SEZIONI DI APPROFONDIMENTO E DOCUMENTAZIONE

venerdì 20 maggio 2016

La Valutazione di Impatto Sanitario nelle decisioni ambientali

Una analisi su come la tutela preventiva della salute è considerata nella normativa che disciplina le principali valutazione e/o autorizzazioni a rilevanza ambientale : in Europa, in Italia, nella Regione Liguria, letta anche secondo i principi della giurisprudenza nazionale.  
In particolare verranno messi in rilievo i reali poteri dei Sindaci in questa materia che sono ben più rilevanti di quanto non si voglia far credere ai cittadini disinformati volutamente da chi detiene il potere anche a livello locale.
 
LA TUTELA DELLA SALUTE NEI PRINCIPI DEI TRATTATI  DELLA GIURISPRUDENZA UE E NAZIONALE

La salute e il Trattato UE
Secondo il paragrafo 1 dell’articolo 168 del Trattato di Funzionamento della UE:  “1. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.  L'azione dell'Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale.
È indiscutibile come l’obiettivo della tutela della salute umana sia elemento imprescindibile di tutte le politiche della UE e quindi anche delle sue normative ma impegni la UE e di conseguenza gli stati membri a realizzare questo obiettivo organizzando le strutture nazionali degli Stati Membri della sanità pubblica in modo adeguato al suo raggiungimento.


Ambiente e salute nella giurisprudenza della Corte di Giustizia
Un contributo a chiarire la questione è sicuramente dalla Corte di Giustizia nelle sue decisioni in materia di base giuridica delle azioni ambientali della UE. Secondo la Corte è attribuibile alla nozione di ambiente  tutto ciò che la Comunità esamina, decide e approva sulla base delle disposizioni contenute dagli art. 191 e seguenti e cioè di tutte quelle norme ricomprese nel nuovo titolo XX del Trattato (versione precedente titolo XVI):
1. salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente,
2. protezione della salute umana,
3. utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,
4. promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.

Quindi la nozione di ambiente resta così una nozione aperta e mutevole,  ma delimitata dagli obiettivi della politica ambientale della UE.

Non a caso la nuova direttiva 2003/4 (accesso del pubblico alle informazioni ambientali)  che ha sostituito la Direttiva del 1990, introduce nel concetto di informazioni ambientali accedibili anche quelle relative  allo stato della salute e della sicurezza umana,compresa la contaminazione della catena alimentare,ove pertinente, le condizioni della vita umana.


Il principio di precauzione nelle procedure a rilevanza ambientale
Il TFUE all’articolo 191, prevede quanto segue: La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga>>”.
In generale la giurisprudenza UE ha finito per recepire l’interpretazione della Commissione per cui il principio di precauzione può essere invocato soltanto quando – pur in assenza di certezze scientifiche – un determinato rischio è individuato[1]. Inoltre poiché la Precauzione rientra tra i principi del diritto comunitario i giudici non possono farne applicazione diretta, ma devono piuttosto utilizzarla per l’interpretazione e applicazione degli atti legislativi o esecutivi adottati nei vari settori. Possiamo quindi dire che il principio di precauzione è oggi una norma cogente di diritto internazionale consuetudinario (L. Butti in RGA 6/2006 pag. 822)

il parere del Comitato Economico Sociale della UE  sul principio di precauzione del 12/7/2000 afferma che con riferimento a valori limite legali dei singoli inquinanti: “ non bisogna idealizzare le cifre , dal momento che la promozione della valutazione dei rischi deve inserirsi in un dispositivo di negoziato sociale. Il suo vero ruolo sociale è quello di fornire le basi del dialogo” (punto 2.14) .  Si veda anche Trib UE di I grado 11/9/2002 T13/99  secondo cui la valutazione dei rischi va completata con l’individuazione del livello di protezione che le istituzioni comunitarie reputano appropriato per la società e che la legittimazione scientifica non è sufficiente a giustificare l’esercizio dei pubblici poteri

Con sentenza n. 2495 del 18 maggio 2015 (vedi QUI) il Consiglio di Stato ha riconosciuto la legittimità del giudizio di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)  di un centrale di raccolta e trattamento gas estratto e la costruzione di un metanodotto di allacciamento alla rete.

