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mercoledì 10 luglio 2013

Piazza Verdi: Perché la cattiva politica costringe alla via giudiziaria

Un noto avvocato spezzino  tenta di contestare, sul suo profilo di fb,  da un punto di vista giuridico,  l’Esposto presentato da un gruppo di cittadini. Lo fa con argomentazioni  per niente convincenti a mio modesto parere.
Sulla applicabilità o meno del falso ideologico e degli altri reati valuterà la magistratura, infatti abbiamo presentato un esposto non a caso, e comunque la giurisprudenza in materia è tutt’altro che univoca rispetto alla interpretazione data dall’Avvocato.  Peraltro l’interpretazione, dell’Avvocato,  per cui  il falso ideologico sarebbe: ”concepibile unicamente per gli atti a contenuto descrittivo o narrativo, ma non anche per quelli che contengano l’espressione di un giudizio,...” risulta,  rapportata al caso in esame, assolutamente infondata. E’ chiaro infatti che la relazione rispetto alla parte centrale della Piazza e alla sua evoluzione storica abbia dichiarato, descritto, narrato (per usare il linguaggio dell’avvocato) il falso come spiegherò di seguito.  

Ma sono molto interessanti  altre motivazioni dell’avvocato totalmente infondate anzi assolutamente non veritiere perché citano a sproposito la relazione della dott.sa  Ratti anche e soprattutto in rapporto alle sue finalità e allo stesso Codice dei Beni Culturali.


Afferma l’AvvocatoLa relazione allegata al bando di Piazza Verdi, svolta dal dirigente dei servizi culturali, rappresenta un contributo storico culturale di eccellente livello”. Viene da dire intanto che questa relazione è stata così eccellente che la stessa autrice ha dovuto già in parte smentirla come si è visto ieri sulla Nazione.


Ancora l’Avvocato. “è curioso che il fronte del NO invochi il dialogo, la partecipazione e, nello stesso tempo, chieda ad un Pm di verificare se, per puro caso, ci siano i presupposti per mandare in galera, fino a sei anni, un dirigente che ha espresso un parere”.
Di fronte ad un atto istruttorio di natura prescrittiva (parole dell’assessore competente  in consiglio comunale ) allegato ad un bando pubblico, che secondo gli esponenti avrebbe sfalsato lo stesso concorso (su questo tornerò a breve), cosa avrebbero dovuto fare, fare finta di niente?  Mi chiedo e  la necessità che in questo territorio si svolgano istruttorie e procedure autorizzatorie corrette e rispettose della legge non è questione dirimente in una democrazia sana? Stiamo scherzando? Fa specie che un Avvocato sollevi questo tema, me lo sarei aspettato da un politico ma tant’è andiamo oltre.


Afferma l’Avvocato: “ la collocazione dei pini viene - del tutto incidentalmente - fatta risalire al dopoguerra anziché, come parrebbe arguirsi da alcune immagini, a qualche anno successivo”. Qualche anno successivo?.... ma stiamo scherzando? Qui si parla di oltre 20 anni di differenza, questo giusto per parlare dei fatti veri ma anche qui torno subito in modo più sistematico dal punto di vista della istruttoria di cui stiamo parlando, commentando la prossima frase riportata dalla nota dell’Avvocato.


Afferma l’Avvocato: “L’erroneo presupposto della denuncia poggia, quindi, su una circostanza inveritiera (avvincente paradosso degli estensori della denuncia) e cioè che detta consulenza avesse come esclusiva finalità quella di attestare lo stato dei luoghi (rectius: la presenza o meno di alberi) in una determinata epoca storica”.
In nessuna parte dell’esposto è scritto che scopo della relazione fosse quello e solo quello di dimostrare l’epoca storica della collocazione dei pini. 
Intanto è l’Avvocato che rimuove (volutamente?) la vera finalità della Relazione che è a valenza giuridico amministrativa e non certo semplicemente un parere storico architettonico. 
Come ho già scritto sopra la Relazione della dott.sa è allegata al Bando pubblico per il concorso finalizzato alla selezione del progetto di riqualificazione della piazza. Recita infatti l’articolo 2 di detto Bando: “il progetto è inserito in un Programma Integrato di rigenerazione del Centro città proposto nell’ambito del bando regionale POR-FESR, i cui elementi principali sono descritti ed illustrati nella relazione allegata al presente bando.  Nella medesima relazione sono indicati e illustrati, quali elementi di riflessione per la formulazione di corrette ipotesi di intervento, le caratteristiche della piazza, le sue trasformazioni nel tempo, il suo ruolo nell’organizzazione della struttura urbana della città e quindi l’attuale quadro delle esigenze pubbliche e private.”
In secondo luogo, e  forse proprio perché non è chiaro con nettezza all’avvocato il fine della relazione, è indiscutibile che il problema non sia tanto l’età dei pini ma come i pini vengono definiti nell’ambito della evoluzione nel tempo dell’interesse storico architettonico della piazza.
Nella sua relazione la dott.sa sostiene :” Nel 1933 la facies della piazza può dirsi conclusa: le due cortine nord e sud sono state realizzate, il collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non  ha alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra. La piazza come completata negli anni Trenta si presentava come slargo delimitato dalle cortine continue dei palazzi pubblici e privati ed aveva dei larghi marciapiedi centrali, in luogo degli attuali pini marittimi”
La Relazione dichiara esplicitamente che i pini essendo stati inseriti nel dopoguerra,  quindi molti anni dopo, costituiscono una “incomprensione” totale del senso della piazza storica. Risulta chiaramente come  il punto non sia in se, la questione della data dei pini, ma che la non corretta datazione della loro collocazione contribuisca  a fornire una visione complessiva della piazza sotto il profilo della sua definizione storico architettonico totalmente sfalsata. 
Tutto ciò non è  un elemento marginale, e questo proprio per la finalità della Relazione come definita dal Bando, quale documento prescrittivo : “per la formulazione di corrette ipotesi di intervento…”.    La suddetta erronea interpretazione, riportata nella Relazione, costituisce non solo potenziale presupposto per la realizzazione delle fattispecie del reato di falso ideologico ma va  ad incidere sul corretto e trasparente svolgimento del concorso promosso dal Bando più volte citato, con la possibilità di realizzare anche le altre fattispecie di reati indicati nell’Esposto.


