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giovedì 24 luglio 2014

Piazza Verdi: la confusione della direttrice delle Istituzioni Culturali


Dopo l’archiviazione dell’esposto che chiedeva di indagare su presunti reati commessi nella stesura del dichiara della relazione storica allegata la bando per la selezione del progetto di “riqualificazione” di Piazza Verdi, la Direttrice della Istituzione per i servizi Culturali del Comune di Spezia rilascia una lunga intervista al Secolo XIX (vedi  QUI).

In particolare mi ha colpito questo passaggio dove la dottoressa afferma: “La questione degli alberi era marginale rispetto all’analisi della piazza. Dicevo solo se avessero più o meno di cinquant’anni (requisito in vigore all’epoca per stabilire una tutela, ndr),ma non era stata richiesta una perizia sui pini”.

Posso umanamente comprendere la difesa della dottoressa da un punto di vista personale come pure la sua soddisfazione per l’archiviazione dell’esposto, e tralascio per il momento 
la questione della archiviazione in sede penale,  visto che non ho ancora avuto il testo del decreto e non è mia abitudine commentare in questo blog atti di istituzioni non ancora letti. 

Voglio invece dimostrare di seguito come la affermazione sopra riportata non abbia alcun fondamento amministrativo anzi non corrisponde ne alla verità dei fatti e degli atti ne alla vigente normativa in materia peraltro citata impropriamente dalla stessa dottoressa.


LA INFONDATEZZA DOCUMENTALE DELLA DICHIARAZIONE DELLA DIRETTRICE DELLE ISTITUZIONI CULTURALI SPEZZINE
La relazione della dottoressa Ratti sulla ricostruzione storica di Piazza Verdi afferma testualmente (pagina 4): “Nel 1933 la facies della piazza può dirsi conclusa: le due cortine nord e sud sono state realizzate, il collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo - via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non ha alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra.
La piazza come completata negli anni Trenta si presentava come slargo delimitato
dalle cortine continue dei palazzi pubblici e privati ed aveva dei larghi marciapiedi
centrali, in luogo degli attuali pini marittimi che furono collocati circa dieci anni
dopo la seconda guerra mondiale.”

Quindi non è vero quello che afferma la dottoressa Ratti e cioè che il filare era questione secondaria. E’ la sua relazione che lo fa diventare secondario nel senso  che lo considera “una incomprensione totale del senso della piazza” collocato “circa dieci anni dopo la seconda guerra mondiale” sic!



LA DIRETTRICE DELLE ISTITUZIONI CULTURALI SPEZZINE ERA IN GRADO, ESERCITANDO CORRETTAMENTE LE SUE FUNZIONI, DI PREVENIRE L’ERRORE SULLA DATAZIONE DEI PINI
A questo punto la domanda che dovrebbe sorgere da parte di chiunque abbia a cuore la corretta gestione di una istituzione pubblica (la dottoressa è una dirigente della pubblica amministrazione) è la seguente: La dottoressa era in grado di evitare un errore così macroscopico?

Un’eventuale difficoltà nel reperimento di materiale bibliografico inerente l’origine e l’evoluzione storico-architettonica della piazza viene smentita dal medesimo bando che, all’articolo 2, recita: “E’ inoltre disponibile una bibliografia storica contenente i testi reperibili presso la Biblioteca della Palazzina delle Arti del Comune della Spezia, dove poter reperire ulteriori informazioni di carattere storico-artistico relative alla Piazza”.
Ora, la bibliografia riportata in allegato alla relazione, non comprendendo atti documentali, fotografie e addirittura riprese filmate, che pur si trovano dentro l’archivio storico della Biblioteca Mazzini, dimostrando così la superficialità con la quale la relazione è stata stesa, non solo in relazione alla datazione della collocazione dei pini, ma in generale all’evoluzione storico-architettonica della parte centrale della piazza quale elemento fondante, anche se non unico, dell’immobile complessivamente sottoposto a vincolo.
Il carattere approssimativo delle ricerche svolte dalla dottoressa Ratti appare ancor più evidente in considerazione del ruolo da lei rivestito all’interno dell’Istituzione dei Servizi Culturali del Comune della Spezia, entro cui è inquadrata la stessa Biblioteca Mazzini.

