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domenica 7 maggio 2017

Quello che nessuno dice sull’area della centrale Enel di Spezia

Sul futuro dell’area della centrale Enel se ne sentono e leggono di tutti i colori in questa campagna elettorale spezzina: parchi giochi, industrie auto elettriche, impianti energetici da fonti rinnovabili (quali?), area retroportuale etc. etc.
Leggo da ultimo che i soliti lettori da social network , delle notizie ambientali che nNel corso della recente assemblea degli azionisti, Enel ha confermato la volontà di dismettere la centrale termoelettrica spezzina prossimamente (la data ultima è il 2021). Ma la data non la decide solo Enel prima di tutto e comunque ci vorrà un pronunciamento formale che per ora non c’è stato, ma su questo torno successivamente in questo post.

A questa si aggiunge il Tavolo di concertazione promosso dal Comune dove come al solito ancora prima di farlo funzionare sul serio L’Amministrazione Comunale uscente ha già commissionato uno studio sugli scenari di utilizzo dell’area senza consultare nessuno dei partecipanti al Tavolo ovviamente!
Io la penso diversamente forse perché non essendo candidato non ho bisogno di sparare “proposte” che attualmente sembrano più cazzeggio elettoralistico puro. Penso che invece ci siano questioni immediate da chiarire, politiche da impostare e soprattutto un metodo complessivo di lavoro, vediamo come.
 
Chiunque voglia occuparsi del futuro della centrale in modo non strumentale, trasparente,
partecipato ma anche tecnicamente e amministrativamente credibile deve affrontare, con o senza
tavoli, questi 8 temi che descrivo di seguito basati sul principio che Passato Presente e Futuro si tengono sempre insieme:
1. Intanto partiamo da un dato la centrale continua a funzionare e ad inquinare. Quindi
occorrerebbe, prima di tutto il resto, una analisi della attuale situazione della centrale presentata
e discussa pubblicamente. Questa analisi dovrebbe riguardare:
1.1. lo stato delle prescrizioni AIA;
1.2. lo stato dei monitoraggi sulla salute in particolare stato delle indagini delle autorità
pubbliche;
1.3. tempistica di dismissione sulla quale sarebbe assolutamente necessario un pronunciamento del Ministero Sviluppo anche in relazione alla disciplina della durata revisione aggiornamento dell'AIA: vedi QUI e QUI;
1.4. rischio di incidente rilevante, normativa rimossa bellamente: vedi QUI;
1.5. avviare un confronto con Enel, anche alla luce delle sentenze di condanna per l’inquinamento prodotto nel passato, sul risarcimento del danno ambientaleda riconoscere alla città a prescindere dalla bonifica che è invece un obbligo di legge (VEDI NOTA 1). Questo aspetto è stato volutamente rimosso dalla ultima convenzione ((per il testo completo vedi QUI) del Comune di Spezia con Enel (VEDI NOTA 2).
2. ricognizione di tutta la normativa interferente con bonifiche analizzando specificamente gli spazi che, la vigente normativa e la giurisprudenza della corte di giustizia e nazionale, conferiscono alle amministrazioni pubbliche nell’imporre la bonifica in base al principio chi inquina paga e nel coinvolgere investitori privati: vedi ad es.  QUI
3. buone pratiche di bonifiche di aree con ex centrali a carbone
4. ricognizione dei sistemi di finanziamento europei e anche privati (banche istituti di crediti, fondi) per riconversioni di aree
5. ricognizione di buone pratiche di riconversione di aree industriali assimilabili
6. verifica sulle modalità di coinvolgimento della industria locale in progetti di industria da economia circolare
7. elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed estere, di un modello di valutazione per scenari sia sotto il profilo ambientale economico che sociale
8. elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed estere, di un modello di governance partecipata per la elaborazione, valutazione approvazione di un progetto di riuso dell'area ex Enel. Partendo da un accordo tra gli enti interessati che ne definisca i passaggi amministrativi.

