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lunedì 3 febbraio 2020

Consiglio di Stato conferma i poteri dei Sindaci in materia di industrie insalubri


Il Consiglio di Stato Sez. II, con sentenza n° 184 del 9 Gennaio 2020  (QUI) è ritornato sulla definizione dei poteri che Sindaco e Comune hanno in materia di prevenzione dai danni alla salute per le attività classificate come industrie insalubri ai sensi del Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934 e dell’elenco di attività e impianti classificati insalubri ai sensi del Decreto Ministro Sanità 5 settembre 1994.

Il Consiglio di Stato riafferma i seguenti indirizzi applicativi cogenti in materia

La presenza delle industrie insalubri deve essere regolamentata fino a vietarla
Gli strumenti di pianificazione del territorio possono prevedere divieti e limitazioni all’installazione di industrie insalubri (come confermato da Cons. Stato sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 2 - QUI)


Alle industrie insalubri devono essere imposte prescrizioni per evitare rischi alla salute pubblica
l’installazione nell’abitato di una industria insalubre non è di per sé vietata in assoluto, dal momento che l’art. 216 T.U.LL.SS. n. 1265 del 1934 lo consente se la stessa installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato” (Cons. Stato, sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4952 - QUI).


ASL supporta tecnicamente ma è il Sindaco che ha l’ultimadecisione sulla compatibilità della industria insalubre con il sito in cui è collocata alla luce dei regolamenti comunali
spetta al sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle industrie cosiddette insalubri(Cons. Stato sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6264 - QUI). Posta la competenza comunale in merito alla valutazione delle cautele occorrenti per ogni singolo caso competenza, il parere della competente AUSSL, oltre a prescrivere che il locale destinato ad attività artigianale non fosse in comunicazione con l’abitazione, non poteva che rimettere allo stesso Comune di Fiesso d’Artico la valutazione in concreto della compatibilità dell’attività produttiva in questione alla luce delle disposizioni degli strumenti urbanistici…”

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