Sul Secolo XIX di oggi, cronaca spezzina, il Sindaco del
Comune capoluogo dichiara in relazione all’impianto recupero di ceneri sul molo
Garibaldi del porto della Spezia: “L’autorizzazione data dalla Provincia con
il consenso di Autorità portuale, Arpal, Asl e Comune è il risultato di un iter
puramente tecnico, rilasciata in coerenza con le normative e secondo una
scrupolosa osservanza dei limiti a tutela della salute e dell’ambiente” Poi successivamente il Sindaco aggiunge e
precisa: “se, da una parte, i tecnici hanno agito correttamente, dall’altra,
visto che il sito è prossimo a quello che deve diventare il nuovo fronte a mare
ed è immediatamente a ridosso degli sbarchi dei crocieristi, ritengo del tutto
giusto mettere in discussione attività di questo tipo che mal si conciliano con
i processi di trasformazione dell’area del primo bacino”.
Ebbene queste due
dichiarazioni apparentemente coerenti sotto il profilo lessicale in realtà sotto
il profilo amministrativo, che trattandosi di istituzioni è quello che conta
nella sostanza, sono in totale contraddizione tra loro. Vediamo perché….
Il ragionamento del
Sindaco in sintesi è questo: l’impianto di recupero ceneri è stato autorizzato
a termini di legge come se fosse “un atto dovuto”, parole sempre del Sindaco. Allo stesso tempo il Sindaco precisa: l’impianto non può essere
compatibile con l’evoluzione dell’area portuale interessata verso la
crocieristica.
Premesso che in campo ambientale, in altri si (vedi
edilizia privata ma anche qui bisogna verificare che non sussistano vincoli
ambientali o di altro tipo), non esistono atti dovuti
in quanto il margine di discrezionalità quanto meno tecnica della autorità
titolare della funzione permane sempre visto che trattiamo di interessi di
rango costituzionale da ponderare tra loro : ambiente, salute, impresa etc.
Premesso quindi quanto
sopra, il ragionamento del Sindaco è assolutamente contraddittorio perché da
un lato sostiene che l’impianto è stato autorizzato secondo una procedura
corretta dall’altro ne paventa in modo esplicito la incompatibilità con il
sito. Ma questo secondo aspetto non è questione meramente politica da
contrapporre al c.d. “atto dovuto” della autorizzazione. Anche la questione
della compatibilità dell’impianto con il sito è questione amministrativa ed
andava affrontata dentro il procedimento di autorizzazione e non dopo come
sta avvenendo.
Relativamente alla compatibilità dell’impianto con il
sito due sono i parametri giuridico
amministrativi da utilizzare per valutarla:
1.
la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)
2.
la verifica di compatibilità di questa nuova attività con la destinazione funzionale
che il Piano Regolatore del Porto prevede per il Molo Garibaldi.
A questi due si potrebbe
aggiungere altri due parametri più specifici:
3. quello
che riguarda la compatibilità non della localizzazione dell’impianto rifiuti in quanto tale ma del
tipo di attività che in esso si svolgerà con il rischio sanitario per
lavoratori e cittadini residenti o comunque frequentanti (vedi passeggeri navi
da crociera per non parlare di residenti e lavoratori) da vicino l’area interessata: Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA)
4.
quello che riguarda non la compatibilità dell’impianto in se con il sito ma del
materiale trattato dall’impianto in relazione alla normativa sulle industrie a
rischio di incidente rilevante
Vediamo entrambe le due
tipologie di parametri :
1. LA PROCEDURA DI VIA
Come è noto, sotto il
profilo ambientale non è l’autorizzazione all’impianto o alla attività che
permette di valutare la sua compatibilità con il sito ma è la procedura di VIA.
In questo caso andava applicata la verifica di assoggettabilità a VIA.
L’installazione in oggetto infatti rientra tra quelle
soggette a Verifica di VIA ai sensi della lettera z-b) paragrafo 7 allegato IV
alla Parte II del DLgs 152/2006 che sottopone a verifica gli impianti che
svolgono una delle operazioni di recupero rifiuti speciali non pericolosi (siamo
di fronte a ceneri leggere dalla
combustione del carbone codice europeo rifiuti n. 10.01.02) elencate
nell’allegato C alla Parte IV del DLgs 152/2006. Tra queste attività c’è anche la
messa in riserva (citata nella
autorizzazione della Provincia) che costituisce attività propedeutica alle
operazioni di recupero dei rifiuti. La soglia in questo caso è addirittura di
10 tonnellate giorno quindi siamo pienamente dentro l’obbligo di Verifica di
VIA.