La bonifica dell’area Enel: ultime novità e cosa manca
Sul Secolo XIX dello scorso 21 marzo è stata pubblicata la notizia che secondo documenti Enel ma condivisi dal Comune non ci sarà bisogno di bonificare l’area che ha interessato per anni l’attività della centrale soprattutto se in quell’area verrà mantenuta la destinazione ad uso industriale.
Quello che esiste in riferimento allo stato dell’inquinamento in atto nell’area della centrale Enel è contenuto in un documento che si chiama Relazione di Riferimento (per il testo vedi QUI). Questo documento del 7 gennaio 2016 è previsto dalla normativa che disciplina la attuale autorizzazione alla centrale la c.d. Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Ma di cosa si tratta e soprattutto questo documento dimostra che davvero non c’è bisogno di bonificare l’area della centrale come afferma confusamente la dichiarazione del Comune?
La Relazione di Riferimento presentata per la centrale Enel di Spezia così conclude: “le sostanze pericolose individuate in relazione all’assetto di funzionamento della centrale non comportano possibili contaminazioni del suolo e delle acque sotterranee escludendo quindi la presenza di sostanze pertinenti cioè di sostanze disciplinate dal decreto n. 272 del 2014 che disciplina le modalità di redazione della Relazione di Riferimento” ( vedi QUI).
Tutto bene quindi? No! e si ricava proprio dalla stessa Relazione di Riferimento presentata da Enel.

Cosa manca nella relazione di riferimento
La relazione infatti relativamente all’area dei carbonili afferma che dopo la presentazione dell’analisi di rischio (fase propedeutica a definire gli obiettivi di bonifica di un’area inquinata) sono ancora in corso i Monitoraggi
Relativamente all’area dei bacini ceneri nella Relazione di Riferimento si afferma: “……Enel ha presentato al Ministero un progetto preliminare di messa in sicurezza e ripristino dei bacini di ceneri; l’iter autorizzativo per l’esecuzione degli interventi è tutt’ora in corse e l’Ente competente è ora la Regione”.

Conclude la Relazione di Riferimento su queste aree della centrale dichiaratamente inquinate:
tutte le attività sopra descritte sono state intraprese al fine di gestire secondo la normativa vigente per le bonifiche i superamenti di legge riscontrati. "Tali contaminazioni non saranno pertanto trattate nell’ambito della presente Relazione di Riferimento" Intanto non è vero che non si debba tener conto delle attività di bonifica in corso nella relazione di riferimento. Se noi andiamo a vedere la definizione di Relazione di Riferimento del DLga 15272006 lettera v-bis comma 1 articolo 5 in essa si afferma: “Le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento.” Ovvio che qui si fa riferimento alla normativa sulle bonifiche tanto che il concetto è ripreso nel comma 9-quinquies dell’articolo 29-sexies sempre del DLgs 152/2006.

Non solo ma a conferma ulteriore soccorre il concetto di sito interessato dalla Relazione di Riferimento. Il riferimento al sito non è (come chiariscono le linee guida della UE Comunicazione del 2014) solo quello strettamente limitato al perimetro della installazione ma anche al territorio circostante per valutare se ci sono inquinamenti in atto e poterli poi confrontare con la situazione  del sito dopo la fine dell’esercizio della installazione.

D’altronde se uno confronta l’indice della Relazione di Riferimento di Enel con quello previsto dalle Linee guida della UE (vedi QUI) su come deve essere svolta la Relazione di Riferimento capisce che la Relazione Enel è stata svolta un poco affrettatamente (vedi Nota 3 al presente post)

Inoltre la questione della garanzie finanziarie ai fini della copertura dei costi necessari per la restituzione dell’area in condizioni ambientalmente sostenibili. Enel afferma in premessa alla Relazione di riferimento di aver versato copia del versamento effettuato ai sensi del Decreto 272 del 2014. Il punto che la normativa è cambiata in materia o meglio è stata specificata dal Decreto 26 Maggio 2016 (vedi QUI) che ha specificamente disciplinato i criteri da tener conto nel determinare l’importo delle garanzie finanziarie da versare per chi è obbligato alla Relazione di riferimento. Questo obbligo costituisce attuazione del principio chi inquina paga quindi andrebbe coordinato con la normativa sul danno ambientale (vedi considerando n. 25 della Direttiva 2010/75/UE madre del DLgs 46/2014).
Infine la Relazione di Riferimento dell’Enel riporta una analisi sul rischio di incidente rilevante ai sensi della normativa Seveso III. Sul punto ci sono grosse rimozioni allo stato attuale di adeguamento della centrale Enel a questa normativa e soprattutto alla sua più recente normativa soprattutto in termini di trasparenza e coinvolgimento dei cittadini, per non parlare delle omissioni da parte della Amministrazione Comunale, come ho spiegato QUI.
Ci pare che siano molte le questioni che l'Amministrazione Comunale debba chiarire su questa vicenda.