Infine afferma l’Avvocato: “Ma anche qualora, per assurdo, si dovesse ipotizzare una qualche astratta configurabilità dell’ipotesi delittuosa dal punto di vista materiale, occorrerebbe ulteriormente valutare, soggettivamente, se la condotta di infedeltà sia determinata da consapevole intenzione di rendere una falsa rappresentazione della realtà, oppure da un’incompleta ricostruzione delle circostanze, dovuta ad una conoscenza errata; tale approfondimento va compiuto anche per la particolare difficoltà a reperire, specie se non appositamente richiesto, materiale informativo su un argomento di trascurabile (oserei dire marginalissimo) interesse storico.”
Intanto è proprio questa verifica sulla dolosità o meno  del contenuto falso della relazione che abbiamo chiamato ad indagare, se lo riterrà opportuno, la Procura.  

Quanto alla marginalità dell’argomento ho già scritto sopra e non aggiungo altro.

Sulla difficoltà di reperire il materiale direi che invece qui è l’Avvocato che gioca con le parole. Intanto perché lo stesso Bando dimostra la non difficile reperibilità di detto materiale. Recita sempre l’articolo 2 del Bando: “E’ inoltre disponibile una bibliografia storica contenente i testi reperibili presso la Biblioteca della Palazzina delle Arti del Comune della Spezia, dove poter reperire ulteriori informazioni di carattere storico-artistico relative alla Piazza.”
Questa comporta che l’attività descrittiva di cui tratta, all’inizio del suo post,  anche l’avvocato in relazione alla configurabilità del falso ideologico, sia stata svolta eccome con i risultati che sappiamo e che sono stati riconosciuti in parte errati dalla stessa Dott.sa.  Ora la bibliografia riportata in allegato alla Relazione non comprendendo atti documentali , fotografie e addirittura riprese filmate che erano dentro l’archivio storico della Biblioteca Mazzini , dimostra la superficialità con la quale la relazione è stata stesa non solo in relazione alla datazione della collocazione dei pini ma in generale alla  evoluzione storico architettonica della parte centrale della piazza quale elemento fondante, anche se non unico dell’immobile complessivamente sottoposto a vincolo.

Sul concetto di interesse storico secondo il Codice di Beni Culturali per tale si deve intendere non solo ciò che è palesemente di rilevanza storica da un punto di vista dell’età e della estetica ma tutto ciò che possa incidere sul pregio complessivo dell’immobile e sia quindi in grado di incidere sulla sua prospettiva, la sua luce e la conservazione dell’ambiente  e del decoro (articolo 45 del Codice dei Beni Culturali).  

Infine una riflessione che viene completamente rimossa dall’argomentare dell’Avvocato è quella relativa alle stesse dichiarazioni della dott.sa ai quotidiani locali di ieri.
Se la segnalazione dell’erronea valutazione della collocazione storica della evoluzione della parte centrale della piazza è stata davvero inviata dalla dott.sa al Comune allora sorgono tutte le domande che ho svolto  QUI  e  a seconda delle risposte potrebbero emergere anche altri profili di illeciti penali.