Ma la conferma di come la procedura di verifica di
assoggettabilità a VIA deve verificare la compatibilità della nuova attività
con il sito sta nel decreto ministeriale (vedi QUI)
che ha stabilito i criteri per svolgere tale procedura da parte delle Regioni.
Stabilendo, nel rispetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che
tutti i criteri dovranno essere valutati per verificare l’applicabilità della
VIA ordinaria, quindi non solo quello della soglia di quantità di rifiuti
trattati ma anche quello della localizzazione dell’impianto nonché
dell’impatto cumulativo con attività esistenti.
Voglio ricordare che siamo in piena
area portuale dove attraccano navi container e passeggeri inquinanti oltre ad
altri fattori quali il rischio di incidenti compresi gli incendi nonché il traffico
dei viali adiacenti al porto. In particolare il decreto ministeriale definisce
l’ambito areale all’interno
della quale si devono considerare le attività esistenti come potenzialmente
cumulative con il progetto sottoposto a verifica di VIA: 1 km a partire
dalla collocazione dell’impianto nuovo. È ovvio che tutto ciò che rientra
dentro questa area debba essere valutato come impatto cumulativo con il nuovo
impianto e siccome attività impattanti esistono questo comporta una riduzione
delle soglie del 50% sulla quantità di rifiuti trattati. Quindi è, direi altamente probabile che la procedura di Verifica, se svolta, porti ad una VIA ordinaria
con la possibilità di chiedere una Inchiesta Pubblica da parte dei
cittadini
2. LA COMPATIBILITÀ CON IL PIANO REGOLATORE
DEL PORTO
Le norme attuative del PRP
prevedono relativamente all’ambito 6 (quello appunto dove dovrebbe essere
collocata la nuova attività):
1. Funzione
caratterizzante: Commerciale
2. Funzione
compatibile: Passeggeri
3. Funzioni
non compatibili: Industriale
Le attività consentite per
la funzione commerciale, ex articolo 11.3.1, sono : container, rinfuse liquide e solide,
merci convenzionali, stoccaggio, manipolazione, distribuzione merci. Le opere
realizzabili sono: opere di protezione, moli, banchine, nuovi accosti, terminal
container, relative attrezzature per il carico scarico delle merci, magazzini,
piazzali deposito merci, uffici, alloggi per custode, aree scoperte e
parcheggi, strade ed opere ferroviarie.
Come si vede anche lo
stoccaggio fa riferimento a merci non certo a materiali classificabili rifiuti.
Infatti il trattamento dei rifiuti farebbe automaticamente passare gli attuali
silos esistenti (che stoccano cemento
alla rinfusa) in un impianto industriale non più esclusivamente commerciale
quindi incompatibile con le destinazioni funzionali dell’ambito come sopra
descritte.
Voglio precisare che il
cemento è contenuto nel punto 17.01.01
dell’elenco europeo dei materiali
considerati rifiuti. Ma ovviamente nel caso in esame il cemento che fino ad ora
si stoccava nei silos esistenti non era e non è rifiuto.
Intanto perché questo è
ammesso dalla stessa nuova autorizzazione della Provincia, altrimenti questa
autorizzazione sarebbe dovuta essere rilasciata prima salvo considerare la
precedente attività totalmente illegale cosa che non è stata fino ad ora a quanto pare.
In secondo luogo perché per
poter classificare come rifiuto un materiale non basta il suo inserimento nell’elenco
europeo sopra citato ma deve rientrare nella definizione di rifiuto ex lege: “qualsiasi
sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo
di disfarsi;”.