NOTA 1  La Perizia Annovi, Cocheo, Cruciani,  (Perizia tecnica in incidente probatorio nei procedimenti n° 2540/91 R.G. notizie di reato e n° 6656/91 R.G. GIP contro Benedetti Luigi ed altri – Ufficio del GIP della Pretura Circondariale di La Spezia. Vol. I, Vol. II, Appendice) già nel gennaio 1993 affermava senza ombra di dubbio che: “Esiste un rapporto di causalità fra emissioni della CTE Enel e ricadute nelle zone limitrofe duplice, riguardando sia le immissioni non visibili che quelle visibili dalla popolazione” e che “ E’ stato accertato che esiste un nesso di causalità fra funzionamento della centrale ed aumento della deposizione gravinometrica in alcune località limitrofe all’impianto”. 
Sulla base di quella perizia i dirigenti Enel patteggiarono la pena ammettendo la loro responsabilità per le ripetute emissioni anomale. 
Nel procedimento penale relativo alla violazione della legge Merli (in vigore all’epoca, siamo negli anni 90) il giudice, utilizzando le perizie dell’USL 12 e dell’IRSA relative al giudizio di legittimità davanti al TAR (sull’ordinanza di chiusura della CTE Enel per violazione dei limiti agli scarichi termici), stabilì che si fosse verificato un danno ambientale condannando i due direttori della CTE e riconoscendo i diritti alle parti civili attraverso una provvisionale di £. 50.000.000; tale somma doveva essere considerata un anticipo sul risarcimento totale del danno che, secondo la perizia a firma Prof. Finzi Contini (che sosteneva essere già in atto, e da tempo, una gravissima compromissione ambientale del golfo della Spezia), veniva prudenzialmente quantificato in 229 miliardi del vecchio conio.
Ovviamente le varie Amministrazioni succedutesi in questi anni non solo non hanno mai attivato le cause civili possibili sulla base delle suddette sentenze penali ma neppure hanno posto la questione del risarcimento del danno ambientale sia al momento della autorizzazione del 1996 che ora in sede di rilascio dell’AIA e della relativa convenzione allegata. Anzi hanno perfino rimosso una relazione commissionata dalla stessa Amministrazione Comunale, grazie soprattutto alla azione dell’allora Avvocato Civico Accordon che nel  Marzo 2000 aggiornava i costi dei danni ambientali prodotti dalla presenza della centrale nel nostro territorio.

NOTA 2  La Convenzione limitandosi a chiedere qualche generico finanziamento alle fonti rinnovabili e ad una limitata attività di formazione e ricerca rimuove il problema del risarcimento del danno ambientale prodotto dalla centrale  al nostro ecosistema e alla nostra economia soprattutto marina.  
Tutto ciò avviene quindi  in totale violazione del principio chi inquina paga come tradotto dalla Direttiva sul risarcimento danno ambientale e dalla più recente giurisprudenza, ad esempio TAR Campania 3727/09: “ Il principio comunitario “chi inquina paga”, piuttosto che ricondursi alla fattispecie illecita integrata dal concorso dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall’elemento materiale, imputi il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit analysis”, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente.". 
Questo articolo 6 ci porta lontani anni luce dalla interpretazione prevalente nella UE del principio chi inquina paga; dove questo principio (proprio perché distinto specificamente nel Trattato di funzionamento delle Istituzioni UE)  assume i caratteri di principio orizzontale: 
1. la precauzione deve ispirare l’azione preventiva 
2. l’azione preventiva  deve essere preferita alla correzione 
3. la correzione alla fonte degli inconvenienti ambientali deve imporsi rispetto alle forme di risarcimento per equivalente
4. il risarcimento del danno fondato sui meccanismi della responsabilità civile riveste la funzione di strumento di chiusura del sistema in grado di fornire un minimo di protezione a tutte le situazioni non altrimenti  tutelabili.