CONCLUSIONI TRA IL POLITICO E IL GIUDIZIARIO
Trovo insopportabile, lo dico proprio così e  non mi viene nessun aggettivo diverso magari più politicamente corretto,  il titolo del post dell’avvocato. Proprio perché fatto da un avvocato quel titolo “Politica per via giudiziaria” appare molto discutibile. 
Mi chiedo se chiedere il rispetto delle regole su procedure, istruttorie, chiedere che i  funzionari pubblici esercitino le loro funzioni con rigore, legittimità e legalità sia usare la politica per via giudiziaria.  Non voglio rispondere con parole mie ma con quelle di un giurista ben più autorevole di me: “ I diritti fondamentali sono la sostanza ma la sostanza può essere messa a rischio, addirittura cancellata dalla forma. Per evitarlo la Costituzione precisa le  forme, le procedure, i sistemi attraverso cui le istituzioni gestiscono se stesse e i rapporti con i cittadini e questi ultimi si relazionano tra loro”.   (Gherardo Colombo “Sulle Regole”).

Insomma è la cattiva politica, il cattivo uso del potere tra cui rientra il non corretto  (sia sotto il profilo della illegittimità che della illegalità) svolgimento dei processi/procedimenti decisionali, che costringe alla via giudiziaria.  

Non è un caso che la stessa direttiva UE sulle informazioni ambientali abbia tre elementi fondanti strettamente intrecciati: L’accesso alle informazioni, la partecipazione attiva dei cittadini fin dal’avvio di processi decisionali, l’accesso alla giustizia, quale ultima ratio proprio per garantire una migliore tutela dell’ambiente in  senso lato (Corte di Giustizia 11/4/2013 causa C-260/11).



CONCLUSIONI: QUELLO CHE SPESSO GLI AVVOCATI NON CAPISCONO DI QUESTA VICENDA DA UN PUNTO DI VISTA AMMINISTRATIVO
Una delle questioni che,  indirettamente,  vuole affrontare l’esposto è la questione dei contenuti dei processi decisionali, quella che in gergo giuridico amministrativo si definisce istruttoria
Qui accenno solo la problematica ma è di grande rilievo perché riguarda tutti i processi/procedimenti a rilevanza ambientale territoriale ed urbanistica. Dai limiti dell’attuale modello decisionale italiano ( e la vicenda di Piazza Verdi ne è uno dei tanti esempi) emerge la necessità di superarlo proprio perché tale  modello è da sempre più attento alla forma, al procedimento e non al processo decisionale, all’atto amministrativo invece che alla qualità della istruttoria, ad un rapporto unidirezionale tra PA e cittadino invece che a percorsi condivisi. Come afferma un grande giurista, purtroppo scomparso, :
Le regole che disciplinano il processo decisionale e il modello di organizzazione che lo sottende come in generale la legislazione ambientale devono costituire una frontiera avanzata nella elaborazione dell’uso del diritto da parte della scienza giuridica. Non si
tratta solo di adattare il diritto alla tematica nuova dell’ambiente ma di generare a causa dell’ambiente nuove tecniche di intervento nella società usando il diritto” (Federico Spantigati (in RGA 2/2002 pag. 246 e RGA N.3-4/2005 pag. 515-520).

Tornando a Piazza Verdi quando io affermo che in questa vicenda i vizi procedurali (la famosa procedura di verifica) sono il prodotto di carenza istruttorie significative (come dimostra anche ma non solo la relazione della Dott.sa Ratti) mi riferisco non solo e non tanto alle possibili fattispecie penali, ma ad un modo diverso di condurre i percorsi che portano alle decisioni traducibili in atti formali.
Quello che è mancata in questa vicenda è proprio la fase propedeutica al procedimento formale, quella valutativa, dove per valutazione si intende non la decisione ma la predisposizione di tutti gli elementi di conoscenza per decidere nel modo più ponderato possibile rispetto agli interessi in campo e alla specificità ambientale, territoriale, sociale e storica dell’ambito in cui la decisione inciderà: queste sono le nuove tecniche di cui scrive lo Spantigati della citazione di cui sopra.
E’ mancata ancora una volta la visione della decisione in rapporto non al procedimento formale di legge ma al processo decisionale. Cioè all’insieme di  procedure, processi e quindi cultura di governo del decisore,formazione del personale politico e amministrativo, soggetti e istituti di garanzia della trasparenza e partecipazione del processo-procedimento

In conclusione su Piazza Verdi l’analisi valutativa è mancata del tutto, si è decisa a priori una idea progettuale poi tradotta nel bando e supportata da una relazione e tradotta in una procedura. Alla fine l’errore valutativo ha prodotto lacune istruttorie e vizi formali e, ma questo lo deciderà la magistratura, forse anche illeciti penali.        


1 commento:

  1. Senza poi tener conto del disagio procurato a coloro che frequentano le varie scuole della piazza,prima tra tutte la scuola elementare.
    C'è da augurarsi non accada mai nulla all'interno e non si verifichi un'emergenza perchè,mi domando,come potrebbero arrivare i soccorsi?O cosa accadrebbe in caso di evacuazione della scuola stessa?

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