Sulla reperibilità della documentazione in oggetto vogliamo altresì ricordare che l’articolo 30, dal titolo significativo “Obblighi conservativi”,  del Codice dei Beni Culturali recita: “ 1. Lo Stato, le Regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza …….  4. I soggetti indicati al comma 1 hanno l'obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità  e di ordinarli. I soggetti medesimi hanno altresì  l'obbligo di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni ed istituiti in sezioni separate.”
Quindi è responsabilità del Comune conservare archivi completi dei beni soggetti al vincolo ex Codice dei Beni Culturali di sua proprietà.  Gli archivi devono quindi essere conservati, ordinati e inventariati, e quindi non smembrati, in coerenza con quanto affermato dal comma 2 articolo 20 del Codice. Questo obbligo di modalità di tenuta degli archivi si applica ai beni che hanno ottenuto la dichiarazione di interesse culturale o per i quali detta dichiarazione discenda  ex lege dalla loro ultrasettantennalità come nel caso dell’insieme dell’immobile Piazza Verdi.  
L’obbligo di tenuta degli archivi completi e attendibili si lega quindi a quello di conservazione del bene soggetto a vincolo ex comma 3 articolo 1 del Codice. Quindi gli errori e le lacune di ricostruzione storica della piazza evidenziati,  prima di tutto dalla relazione allegata al bando che ha portato alla selezione del progetto Buren Vannetti  ma anche dalle note successive degli uffici comunali competenti, sono frutto  della violazione delle norme sopra indicate sulla corretta tenuta degli archivi comprovanti l’interesse storico culturale architettonico ed artistico della piazza.  
Come si vede ancora una volta il rispetto della legalità costituisce tutt’altro che un problema meramente burocratico o formale, ma una palese dimostrazione della incapacità o assenza di volontà di gestire il nostro patrimonio storico architettonico che appartiene a tutti noi come afferma il comma 2 dell’articolo 1 del Codice secondo il quale: “2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio”.



LA RELAZIONE DELLA DIRETTRICE DELLE ISTITUZIONI CULTURALI NON È UNA SEMPLICE PERIZIA È UN ATTO COGENTE ALL’INTERNO DEL BANDO DI SELEZIONE DEI PROGETTI PER LA “RIQUALIFICAZIONE” DI PIAZZA VERDI
Nella intervista al Secolo XIX citata all’inizio di questo post la dottoressa Ratti dichiara “non era stata richiesta una perizia sui pini”.
Infatti alla dottoressa era stato richiesto molto di più che una semplice perizia sui pini:  una relazione da allegare al bando di selezione del progetto che definisse la storia della piazza dalla sua costituzione in poi. Una relazione fatta su un immobile soggetto a vincolo ex lege quindi senza una procedura di verifica che avesse definito preliminarmente i contenuti reali dell’interesse storico e culturale della Piazza comprese le sue pertinenze ovviamente anche quelle arboree.  
Quindi la relazione, proprio in assenza di una procedura di verifica dell’interesse culturale, diventava ancora più rilevante  sotto il profilo non solo tecnico o scientifico ma soprattutto giuridico amministrativo. La vera natura ed efficacia giuridico amministrativa è indicata dallo stesso Bando che ha portato alla selezione del progetto Buren Vanneti. Recita infatti l’articolo 2 di detto Bando: “il progetto è inserito in un Programma Integrato di rigenerazione del Centro città proposto nell’ambito del bando regionale POR-FESR, i cui elementi principali sono descritti ed illustrati nella relazione allegata al presente bando.  Nella medesima relazione sono indicati e illustrati, quali elementi di riflessione per la formulazione di corrette ipotesi di intervento, le caratteristiche della piazza, le sue trasformazioni nel tempo, il suo ruolo nell’organizzazione della struttura urbana della città e quindi l’attuale quadro delle esigenze pubbliche e private.”
Quindi la relazione storica della dottoressa Ratti quale parte integrante del Bando aveva carattere prescrittivo incidendo in modo decisivo nella predisposizione dei progetti in gara e nella loro successiva selezione da parte della apposita commissione.



LA DIRETTRICE NON SI È CONFUSA SOLO SULLE DATE DI COLLOCAZIONE DEL FILARE DEI PINI MA ANCHE SULLA INTERPRETAZIONE EX LEGE DI QUELLA DATE, VIGENTE ALL’EPOCA DELLA STESURA DELLA SUA RELAZIONE ALLEGATA AL BANDO DI SELEZIONE DEL PROGETTO DI “RIQUALIFICAZIONE” DI PIAZZA VERDI
La dottoressa sul Secolo XIX  nella intervista citata all’inizio del post ripropone una questione che aveva già posto in un'altra intervista al Secolo XIX del 9 luglio 2013 nella quale affermava: ” “nel 2009 avevano oltre sessant’anni. Quindi, per la legge di allora, erano pienamente tutelati ed io non ho falsificato un bel nulla”. 
Questa fase dimostra ulteriormente la scarsa cultura amministrativa della dottoressa. Se i pini fossero stati tutelati ex lege all’epoca della stesura della relazione (2009) e grazie anche alla sua relazione, non si comprende come abbia  potuto vincere il concorso un progetto che prevedeva  l’abbattimento dei pini.  Tanto più che mancava una vera e propria procedura di verifica dell’interesse culturale della piazza in tutte le sue componenti, arboree comprese.
Infatti se è vero che gli immobili, e/o le loro componenti,  soggetti a vincolo storico architettonico  possono essere modificati a determinate condizioni decise dalla istruttoria di autorizzazione (articolo 21 del Codice dei Beni Culturali)  e/o di valutazione (procedura di verifica dell’interesse culturale ex articolo 12 del Codice dei Beni Culturali),  è altrettanto vero che è proprio grazie alla relazione della dott.sa che questo è stato  possibile. 