In altri termini il principio chi inquina paga se correttamente applicato e introdotto nella Convenzione in esame avrebbe costituito lo strumento  di chiusura dei principi tipici dell’AIA a cominciare da quello di precauzione della specificità del sito. 
Vale a dire che 
1. definiti scientificamente il  danno ambientale e le criticità sanitarie del sito interessato dalla centrale (principio di specificità del sito) 
2. applicate misure di modifica del modello gestionale dell’impianto in chiave di  tutela sanitaria (principio di precauzione)
3. si passava a  quantificare il danno ambientale sotto il profilo socio economico e su questa base si andava ad elaborare una proposta di convenzione (principio chi inquina paga)
Che non ci sia la volontà di applicare questo successione istruttoria,  peraltro perfettamente ammessa dalla legge vigente,  lo dimostrano le premesse della bozza di convenzione dove non solo si rimuovono tutte le problematiche incidentali emerse  in decenni di funzionamento della centrale ma soprattutto si  accettano le dichiarazioni di principio di Enel su interventi di risanamento ambientale in gran parte non realizzati come ha dimostrato molto bene il Comitato Spezia via dal carbone nei suoi documenti ufficiali e nei suoi esposti, nonché nel suo comunicato sulla bozza di Convenzione. 

NOTA 3 
LE FASI PER LA REDAZIONE DELLA RDR (PARAGRAFO 5 DELLA COMUNICAZIONE UE)
In particolare:
Fase 1: identificazione delle sostanze pericolose attualmente usate, prodotte o rilasciate nell’installazione

Fase 2: identificazione delle sostanze pericolose pertinenti

Fase 3: valutazione della possibilità di inquinamento locale
Quindi se alla luce di queste tre Fasi  si rileva che le quantità di sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate nell’installazione o delle caratteristiche del suolo e delle acque sotterranee del sito, non possono  produrre alcuna significativa  contaminazione del suolo o delle acque sotterranee, la  RdR non è richiesta.

Fase 4: storia del sito. Si tratta di elencare gli usi precedenti del sito, dal sito vergine alla costruzione dell’installazione proposta. Stabilire se tali usi possano aver comportato l’utilizzo di una qualsiasi delle sostanze pericolose pertinenti identificate nella fase 3

Fase 5: contesto ambientale. Mentre lo scopo delle fasi da 1 a 4 è localizzare i punti del sito in cui in futuro potrebbero verificarsi emissioni e quelli in cui potrebbero essersi già verificate, la fase 5 mira a stabilire il destino di tali emissioni, gli strati del suolo e le acque sotterraneeverosimilmente interessati e, di conseguenza, l’estensione superficiale e la profondità del terreno da caratterizzare.
Fase 6: caratterizzazione del sito La descrizione del sito dovrà illustrare segnatamente l’ubicazione, il tipo, la portata e la quantità dell’inquinamento storico e le potenziali fonti di emissione future, indicando gli strati e le acque sotterranee che potrebbero essere interessati da tali emissioni.

Fase 7: ricognizione sul campo (Vedi Appendice alla Comunicazione  :”Lista di controllo per la ricognizione sul campo e la relazione di riferimento”). Se le informazioni ricavate dalle fasi da 1 a 6 sono sufficienti per caratterizzare il sito sia orizzontalmente che verticalmente per definire la situazione di riferimento in termini di livelli quantificati di inquinamento del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose pertinenti, si passerà direttamente alla fase 8.

Fase 8: stesura della relazione di riferimento (Vedi Appendice alla Comunicazione :”Lista di controllo per la ricognizione sul campo e la relazione di riferimento”). La relazione di riferimento dovrà:
- essere presentata in un formato logico e strutturato;
- contenere informazioni sufficienti a stabilire l’ambito e gli effetti della/delle attività attuali oggetto dell’autorizzazione, ivi incluse le date di tutte le misurazioni del suolo e delle acque sotterranee pertinenti;
- fornire una descrizione chiara e accurata dei metodi utilizzati e dei risultati ottenuti dalla valutazione, nonché l’ubicazione di eventuali opere intrusive, pozzi, fori di sondaggio e altri punti di campionamento in base a un sistema di georeferenziazione standardizzato;
- fornire una descrizione chiara delle tecniche analitiche utilizzate per determinare le concentrazioni di sostanze pericolose nel suolo e nelle acque sotterranee con riferimento, ove appropriato, alle norme nazionali o internazionali utilizzate, nonché alle eventuali linee guida nazionali vigenti al momento delle indagini;
- dichiarare le incertezze e i limiti scientifici dell’approccio adottato nell’elaborazione della relazione;
- includere tutti i dati tecnici pertinenti (misurazioni, certificati di calibrazione, norme analitiche, accreditamenti, elaborati cartografici, registri di campionamento ecc.) in modo tale da garantire, al momento della cessazione definitiva, la possibilità di effettuare un raffronto quantitativo valido.


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