Come si vede nella nuova definizione di rifiuto (ex Direttiva europea 2008/98) scompare il riferimento all’elenco europeo che non è più elemento dirimente per la classificazione salvo per i rifiuti pericolosi. Quindi per potere classificare rifiuto un materiale
occorrono:
1. comportamento soggettivo
del detentore che si disfi o abbia deciso o abbia
l'obbligo
di disfarsi
2. il materiale rientri
nell’elenco CER ( resta in vigore la Decisione 2000/532)
3. pur non rientrando
nell’elenco CER e rispettando il comportamento di cui al punto 1, presenti una
o più caratteristiche di pericolosità fra quelle elencate nell’allegato III alla
presente Direttiva. (su questo aspetto torno nel paragrafo successivo di questo post in relazione alla questione industrie
a rischio di incidente rilevante)
Risulta con chiarezza che
fino ad oggi i silos, che ora si vuole trasformare in impianto di rifiuti,
stoccavano solo merci.
Quindi se l’impianto o
nuova attività non sono compatibili con il PRP andava presentata una variante
al PRP alla quale andava applicata una procedura di Valutazione Ambientale
Strategica (la valutazione sui piani e programmi distinta dalla VIA che valuta
i progetti) nella forma quanto meno della verifica di assoggettabilità a VAS. Peraltro nel caso in esame non saremmo di certo in una situazione
di adeguamento tecnico funzionale ma di vera e propria variante. Su questo aspetto rilevano le Linee Guida del Consiglio Superiore
dei Lavori Pubblici sulla redazione dei piani regolatori portuali (per il testo vedi QUI). Secondo queste Linee Guida è variante al PRP vigente l’intervento
che comporti: “modifica sostanziale degli elementi pianificati” e che non rientri nella “famiglia di destinazioni di uso compatibili per analoghi
carichi urbanistici e ambientali”.
3. LA QUESTIONE DELLA NORMATIVA SUI RISCHI
DI INCIDENTE RILEVANTE
La Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente della Toscana (ARPAT) in un recente report (del novembre 2015) ha
avuto modo di affermare che: “Le aziende di gestione rifiuti di piccole/medie dimensioni solitamente
non rientrano tra gli stabilimenti che la norma definisce a “rischio di
incidente rilevante ma risulta opportuno adottare misure di prevenzione e stima a priori degli effetti di
possibili incidenti con le metodologie impiegate per gli
stabilimenti “Seveso”.”
Infatti al’interno dei
rifiuti possono essere presenti sostanze o più
frequentemente miscele di sostanze, alcune delle quali possono essere
pericolose e pertanto presentare per le loro proprietà intrinseche un rischio
“rilevante” per la salute delle persone e per l’ambiente
Ma c’è di
più perché di recente a livello europeo
con il Regolamento 2014/1357/UE sono stati introdotti nuovi criteri di classificazione dei
rifiuti. In
particolare ai rifiuti sono assegnate delle proprietà di pericolo, da HP1 a
HP15, in base alle caratteristiche di pericolo possedute e riconducibili, in
ultima analisi, alla natura ed alla concentrazione delle sostanze in essi
contenute.
A conferma si veda
l’ultima versione della normativa Seveso III (Decreto Legislativo 105/2015), secondo la quale anche i Rifiuti
(e quindi la loro pericolosità) devono essere analizzati ai fini del
raggiungimento delle soglie delle sostanze pericolose il cui raggiungimento
comporta l’assoggettabilità al campo di applicazione della suddetta normativa.
Si veda nota 5 all'Allegato 1al citato Decreto Legislativo 105/2015, secondo il
quale: “Le sostanze pericolose che non
sono comprese nel Regolamento CLP, compresi i rifiuti, ma che si trovano o
possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare,
nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto
riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente
assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile,
che ricade nell'ambito di applicazione del presente decreto”.
Sulla base di quanto sopra
chi gestisce gli impianti di rifiuti ha
quindi l’obbligo di valutare l’assoggettabilità alla normativa
“Seveso” attribuendo alle sostanze pericolose potenzialmente
presenti la categoria più simile prevista in questa normativa.