In particolare nel riconoscere la suddetta legittimità il Consiglio di Stato ha riconosciuto la validità della motivazione del giudizio di VIA negativo fondata sul Principio di Precauzione (per una analisi di questa sentenza vedi QUI). 



TUTELARE LA SALUTE NON VUOL DIRE SOLO FARLA PESARE NEI PROCESSI PROCEDIMENTI DECISIONALI MA CAMBIARE IL MODELLO DI GOVERNO DELLE POLITICHE AMBIENTALI APPLICANDO I PRINCIPI DI DIRITTO COMUNITARIO  A COMINCIARE DA QUELLI DI INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE AMBIENTALI NELLE ALTRE POLITICHE SETTORIALI  NONCHÉ DI PRECAUZIONE E PREVENZIONE

In particolare decisiva è la sistematizzazione delle procedure autorizzatorie con sistemi di contabilità ambientale di area
secondo le migliori indicazioni che emergono dall’attuazione:
• della Convenzione di Aarhus,
• della direttiva sull’accesso alle informazioni ambientali,
• del Protocollo di Kiev sull’attività di reporting ambientale di impresa e di area e sui nuovi registri per le
emissioni inquinanti e i loro trasferimenti (PRTR)
Ciò potrà servire per autorizzare non solo le attività e gli impianti compatibili con la normativa di settore o
con gli strumenti di pianificazione territoriale e di programmazione anche sovraordinati, come è avvenuto
con i risultati che sappiamo, ma anche tenendo conto degli impatti cumulativi e della specificità ambientale
e sanitaria di un dato territorio

Occorre riprendere, adeguandoli alle diverse realtà locali, gli indirizzi della Raccomandazione UE 2001/331/CE. Secondo questa Raccomandazione, la pianificazione dei controlli ambientali (a più livelli: nazionale, regionale e locale) dovrà svolgersi seguendo i seguenti criteri di riferimento:
- prescrizioni della normativa comunitaria
- registro degli impianti controllati nell’area del piano di controllo
- valutazione stato ambiente dell’area del Piano
- valutazione osservazioni prescrizioni da parte degli impianti controllati

In tal senso quindi i soggetti pubblici preposti dovranno riordinare il sistema pubblico dei controlli in modo da
- distinguere i servizi competenti alle autorizzazioni da quelli di controllo
- pianificare i controlli per ecosistemi o sistemi ambientali integrati
- pianificare i controlli partendo dalla registrazione degli impianti e attività presenti in un’area
accompagnati dalla valutazione dei problemi ambientali dell’area interessata.
- introdurre la prevenzione sanitaria sulle procedure di controllo anche tenuto conto di adeguate indagini epidemiologiche.
- avviare procedure straordinarie di controllo per i casi limite come ad es. casi di siti di bonifica nazionale o comunque a inquinamento diffuso o da fonti diversificate e /osu area vasta. Non a caso la stessa Raccomandazione della UE distingue tra programmi ordinari e straordinari di controllo.



VISTI I PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI PREVENZIONE NELLA AZIONE PUBBLICA DI TUTELA DELL’AMBIENTE E DELLA SALUTE VEDIAMO LA NORMATIVA SETTORIALE COSA DICE :VIA – VAS – AIA

Salute e  normativa UE  nazionale  e ligure sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
La nuova Direttiva 2014/52/UE[2] modificando l’articolo 3 della Direttiva 2011/92/UE  ha ridefinito i fattori che devono essere presi in considerazione per valutare gli effetti ambientali del progetto oggetto della VIA. Vengono introdotti rispetto la testo precedente i seguenti fattori:
1. Territorio
2. Popolazione e salute umana
3. Biodiversità

