Ieri
sera si è svolto il question time sul progetto di riqualificazione di Piazza
Verdi.
Alle
domande del consigliere Guerri ha
risposto l’Assessore ai Lavori Pubblici.
Si
tratta di risposte per lo più evasive, a volte addirittura in aperto contrasto
con i fatti e gli atti amministrativi di
questa vicenda, in alcuni casi invece rivelatrici involontarie delle verità che
da tempo coloro che si battono contro questo progetto hanno affermato
pubblicamente.
Vediamole
queste risposte dell’Amministrazione (in grassetto all’interno dei riquadri)
con, a seguire per ogni risposta, una
mia analisi critica.
“ Gli
interventi su Piazza Verdi non sono classificabili come restauro conservativo
poichè gli elementi costitutivi della stessa ( pavimentazione in asfalto,
marciapiedi in gres posati negli anni 70-80 come da delibere disponibili) non
hanno rilevanza quali beni culturali come peraltro confermato anche dal
Direttore regionale per i Beni e le attività Culturali del Ministero,
nell’incontro con il ministro Bray, alla presenza del Sindaco e dei funzionari,
in data 19.06.2013 in Roma.”
Intanto
occorre premettere che l’incontro di Roma andava richiesto immediatamente da
parte del Sindaco dopo il primo tweet del Ministro che annunciava una inchiesta
sulla procedura di autorizzazione del progetto. L’incontro invece si tenne solo
dopo le piccate e personali polemiche del Sindaco, sempre via twitter, contro
il Ministro. A conferma di uno stile
istituzionale non consono del Sindaco spezzino che abbiamo peraltro potuto
constatare da tempo. Infatti di fronte al comunicato del Ministro che
annunciava l’inchiesta un Sindaco attende prima la verifica dell’avvio di
questa inchiesta che è arrivata puntualmente nella prima mattinata del lunedì
ad uffici aperti, ma tornerò in seguito su questo punto.
La
risposta della Amministrazione definisce elementi non costitutivi del concetto
di restauro conservativo: l’asfalto della strada carrabile e i
marciapiedi. Ora è ovvio che il concetto
di restauro conservativo, quale parametro per poter valutare il progetto
presentato, deve riferirsi all’intera P.za intesa come insieme, afferma la Carta del Restauro del 1972 (vedi QUI
allegato d del documento): :”
Il restauro non va, pertanto, limitato ad operazioni intese
a conservare solo i
caratteri formali di
singole architetture o di singoli ambienti, ma esteso alla sostanziale
conservazione delle
caratteristiche d'insieme dell'intero organismo urbanistico e di tutti gli elementi
che concorrono a definire dette caratteristiche”.
Anche
in relazione ai singoli elementi componenti l’immobile P.za Verdi, la Carta
del Restauro, afferma: “Per quanto
riguarda i singoli elementi attraverso i quali si attua la salvaguardia dell'organismo
nel suo insieme, sono da prendere in considerazione tanto gli elementi edilizi,
quanto gli altri elementi costituenti gli spazi esterni (strade, piazze ecc.)” e aggiunge che anche con riferimento agli
elementi singoli della Piazza, compresi quelli citati nella risposta della
Amministrazione Comunale, il loro
adattamento alle esigenze della vita moderna dovrà essere realizzato: “considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli
elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la
conservazione del carattere generale delle strutture del
centro storico”.
Risulta chiaro che:
1. qualsiasi progetto
riguardante la piazza dovrà essere
rapportato all’intero immobile attualmente soggetto ad apposita istruttoria per
verificarne il persistere ed in quali
termini, dell’interesse storico artistico e culturale,
2. le sostituzioni di ogni
elemento, parte della piazza, dovranno
essere limitate e sempre rapportate alla finalità di conservazione dell’immobile
nel suo insieme.
“La carta italiana del restauro del 1972
è un documento di valore scientifico e metodologico utile a definire il
concetto di restauro”
La Carta del Restauro è molto di più di un semplice documento
scientifico, non a caso approvato in una circolare ministeriale apposita. Come
affermato da autorevole e recente dottrina il rifacimento del bene culturale
(in questo caso la P.za Verdi): “ dovrà
conformarsi ai criteri tecnici che regolano l’attività di restauro, in
particolare secondo la regola espressa dalla Carta italiana del restauro del
1972" (E. Boscolo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio -
pag. 246 - ed. Giuffrè 2012).