La sottoposizione alla
normativa Seveso comporta obblighi, che vanno al di la della disciplina prevenzione incendi, anche per gli impianti che hanno soglie di
sostanze pericolose non altissime. Gli obblighi sono:
1. quelli
generali di prevenzione rischio incidenti anche a tutela della salute
umana(articolo 12 DLgs 105/2015)
2. obbligo
di notificare ogni informazione sul tipo di sostanze pericolose trattate, i
rischi legati all’ambiente circostante (articolo 13 DLgs 105/2015)
3. politica
di prevenzione del rischio di incidente allegando allo stesso il programma
adottato per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza (articolo 14
DLgs 105/2015
Ovviamente questa
valutazione andava SVOLTA O IMPOSTA dal/al
proponente la nuova attività di recupero
ceneri prima del rilascio della autorizzazione da parte della Provincia.
4. INFINE LA QUESTIONE DELLA AUTORIZZAZIONE
INTEGRATA AMBIENTALE
per una installazione come quella in oggetto non è sufficiente il rilascio di una semplice
autorizzazione ordinaria, occorre una autorizzazione integrata ambientale (AIA). Ciò si ricava dal punto 3) lettera b) paragrafo 5.3.
dell’allegato VIII alla Parte II del DLgs 152/2006, secondo il quale sono
soggetti ad AIA il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso al trattamento di scorie e ceneri, ben al di
sotto delle 100.000 tonnellate anno previste dalla installazione autorizzata
nel porto di Spezia. Ricordo che ai sensi del punto 14 articolo 3 della Direttiva 2008/98 per trattamento si intende: "operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento".
L'applicazione della procedura di AIA avrebbe comportato l’obbligo per il Sindaco del Comune della Spezia di rilasciare un Parere sulla compatibilità sanitaria di questo impianto. Parere che ovviamente non è stato rilasciato.
L'applicazione della procedura di AIA avrebbe comportato l’obbligo per il Sindaco del Comune della Spezia di rilasciare un Parere sulla compatibilità sanitaria di questo impianto. Parere che ovviamente non è stato rilasciato.
MA ANCHE…….LA QUESTIONE
DELLA CONCESSIONE DA PARTE DELLA AUTORITÀ PORTUALE
Come è
noto l’attività esistente, che dopo la nuova autorizzazione della Provincia
cambierà contenuto, era ed è soggetta a concessione da parte della Autorità
Portuale.
Sarebbe
quindi interessante conoscere se gli uffici competenti della AP abbiano:
1. verificato la compatibilità della attività
con l’attuale PRP, considerato anche che in tema di rilascio di concessioni o
di rinnovo o modifica delle stesse il concessionario deve dichiarare il tipo di
attività che svolgerà nell’area concessionata ai sensi del regolamento della AP
di Spezia in materia (vedi QUI)
2. applicato le linee guida ambientali in
materia di concessioni approvate a suo tempo nell’ambito della politica
ambientale della Autorità Portuale all’interno Certificazione Ambientale ISO 14001:2004 (vedi QUI)
CONCLUSIONI
Se posso dare un consiglio al Sindaco Federici sulla legittimità della
procedura seguita per il rilascio della autorizzazione non ci metterei la mano
sul fuoco, ma anche se fosse legittima ( e secondo me non lo è, vedi sopra) è
altrettanto chiaro che se l’attività autorizzata è incompatibile con le attuali
e future destinazioni dell’area interessata l’autorizzazione non poteva essere
rilasciata. Peraltro a questo punto da
un punto di vista amministrativo le strade sono strette se si vuole recuperare
quello che è stato fatto:
1. la Provincia in sede di
autotutela annulla la propria autorizzazione per illegittimità e apre il
procedimento di AIA,
2. la Regione apre il
procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA in modo coordinato con
quello di AIA
3. l’Autorità Portuale si
comporta di conseguenza per la parte di sua competenza in relazione alla
concessione demaniale.
Ma come dire non sarà semplice perché in questo momento la azienda ha in
mano una autorizzazione legittima fino a prova contraria e non saranno le
dichiarazioni “politichesi” del Sindaco o di altri sulla incompatibilità di
questa attività che la potranno fermare.
Ancora un volta le cattive istruttorie rischiano di produrre danni all’ambiente
e alla salute e forse anche alle casse pubbliche in caso di contenzioso non
gestito accuratamente.
COME VOLEVASI DIMOSTRARE…… Purtroppo!
....e come avevo scritto più volte in questo blog, da ultimo QUI.
....e come avevo scritto più volte in questo blog, da ultimo QUI.
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