LA DIRETTRICE NELLA VARIE INTERVISTE CHE HA RILASCIATO SU PIAZZA VERDI NON HA MAI RISPOSTO A QUESTE DOMANDE
La dottoressa Ratti in una dichiarazione al quotidiano La Nazione (cronaca della Spezia) in data 8/7/2013 afferma: "appena vidi il video sulla Liberazione in cui si vedevano i pini della piazza, comunicai tutto al Comune".

Se quanto affermato dalla dottoressa  è vero,  e visto che lo afferma lei e non ha mai smentito queste dichiarazioni siamo tenuti a pensare che sia proprio così,  ancor di più risulta necessario chiarire tutta una serie di questioni rilevanti considerato l’attività della dottoressa nel caso in esame ha inciso sul contenuto di un bando pubblico e su una procedura di assegnazione di un progetto pubblico finanziato da investimenti consistenti altrettanto pubblici.
Sorgono quindi molte domande alle quali avrebbero dovuto e dovrebbero rispondere anche tutti gli altri dirigenti degli enti  che hanno esercitato un ruolo nella  istruttoria svolta per il procedimento di selezione e poi autorizzazione del progetto, a cominciare dal responsabile del procedimento Ing. Claudio Canneti.  

Domande che non sono state approfondite neppure dalla Procura e dal GIP come risulta dalla richiesta e dal successivo decreto di archiviazione all’esposto contro il comportamento istituzionale della dottoressa Ratti nella vicenda di Piazza Verdi.

Ecco le domande:

1. la Direttrice come ha avuto conoscenza del video che mostra i pini già alti nel 1945?

2. perché la Direttrice non ha effettuato a quel punto una ulteriore ricerca che avrebbe dimostrato, anche sotto il profilo di atti ufficiali delle istituzioni competenti all’epoca,  la reale data della collocazione degli alberi?

3. in quale data è stata inviata la comunicazione nella quale la Direttrice rilevava l'errore di datazione della collocazione dei pini nella Piazza Verdi?

4. la comunicazione è stata scritta od orale?

5. la comunicazione chiede o allega una revisione della relazione allegata al Bando che ha avviato il concorso di selezione del progetto di riqualificazione di Piazza Verdi ?

6. la comunicazione della Direttrice è stata protocollata dal Comune?

7. il Comune ha formalmente riposto alla comunicazione della Direttrice? se si è al protocollo dei due enti?

8. se la comunicazione della Direttrice è stata ricevuta prima della data del verbale di aggiudicazione della gara (5/4/2013), perchè il Comune non ha provveduto ad avviare una immediata sospensione del bando in sede di autotutela?

9. la comunicazione della Direttrice è stata inviata anche alla Soprintendenza? In quale data?

10.  se la data di ricezione della Comunicazione della Direttrice è precedente al6/11/2012 (data del rilascio della autorizzazione da parte della Soprintendenza) perchè questo ente non ha tenuto conto, nella sua attività istruttoria e autorizzatoria, della rilevante novità contenuta nella comunicazione della Direttrice?

11. se la data di ricezione della comunicazione della Direttrice è precedente alla lettera del 15/4/2013 con la quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici risponde all’esposto del comitato di cittadini contro il progetto selezionato, perché la stessa non ne ha tenuto conto? Infatti in questa lettera la Soprintendenza ribadisce: “ è stato considerato che le opere in progetto  - che introducono nuove pavimentazioni e elementi di arredo – non comportano alcuna interferenza diretta con componenti storiche,  poiché sia le attuali pavimentazioni e quote, sia l’alberatura centrale rappresentano elementi di alterazione del disegno architettonico originario, con cui non può essere riconosciuto in sé alcun valore storico artistico, anche in quanto privi del requisito dei 70 anni indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del DLgs 42/2004 e s.m.i.”

12. se la comunicazione della Direttrice, come è molto probabile, è precedente al 17/6/2013, perché il dirigente del Comune responsabile del procedimento in oggetto, in una lettera, datata in quel giorno,  agli organi periferici del Ministero dei Beni Culturali  afferma: “pare altresì che anche le essenze arboree poste sull’asse longitudinale della Piazza abbiano subito nel tempo impianti e rimaneggiamenti così che l’età delle essenze arboree ivi presenti potrebbero avere meno di anni 70”.?




1 commento:

  1. ricevo e pubblico il seguente commento



    Affermare provandolo che la ricostruzione cronologica di una piazza è errata non è stalking ma solo rispetto di quanto emerso da una corretta indagine documentale.
    Se poi i cittadini, che solo in un secondo tempo hanno potuto accedere ai documenti, hanno dimostrato una cronologia riconosciuta vera, significa che sono più bravi loro
    Resta da spiegare la posizione di un funzionario che oltre ad avere sbagliato si atteggia anche a perseguitata dalle Associazioni di cittadini, che una sentenza del tribunale locale ha ritenuto non legittimati ad opporsi alle datazioni ufficiali.
    Peccato che nello stesso giorno il Consiglio di Stato attribuisse a quegli stessi cittadini un ruolo legittimo per contrastare le decisioni autoreferenziali di un sindaco che sulla scorta di quella errata ricostruzione cronologica aveva ottenuto dalla Soprintendenza di Genova l’iniziale autorizzazione ai lavori
    Enrico Pandolfo

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