L’allegato III alla Direttiva 2011/92 come modificata dalla Direttiva 2014 nei criteri per verificare la assoggettabilità a VIA  devono  essere presi in considerazione i “rischi per la salute umana” dovuti alle caratteristiche del progetto.
Quindi anche i potenziali rischi per la salute determinati dai caratteri del progetto, una volta confermati,  verranno in considerazione per verificare la significatività e quindi anche la dimensione degli impatti del progetto in rapporto  (vedi punto 3 dell’allegato III):
alla estensione ed intensità dell’impatto
alla probabilità dell’impatto
alla insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto
al cumulo tra l’impatto del progetto con altri progetti esistenti e approvati
alla possibilità di ridurre l’impatto

Invece  l’ Allegato V alla Parte II DLgs 152/2006 sui Criteri verifica assoggettabilità a VIA, non fa alcun  riferimento alla salute


L’allegato IV alla Direttiva 2011/92 come modificata dalla Direttiva 2014 prevede, al punto 4,  che il Rapporto di Valutazione dell’Impatto Ambientale (il SIA nella precedente versione precedente Direttiva) descriva lo stato della salute umana nel sito interessato dal progetto in relazione (punto 5) ai potenziali rischi alla salute umana  producibili dallo stesso. 
L’allegato VI alla Parte II del DLgs 152/2006 relativamente al contenuto che deve avere lo Studio di Impatto Ambientale afferma che occorre, tra l’altro, “c)una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione eccettera) risulta tanti dall’attività del progetto proposto;”

Quindi….. Il Dlgs 152/2006 non si è ancora adeguato al nuovo testo della Direttiva 2011/92 come modificata da quella del 2014 ma la lettera b) comma 4 articolo 4 del DLgs 152/2006 prevede come principio generale che: ”la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana,…”.


Molto meglio è  il vecchio Dpcm 27/12/1988 (mai abrogato ma solo modificato[3]) che definisce il contenuto degli studi di impatto ambientale che devono accompagnare il progetto sottoposto a VIA , all’allegato 2 contiene una sezione F Salute Pubblica[4]. Questo decreto è applicabile ai progetti ed opere sottoposti a VIA statale (allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006) ma anche,  per quanto non disciplinato a livello regionale, anche ai progetti sottoposti a VIA di competenza delle Regioni. Questo Dpcm  tutt’ora costituisce attuazione con quanto previsto dall’allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006 (contenuti dello studio di impatto ambientale).
Tale sezione F è citata non a caso nelle linee guida per la VIIAS del sistema delle Arpa e Ispra del 2015


Cosa prevede la normativa ligure  su VIA e Salute?
La DGR 1660/2013 sulle norme tecniche sulla  VIA ordinaria 
Relativamente al contenuto del SIA fa solo riferimenti indiretti alla salute
Ad esempio,articolo 11, nel prendere in esame il comparto Aria il SIA deve prevedere, nel caso  di emissioni che potenzialmente possano creare disagi, dei modelli di ricaduta delle emissioni al suolo si pensi ad esempio agli odori.
Tali modelli devono simulare i possibili scenari di esposizione della popolazione e degli ecosistemi, ai fini della valutazione del rischio tossicologico ed ecotossicologico associabile all’intervento proposto.

Relativamente al comparto acqua Devono inoltre essere simulati i possibili scenari di esposizione della popolazione e degli ecosistemi, ai fini della valutazione del rischio tossicologico ed ecotossicologico associabile all’intervento proposto.

La tabella 1[5]  della Delibera regionale sopra citata: sulla situazione  zero (stato attuale del sito senza la realizzazione del progetto da valutare) non si prevede alcuna documentazione che dimostri lo stato attuale della salute nell’area interessata dal futuro progetto sottoposto a VIA.

Nella DGR 1661/2013 relativa alle norme tecniche per la verifica di assoggettabilità a VIA non c’è alcun riferimento diretto alla salute.