“Nell’ambito del riassetto viario dei
centri storici, la carta del restauro include la “revisione dei collegamenti
viari e dei flussi di traffici che ne investono la struttura, col fine
prevalente di ridurne gli aspetti patologici (…)” La carta prevede
espressamente la possibilità di “immissione delle attrezzature e di quei
servizi pubblici strettamente connessi alle esigenze della vita del centro.” La
“revisione dell’arredo urbano”, parimenti prevista nella Carta, “concerne le
vie, le piazze e tutti gli spazi liberi esistenti (…) ai fini di una omogenea
connessione tra edifici e spazi esterni”.
La risposta della
Amministrazione Comunale cita, della Carta del Restauro, solo le parti che
possono dimostrare la fattibilità
potenziale del suo progetto. Non cita invece i principi fondanti della Carta
per interventi nei centri storici come quello in esame:
1. omogeneità del progetto rispetto all’insieme del centro
storico
2. la ammissibilità di interventi che non sottraggano al centro storico le funzioni
che sono congeniali ad un suo recupero in termini di risanamento conservativo
3. il rispetto del carattere storico della piazza anche
indipendentemente dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro
particolare aspetto ambientale degli elementi che la compongono, che ne possono
arricchire o esaltare ulteriormente il valore, in quanto non solo
l'architettura, ma anche la struttura urbanistica possiede, di per se stessa,
significato e valore.
4. la necessità di
riutilizzare materiali originali e coerenti con il contesto dell’immobile
soggetto a vincolo e, in caso di
inserzione di elementi innovativi per ragioni statiche, questi ultimi dovranno
essere tenuti rigorosamente distinti dal corpo originario.
Peraltro risulta
difficile, per riprendere la citazione della risposta della Amministrazione
Comunale, considerare le due grandi vasche e gli archi di Buren come “immissione delle attrezzatura e di quei
servizi strettamente connessi alle esigenze della vita del centro”.
“l’invito alla verifica di interesse
contenuto nell’autorizzazione della Soprintendenza non è condizione sospensiva
dell’autorizzazione stessa che permette, con prescrizione in merito al rispetto
puntuale di quanto contenuto negli elaborati progettuali, l’esecuzione delle
opere.”
Quindi secondo l’Amministrazione
l’autorizzazione della Soprintendenza dello scorso novembre sarebbe tuttora
valida a prescindere dalla richiesta di istruttoria della Direzione Regionale
dei Beni Culturali e della Soprintendenza dei Beni Architettonici. Se fosse
vera questa tesi risulterebbe incomprensibile la attuale sospensione di ogni
attività nel cantiere in P.za Verdi.
In realtà le cose
non stanno come affermato nella risposta della Amministrazione. Infatti in
questo caso ricorre l’articolo 28 del Codice
dei Beni Culturali: “Il
Soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il
disposto degli articoli….21 (autorizzazione al progetto in area vincolata
ndr.) …Al Soprintendente spetta la
facoltà di ordinare la inibizione o la sospensione di interventi relativi alle
cose indicate nell’articolo 10 (beni
oggetto di tutela secondo il Codice quindi ex lege attualmente anche la P.za
Verdi, ndr.), anche quando per esse non
siano ancora intervenute la verifica di cui all’articolo 12…”.
E’ indiscutibile
che prima la Direzione Regionale (esercitando il proprio potere di direzione ed
indirizzo verso la Soprintendenza) con atto del 17/6/2013 e poi in attuazione
di questo, la Soprintendenza, con atto del
17/6/2013, esercitando quanto previsto dal sopra citato articolo 28, abbiano sospeso la realizzazione del progetto
autorizzato nel novembre 2012 a condizione che venisse svolta una adeguata
istruttoria di verifica del permanere dell’interesse culturale sull’intera
Piazza Verdi.
Hanno sospeso, come
affermato dal detto articolo 28, contro il disposto dell’articolo 21 cioè
contro quanto previsto dalla autorizzazione dello scorso novembre.
Si trattava quindi
di autorizzazione condizionata allo svolgersi di tale procedura di verifica di
cui all’articolo 12 sempre del Codice dei Beni Culturali non a caso citata alla
fine dell’articolo 28.
Inoltre una volta avviata la richiesta di Procedura di Verifica
la stessa dovrà essere svolta.
L’unica ipotesi di
silenzio oggi configurabile in tema di verifica dell’interesse culturale appare
quindi quella del c.d. silenzio inadempimento
ex comma 1 articolo 2 legge 241/1990, nel rispetto di quanto previsto dal comma
4 articolo 20 di detta legge 241 che esclude la applicabilità del c.d. silenzio
assenso in materia di beni culturali.
