evidenze scientifiche di cancerogenicità delle sostanze e non dalla potenza cancerogena delle stesse.

[12] b-bis) valutazione di impatto sanitario, di seguito VIS: elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l'esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione


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