La normativa UE e nazionale sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
L’allegato II alla Direttiva 2001/42/CE afferma che ai fini della verifica della assoggettabilità a VAS si dovrà tenere conto anche gli effetti del Piano/Programma sui rischi per la salute umana.
L’allegato I alla Direttiva 2001/42/CE afferma che il Rapporto Ambientale che accompagna il Piano/Programma ai fini della VAS  ordinaria deve contenere le informazioni circa gli effetti significativi sulla salute umana.

L’allegato I alla parte II del DLgs 152/2006 (che ha recepito la Direttiva 201/42/CE) prevede tra i criteri per verificare la assoggettabilità di Piani e Programmi alla VAS ci siano anche i “rischi per la salute” (vedi punto 2) . La lettera f) dell’allegato VI alla parte II del DLgs 152/2006 prevede che il Rapporto Ambientale, che deve accompagnare il piano/programma ai fini della VAS, debba contenere anche i possibili impatti del piano/programma sulla “salute umana”.  In questo caso il quadro di riferimento degli impatti sulla salute umana inciderà:
1. sulla valutazione delle alternative prese in considerazione nel Rapporto Ambientale (lettera h allegato VI)
2. sul piano di monitoraggio per valutare ex post gli impatti (lettera i allegato VI)


Cosa prevede la normativa Ligure sul rapporto VAS e salute
L’allegato B alla legge regionale ligure 32/2012 contenuto rapporto ambientale preliminare
"2.2 Accertamento delle criticità ambientali e del territorio Definizione dello stato, delle tendenze e criticità delle componenti ambientali e antropiche pertinenti il PP, a riscontro dei contenuti del quadro conoscitivo di riferimento del PP stesso"

L’allegato c alla legge regionale 32/2012 relativamente al contenuto del rapporto ambientale che deve accompagnare il Piano/Programma ai fini della valutazione del suo impatto prevede che relativamente agli aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente  e quindi allo inquadramento territoriale, socio economico e demografico e quadro di analisi attraverso l’individuazione di informazioni territoriali di base e la definizione dello stato quali-quantitativo dei vari comparti/risorse: anche il riferimento alla salute umana


La normativa UE  e nazionale sulla Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
Nella Direttiva 2010/75/UE al punto 2 articolo 3  la definizione di inquinamento ai fini del rilascio dell’AIA riguarda anche la possibilità di “nuocere alla salute umana”.  A conferma che l’istruttoria che porta al rilascio dell’AIA riguarda la tutela della salute umana si veda:
1. il considerando 18 alla Direttiva prevede che tra gli obiettivi della stessa ci sia anche la necessità di autorizzazione a tutte quelle modifiche delle installazioni esistenti che possano  avere significativi  effetti  negativi  sulla  salute  umana  o  sull’ambiente  senza  un’autorizzazione  concessa  conformemente alla presente direttiva
2. le ispezioni non sono limitate a verificare il rispetto delle prescrizioni della autorizzazione ma devono anche monitorare l’impatto ambientale e quindi prevenire il rischio ambientale delle installazione soggette ad AIA. Tutto ciò si traduce in Piano di Ispezione e quindi di Monitoraggio che devono valutare i rischi ambientali distinguendo il criterio di rispetto delle condizioni di AIA da quello degli impatti potenziali e reali delle installazioni autorizzate sulla salute umana (paragrafo 4 articolo 23)

La normativa nazionale oltre a confermare i principi normativi sopra riportati dalla Direttiva comunitaria introduce anche uno strumento amministrativo rilevante a tutela preventiva della salute dei cittadini residenti nel sito interessato dalla installazione soggetta ad AIA.
Il comma 6 dell’articolo 29quater del DLgs 152/2006 (come modificato dal DLgs 46/2014 in attuazione della Direttiva 2010/75) conferma l’obbligo che, in sede di conferenza dei servizi per il rilascio dell’AIA,  sia rilasciato il parere del Sindaco ai sensi del T.U. leggi sanitarie con le relative prescrizioni, acquisite nel verbale della Conferenza dei Servizi stessa. Devono essere presentati anche le proposte dell’ISPRA, per l’AIA di competenza statale, ed inoltre il parere delle Arpa competenti per l’AIA di competenza regionale.
La novità sta nelle eliminazione della parte del superato comma 7 che affermava: “In  presenza  di   sindaco,  qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può chiedere  all'autorità  competente  di verificare la necessità di riesaminare l'autorizzazione rilasciata, ai sensi dell'articolo 29-octies.”