Quindi ai sensi di
quanto sopra riportato o, come dicono i giuristi, del combinato disposto
(lettura integrata in gergo comune) degli articoli 12, 28 del Codice Beni
Culturali e 2 e 20 della legge 241/1990, lo svolgimento della procedura di verifica è condizione per la esecutività
del provvedimento dello scorso novembre.
Come è noto dai
principi generali del diritto amministrativo la sospensione di una
autorizzazione può derivare automaticamente da un provvedimento espresso della Pubblica
Amministrazione riconosciuto dalla legge (es. provvedimento di un TAR) oppure a seguito di un provvedimento discrezionale
della Pubblica Amministrazione (esempio
gli atti della Direzione Regionale e della Soprintendenza nel caso di cui
stiamo trattando) dove la sospensione facoltativa disposta dalla
Pubblica Amministrazione è adottata quando sussiste il pericolo che l’esecuzione
dell’atto possa arrecare danno al suo destinatario il quale finirebbe per agire
contro la Pubblica Amministrazione stessa. Si tratta quindi, anche nel caso in
esame, di un provvedimento cautelare (disposto dalla Soprintendenza ex articolo
28 Codice dei Beni Culturali) che non incide sull’efficacia dell’atto (la
autorizzazione dello scorso novembre) ma certamente sulla sua esecuzione.
Quindi quanto
risposto dalla Amministrazione Comunale è assolutamente in contrasto con la
normativa sopra esposta, visto che si ritiene che si possa dare comunque
esecuzione al progetto nonostante la procedura di verifica in corso.
Ma a cosa si può dare esecuzione secondo l’Amministrazione
Comunale? Alla rimozione dell’asfalto o dei marciapiedi che a detta del Comune
non costituiscono elementi costitutivi dell’immobile soggetto a vincolo. La
risposta del Comune fa riferimento a prescrizioni contenute nella
autorizzazione della Soprintendenza di novembre ma questa autorizzazione come
dimostrato sopra è sospesa nella sua esecuzione e peraltro non contiene
prescrizioni specifiche alla rimozione di detti asfalto o marciapiedi che
possano garantire la tutela dell’interesse storico del bene culturale
complessivo: l’intera Piazza. Interesse storico che dovrà essere appunto
verificato, nelle sue estensioni quali/quantitative e negli elementi che lo
compongono, proprio dalla procedura di
verifica che è alla base della sospensione della esecuzione della
autorizzazione del novembre 2012.
Il problema non
compreso (volutamente ?) dalla Amministrazione Comunale è nella finalità di
questa procedura di verifica e nelle ragioni per cui viene attivata. Come afferma autorevolissima dottrina: “L’espletamento di ufficio (come nel caso in
esame vedi atti della Direzione regionale e della Soprintendenza citati ndr.)
della verifica si configura come facoltà della autorità ministeriale che vi
darà corso per lo più nei casi in cui stimi di potere pervenire ad un esito
positivo circa la sussistenza dell’interesse culturale, ma , al contempo questo
ultimo risulti dubbio o comunque opinabile” (commento al Codice Beni Culturali
ed. Giuffrè 2012 pag. 142).
Quindi anche nel
caso in esame la procedura di verifica non servirà a stabilire se la Piazza sia
o meno soggetta a vincolo culturale (cosa ormai assodata) ma a definire la
portata, gli elementi costitutivi del vincolo, come risulta da quanto richiesto per lo svolgimento di tale verifica dal
Decreto Ministeriale del 2004 (vedi QUI).
Quindi
sia per ragioni procedurali che per ragioni istruttorie il cantiere dovrà
essere tenuto fermo fino alla conclusione della istruttoria di verifica. Voglio
ricordare che la stessa costituisce un vero e proprio procedimento autonomo che
dovrà concludersi con provvedimento espresso, della Direzione Regionale dei
Beni Culturali ex comma 7 dell’articolo 12 del Codice dei Beni Culturali e il
relativo procedimento dovrà concludersi entro 120 giorni dall’avvio della richiesta
dello scorso 17 giugno da parte degli organi periferici del Ministero
(Direzione Regionale e Soprintendenza).
Il
procedimento di verifica proprio per le finalità sopra descritte potrà
comportare una revisione del progetto Buren e questo se accadrà, come molto
probabile, riaprirà anche il
procedimento per la autorizzazione ex
articolo 21 del Codice dei Beni Culturali che in questo caso potrà essere emanato
della stessa Direzione Regionale per i Beni Culturali e la conclusione del
procedimento in questo caso dovrà avvenire entro 180 giorni, dalla presentazione della
domanda. Domanda che non potrà essere presentata fino a quando non verrà
emanato il provvedimento conclusivo della procedura di verifica.