Viene però introdotto un nuovo comma 7 che recita: “In  presenza di circostanze  intervenute  successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo,  il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della  salute  pubblica, può, con proprio motivato provvedimento,  corredato  dalla  relativa documentazione  istruttoria e da  puntuali  proposte  di   modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies.

Va in particolare rilevato come a differenza della precedente versione l’intervento del sindaco assume esplicitamente natura provvedimentale in coerenza con i poteri sindacali in qualità di massima autorità sanitaria sul territorio ex articolo 217 del T. U. leggi sanitarie (RD 27 luglio 1934, n. 1265).

Sulla natura giuridica di questo Parere è intervenuto il TAR Lazio sezione Latina con sentenza n.819 del 2009 che ha precisato:
1. Il Parere Sanitario è  Di Competenza del Sindaco e non della Giunta perché rientra nelle sue Competenze di massima Autorità  Sanitaria  e quindi non può essere rilasciato dal Dirigente
2. Il Parere Sanitario non può essere superato e/o sostituito dal Parere dell’Arpa nella Conferenza dei Servizi propedeutica alla decisione finale sull’AIA
3. Il Parere Sanitario negativo  del Sindaco, se adeguatamente motivato, può essere di ostacolo al rilascio della AIA  dopo la conclusione della Conferenza dei Servizi








LA NORMATIVA PIÙ RECENTE IN MATERIA DI DANNO SANITARIO

La Valutazione del Danno Sanitario nell’AIA delle imprese strategiche: legge 231/2012 e legge n. 89 del 3 agosto 2013

Sono considerate stabilimenti di interesse strategico (ex art. 1 legge 231/2012) quelli individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, quando presso di esso sono occupati un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno, qualora vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione

L’articolo 1-bis della legge 231/2012 prevede che in tutte le aree interessate  dagli  stabilimenti  dichiarati di interesse strategico, l'azienda sanitaria locale e l'Agenzia regionale  per  la  protezione dell'ambiente competenti  per  territorio  redigono congiuntamente,  con  aggiornamento  almeno annuale,  un rapporto di Valutazione del  danno sanitario (VDS)  anche sulla base del registro  tumori  regionale  e  delle  mappe epidemiologiche  sulle  principali  malattie di carattere ambientale. Il comma 2 dell’articolo 1-bis  rinvia  ad un decreto ministeriali la definizione dei criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di VDS.

Secondo il comma 7  della legge 89/2013 il rapporto  di  valutazione del danno sanitario  non  può  unilateralmente modificare le prescrizioni dell'AIA in corso di validità, ma legittima la regione competente a chiedere il riesame della stessa ai sensi del comma 4 articolo 29-octies del DLgs 152/2006[6].

Il Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013[7] costituisce attuazione di quanto previsto dal comma 2 articolo 1bis del decreto-legge 3 dicembre 2012,  n.  207,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge  24  dicembre  2012,  n.  231 (per un commento vedi in questa voce AIA 2013). In particolare   il Decreto risponde alla necessità di  mettere a disposizione dell'amministrazione strumenti tecnici adeguati e uniformi per poter efficacemente indirizzare le azioni volte a mitigare, attraverso il riesame delle AIA, il rischio sanitario ed ambientale nelle aree interessate dagli stabilimenti di preminente interesse pubblico come definiti dalla sopra citata  legge 231/2012 ma anche dalla legge 89/2013 (vedi in questa voce AIA 2013).

L’allegato al decreto contiene i criteri metodologici per la redazione del Rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (di seguito VDS).


La Valutazione di Impatto Sanitario nella VIA di alcune categorie di opere 
L’articolo 9[8] della legge  28 dicembre 2015, n. 221 introduce l’obbligo di svolgere prima del provvedimento finale di VIA una Valutazione di Impatto Sanitario su iniziativa del proponente il progetto da sottoporre a VIA.
Questo obbligo però si applica solo ad alcune categorie di progetti sottoposti a VIA secondo la vigente normativa, in particolare:
1. Raffinerie di petrolio greggio, impianti di gassificazione e liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (punto 1 allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006)
2. centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW  (punto 2) allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006).

Riguardo ai contenuti della Valutazione di Impatto Sanitario l’articolo 9 (introducendo il comma 5-bis all’articolo 26 del DLgs 152/2006) rinvia alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità. Inoltre per le attività di controllo e di monitoraggio relative alla valutazione di impatto sanitario l'autorità competente si avvale dell'Istituto superiore di sanità, che opera con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La norma costituisce una integrazione a quanto previsto dal Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013 (esaminato al paragrafo 5.3. del presente Paper) che prevedeva l’introduzione della VIS nelle procedure di AIA ma solo per le installazioni definite strategiche, quindi per ora applicabile solo al caso Ilva.

La norma ora introdotta positivamente estende l’obbligo della VIS a tutti gli impianti che rientrano nelle due categorie sopra esaminate in caso di applicazione della VIA.

I limiti di questa norma sono i seguenti:
1. non si applica a tutte le altre categorie di progetti sottoponibili a VIA ex allegato II alla Parte II del DLgs 152/2006. Progetti che possono avere impatti sanitari se non maggiori quanto meno simili a raffinerie, gassificatori, rigassificatori e centrali termolettriche;
2. non si applica alle procedure di AIA almeno per le installazioni più impattanti, considerato che non sempre AIA e VIA avvengano contemporaneamente sullo stesso impianto e/o progetto;
3. per definire il contenuto della VIS si faccia rinvio a successive linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità e non si citino quelle già esistenti prodotte dal sistema delle Agenzie Ambientali e dall’Ispra di cui ho trattato nei capitolo 7,8 e 9 del presente Paper
4. la previsione che le risorse da utilizzare per applicare la VIS non debbano comportare nuovi oneri per la finanza pubblica, il che significa di fatto l’impossibilità per l’ISS di svolgere i compiti che questa norma gli assegna.  Non comprendendo che la VIS prevenendo l’impatto sanitario ridurrà complessivamente i costi sanitari anche pubblici per cifre per maggiori di quelle necessarie per il suo funzionamento e applicazione concreta.
5. la mancata definizione dei passaggi formali che l’ISS dovrà svolgere per integrare la attività del valutatore cioè l’Autorità Competente al rilascio del provvedimento di VIA.

Questi 5 limiti, tutti insieme,  potranno comportare una sostanziale non applicazione di questo nuovo strumento di valutazione pur introdotto obbligatoriamente nel nostro ordinamento dalla nuova legge sopra descritta.



INDUSTRIE INSALUBRI: CONSIGLIO DI STATO CONFERMA I POTERI DEI SINDACI!

La giurisprudenza del Consiglio di Stato
Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato 27/5/2014 n. 2751 (vedi QUI) afferma principi chiarissimi sulla collocazione delle industrie insalubri nelle vicinanze di aree residenziali.

Si tratta di una normativa, quella delle industrie insalubri, poco considerata dai nostri amministratori locali come dimostrano molte vicende anche recenti: impianto di trattamento rifiuti in località Saliceti od impianto inerti in località Lagoscuro od ancora la cava Fornace sopra Pegazzano (per questa ultima vedi QUI).  

Una normativa che riconosce un rilevante potere, ai Comuni sotto il profilo della pianificazione urbanistica e al Sindaco sotto il profilo di ordinanza nella sua veste di Autorità Sanitaria, per tutelare la salute contro le attività considerate industrie insalubri.