“l’inizio
dei lavori, programmato da tempo, e stato stabilito al termine delle attività
scolastiche. Lunedì 17 giugno era quindi la data fissata da tempo. Sono state
quindi predisposte per tempo tutte le necessarie attività propedeutiche quali
le ordinanze sindacali per la nuova regolamentazione del traffico,
l’apposizione della prescritta segnaletica, la predisposizione dgli atti
necessari all’inizio delle attività e date disposizioni precise alle Imprese
per la loro operatività a far data dal lunedì 17 giugno 2013. Per interrompere
l’esecuzione di un contratto di appalto, con il verbale di inizio dei lavori
già firmato, occorre un provvedimento amministrativo formale e motivato, non
essendo sufficiente un comunicato stampa, una telefonata o ancor meno un tweet
di un social network.”
Questa è una balla totale in realtà il provvedimento espresso
di sospensione dei lavori, da parte della Direzione Regionale per i Beni
Culturali, è arrivato nella prima metà della mattinata del 17 giugno. Ed era
stato annunciato dal Ministro il sabato precedente. Quindi sia per ragioni
pratiche (l’annuncio preventivo del Ministro), sia per ragioni formali (il
provvedimento della Direzione Regionale), il cantiere poteva tranquillamente
non essere aperto e il Comune avrebbe dovuto quanto meno revocare l’ordinanza
di chiusura al traffico di P.za Verdi considerato che alla luce dell’avvio
della procedura di verifica venivano meno le esigenze pubbliche sui cui si era
fondata la ordinanza stessa.
“gli
atti emanati dal Ministero, nelle sue diverse articolazioni, sono tra di loro
contradditori. L’unico atto certo è quello afferente all’autorizzazione,
rilasciata ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 42/2004, dall’organo del Ministero
per i Beni Culturali e Artistici attraverso la Soprintendenza per i Beni
culturali e Paesaggistici della Liguria”
Anche questa affermazione non ha alcun fondamento giuridico
amministrativo. Intanto non è vero che sono contraddittori gli atti degli
uffici del Ministero. Infatti:
1. l’autorizzazione
del novembre 2012 chiedeva l’avvio della procedura di verifica di interesse
culturale della Piazza
2. la
nota della Direzione Regionale del 17/6/2013 ribadiva la necessità di avviare
la procedura di verifica
3. la nota
della Soprintendenza del 17/6/2013 conferma la necessità di avviare detta
procedura.
Come ho avuto modo di spiegare sopra gli atti di cui ai punti
2 e 3 sono atti formali emanati ai sensi dell’articolo 28 del Codice dei Beni
Culturali. Quindi sono atti “certi”, per usare il linguaggio
giuridicamente improprio della risposta della Amministrazione Comunale, come lo è l’autorizzazione del novembre 2012.
Ebbene tutti questi tre atti confermano la richiesta di avvio
della procedura di verifica e l’ultimo sospende il cantiere.
“Sono
possibili varianti in corso d’opera purché siano classificabili come tali e
siano approvate dalla Regione Liguria.”
Questo conferma quanto ho sostenuto fin dall’inizio della
sospensione del cantiere e cioè che c’erano le condizioni per modificare il
progetto senza perdere i finanziamenti europei
(vedi QUI). Ricordo che tra le diverse possibili varianti ci sono anche
quelle dovute proprio alla presenza di eventi inerenti la natura e la specificità
dei beni interessati dal progetto appaltato. Possibilità proprio riconosciuta
per la salvaguardia di beni di interesse storico artistico e culturale indipendentemente da ogni altra
qualificazione dell’evento come imprevisto, imprevedibile o altro.
Sulle questioni relative ad eventuali azioni di risarcimento
danni da parte dell’appaltatore occorrerà attendere la conclusione della
istruttoria per capire che tipo di variazioni saranno richieste e soprattutto
se queste variazioni saranno imputabili a precise responsabilità del Comune, a
responsabilità dei progettisti, od
invece a novità prodotte dalla istruttoria della procedura di verifica che
facesse emergere elementi storico architettonici e culturali prima non
considerati. Ci tornerò sopra su questo
punto.
Tralascio le questioni sulla legge nazionale sugli alberi
monumentali, di cui ho trattato ampiamente
QUI, dimostrando ampiamente, credo, come la interpretazione del
Comune sia assolutamente in contrasto con le ragioni e le finalità di questa
legge.
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