Ma cosa dice questa sentenza del Consiglio di Stato?  Vediamo riassunti, in termini generali quindi a prescindere dal fatto giudicato, i principi di regolamentazione della localizzazione di queste attività:
1. l’opportunità di una diversa ubicazione dell’impianto in ragione della vicinanza dello stesso agli insediamenti abitativi, in deroga alla distanza minima di 500 metri prevista nell’ambito dei non impugnati criteri generali di autorizzabilità per settori omogenei produttivi approvati dal Comitato Regionale contro l’inquinamento atmosferico (siamo nella Regione Emilia Romagna) nella seduta del 20.5.1991, e della conseguente esigenza di tenere nel debito conto gli interessi di matrice ambientale e sanitaria;

2. se con adeguata motivazione, l’attività  insistente su un sito che dista poche decine di metri dalle abitazioni più vicine, si dimostra che non avrebbe prodotto benefici occupazionali e infrastrutturali apprezzabili in via comparativa, soggiungendo che neanche l’importanza, per l’interesse collettivo, dello smaltimento delle spoglie animali avrebbe giustificato il potenziale vulnus ai prevalenti interessi di ordine ambientale riguardanti l’igiene e la salute dei residenti;

3. che le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale possono stabilire distanze di sicurezza adeguate (la sentenza in esame fa riferimento ad esempio a 100 ml) per le industrie insalubri di 1^ classe ispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza

4. la fascia di rispetto, dalla collocazione di dette industrie insalubri,  riguarda non solo i confini delle zone residenziali ma anche “preesistenti edifici destinati a residenza”

5. se le distanze adeguate (stabilite dalle prescrizioni regionali, dalle autorizzazioni alle emissioni, dalle norme attuative dei piani urbanistici) non sono rispettate anche gli ampliamenti/ammodernamento degli insediamenti esistenti  sono preclusi, con deroghe al massimo per le costruzioni residenziali e produttive che eventualmente dovessero sorgere in terreni confinanti e non per la localizzazione di un impianto insalubre

6. se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli abitati,  non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Cons. Stato, V n.338/1996).


La normativa sulle industrie insalubri e i relativi poteri del sindaco non sono superati dalle eventuali autorizzazioni ambientali
Come ho già analizzato in precedenza l’AIA richiede comunque obbligatoriamente il rilascio del Parere del Sindaco.
Non solo ma occorre aggiungere che questo ruolo del Sindaco, sia sotto il profilo del parere sanitario ex normativa sull’AIA che ex normativa sulle industrie insalubri, non può essere superato neppure dal caso in cui la autorizzazione ambientale costituisca ex lege variante automatica alla strumentazione urbanistica locale come a esempio gli impianti di gestione rifiuti.

Relativamente alla eventuale nuova destinazione urbanistica di un impianto inquinante se è pur vero che la autorizzazione agli impianti di gestione rifiuti costituisce, ai sensi della legislazione vigente, variante automatica al Piano Urbanistico Comunale, occorre considerare che: l’interesse sotteso alla realizzazione degli impianti di smaltimento sia pure connotato dall’inerenza ad interessi propri della collettività non è dotato di assolutezza tale da escluderne il bilanciamento con altri interessi pure di rilevanza generale quale l’assetto del territorio urbano e le scelte programmatorie dell’amministrazione.” (TAR Lazio  Sez. II quater, sentenza 7725 del 12.09.2012).
Sul punto  è nuovamente intervenuto il Consiglio di Stato (sentenza n.3119/2015) che ha affermato principi fondamentali anche per gli impianti esistenti in rapporto alla pianificazione urbanistica comunale e quindi ai poteri dei Sindaci anche in materia di prevenzione sanitaria:
1. è legittimo un piano urbanistico che ponga un divieto generalizzato in un area del Comune ai fini di tutela ambientale e del suolo in particolare
2. la definizione di impianto nuovo o di ampliamento deve rispettare la finalità di tutela ambientale del divieto posto nello strumento di pianificazione urbanistica
3. se si ampliano i tipi di rifiuti e la quantità di rifiuto trattato siamo di fronte ad un nuovo impianto
4. i vincoli ambientali posti dallo strumento di pianificazione legittimano la revoca di un provvedimento favorevole di VIA

Ma il ragionamento svolto per gli impianti soggetti ad AIA vale anche per quelli soggetti alla autorizzazione minore la c.d. Autorizzazione Unica Ambientale (AUA per il testo del regolamento vedi QUI) . Il regolamento di disciplina dell’AUA al comma 1 articolo 3 elenca le autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si fa alcun riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra.  Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri ancor più di quanto non sia per l’impianto di Saliceti.





[1] quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (  CG con sentenza 5/5/1998 C-180/1996   ). Si veda a titolo non cogente ma comunque indicativo la sentenza della Corte Suprema USA (28-6-1993 n. 92-102)  che ha definito una serie di standards di affidabilità probatoria delle conoscenze scientifiche quali:
la falsificabilità e controllabilità delle teorie;
la loro sottoposizione al controllo dei membri della comunità scientifica
la pubblicazione su riviste specializzate
la relativa percentuale di errore conosciuta o potenziale
la diffusa accettazione da parte della comunità scientifica.
[2] Per il testo coordinato tra le due Direttive vedi a questo LINK 
http://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/direttiva-2011-92ue-testo-coordinato
[3]Resta ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.”  Ultima parte comma 1 articolo 34 del DLgs 152/2006
[4] F. Salute pubblica. Obiettivo della caratterizzazione dello stato di qualità dell'ambiente, in relazione al benessere ed alla salute umana, è quello di verificare la compatibilità delle conseguenze dirette ed indirette delle opere e del loro esercizio con gli standards ed i criteri per la prevenzione dei rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo. Le analisi sono effettuate attraverso: a) la caratterizzazione dal punto di vista della salute umana, dell'ambiente e della comunità potenzialmente coinvolti, nella situazione in cui si presentano prima dell'attuazione del progetto; b) l'identificazione e la classificazione delle cause significative di rischio per la salute umana da microrganismi patogeni, da sostanze chimiche e componenti di natura biologica, qualità di energia, rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, connesse con l'opera; c) la identificazione dei rischi eco-tossicologici (acuti e cronici, a carattere reversibile ed irreversibile) con riferimento alle normative nazionali, comunitarie ed internazionali e la definizione dei relativi fattori di emissione; d) la descrizione del destino degli inquinanti considerati, individuati attraverso lo studio del sistema ambientale in esame, dei processi di dispersione, diffusione, trasformazione e degradazione e delle catene alimentari; e) l'identificazione delle possibili condizioni di esposizione delle comunità e delle relative aree coinvolte; f) l'integrazione dei dati ottenuti nell'ambito delle altre analisi settoriali e la verifica della compatibilità con la normativa vigente dei livelli di esposizione previsti; g) la considerazione degli eventuali gruppi di individui particolarmente sensibili e dell'eventuale esposizione combinata a più fattori di rischio. Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, l'indagine dovrà riguardare la definizione dei livelli di qualità e di sicurezza delle condizioni di esercizio, anche con riferimento a quanto sopra specificato.
[5] definizione dei contenuti minimi della documentazione da allegare alla domanda di compatibilità ambientale – elementi base costitutivi dell’illustrazione di sia e progetto da parte del proponente
[6] http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2015/12/le-scadenze-e-la-revisione-dellaia.html#more
[7] Decreto Ministero Salute 24 aprile 2013 “Disposizioni volte a stabilire i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS) in attuazione dell'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231.” (13A06975) (GU Serie Generale n.197 del 23-8-2013)  http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2013-08-23&atto.codiceRedazionale=13A06975&elenco30giorni=false
[8] http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2016-01-18&atto.codiceRedazionale=16G00006&elenco30giorni=false

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